Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-03-2012, n. 5139 Parti comuni dell’edificio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.R.A. e P.G. con atto del 26.11.1987 acquistavano dalla Immobiliare 2000 s.r.l, una porzione di un fabbricato da ristrutturare, ubicata tra il secondo ed il terzo piano di un edificio, comprensiva della proprietà esclusiva delle scale d’accesso che avrebbero dovuto condurre direttamente a detta unità. Ultimati gli interventi edilizi, però, la scala era stata costruita in modo tale che alla sua sommità era stato creato un pianerottolo che dava accesso, oltre a quella acquistata dai M. – P., anche ad altra unità abitativa, e che, inoltre, tra il primo ed il secondo piano, invece del solo ingresso previsto nel contratto anzi detto, la società Immobiliare 2000 aveva realizzato due mini appartamenti, il tutto previa variante presentata dall’architetto F.D., direttore dei lavori.

Sorta questione sul fatto che, così effettuata la ristrutturazione, la proprietà loro ceduta risultava inferiore a quanto previsto nell’atto del 26.11.1987, M.R.A. e P. G. convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Treviso, l’Immobiliare 2000 e l’arch. F., affinchè, accertata la proprietà esclusiva della scala e del pianerottolo ubicato al secondo piano, essi fossero condannati, secondo le rispettive responsabilità, ad adeguare e modificare lo stato dei luoghi a quanto pattuito con il contratto anzi detto, e, in difetto, autorizzandosi gli stessi attori ad eseguire i lavori; in subordine, ove tale adeguamento non fosse stato ritenuto possibile, domandavano la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni, inclusa la riduzione di valore dell’immobile alienato.

L’immobiliare 2000 resisteva alla domanda deducendo che la variante alla concessione edilizia, da cui era derivata la realizzazione finale dell’opera, era stata dettata da mutate esigenze e chiesta da tutti gli interessati, incluso l’altro condomino, la Treviso Arte Pezzella s.n.c., e che gli attori avevano costantemente seguito i lavori senza nulla obiettare nè su questi, nè sulla ripartizione delle quote condominiali. Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda e (oltre a proporre una domanda riconvenzionale condizionata all’accoglimento della principale) eccepiva che al giudizio avrebbe dovuto partecipare anche la comproprietaria Treviso Arte Pezzella s.n.c..

Anche F.D. resisteva alla domanda, eccependo la nullità della citazione relativamente alla editio actionis.

Il Tribunale accoglieva la domanda principale proposta nei confronti della Immobiliare 2000, dichiarando, invece, la nullità della citazione di F.D., per mancata indicazione delle ragioni di fatto e di diritto sottese alla domanda proposta nei confronti di lui.

Sull’impugnazione principale dell’Immobiliare 2000 e incidentale dei M. – P., la Corte d’appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 20.6.2007, rimetteva la causa al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., ritenendo non integro il contraddittorio, dovendosi svolgere la causa anche con la partecipazione della Treviso Arte, di Antonio Pezzella & C. s.n.c., quale litisconsorte necessario.

Riteneva la Corte veneta che l’indagine da compiere, con riguardo all’art. 102 c.p.c. in relazione all’art. 354 c.p.c., doveva essere condotta non secundum eventum litis, ma in dipendenza dell’astratta incidenza della statuizione richiesta sulle posizioni soggettive dei soggetti terzi non coinvolti nella controversia, e quindi sulla conseguente necessità di consentire loro di interloquire nel processo in quanto titolari di diritti potenzialmente pregiudicabili dalla decisione e in conflitto con quelli azionati. In altri termini, rilevava la Corte lagunare, non era discutibile che la pronuncia richiesta fosse idonea a incidere sull’assetto delle proprietà singole e su quelle comuni, "consolidando definitivamente la situazione prospettata dai consorti M. – P. e quindi sancendo corrispondentemente il regime delle porzioni di immobili che gli stessi assumono ab origine acquisite, mai validamente immutato, ovvero, al contrario, a riconoscere e formalizzare una differente strutturazione delle proprietà esclusive e di quelle in comunione, secondo la tesi prospettata dalla Immobiliare 2000".

Per la cassazione di tale sentenza ricorrono i coniugi M. – P., formulando cinque motivi d’annullamento, articolati in più censure, successivamente illustrate da memoria.

Resiste con controricorso l’Immobiliare 2000 s.r.l..

F.D. non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo è dedotta l’insufficienza di motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in rapporto all’art. 360 c.p.c., n. 5, non avendo la Corte territoriale considerato che con la loro domanda i ricorrenti lamentavano l’inadempimento di un contratto di vendita (26.11.1987), in relazione all’entità della porzione immobiliare loro trasferita, chiedendo il ripristino dello stato dei luoghi ablato unicamente dalla venditrice ad esclusivo vantaggio delle proprietà singole.

2. – Con il secondo motivo è dedotta l’insufficiente motivazione sul fatto controverso e decisivo del rogito di vendita, costitutivo del condominio, e del successivo atto del 14.12.1987, nonchè delle note di trascrizione dei ridetti atti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5; col medesimo motivo è dedotta, inoltre, la nullità della sentenza per error in procedendo, nonchè la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per violazione degli artt. 99, 100, 112, 115, 116, 353 e 354 c.p.c.. Formula, al riguardo, il seguente quesito ex art. 366-bis c.p.c.: "alla luce del precetto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 e di quello di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, voglia l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione adito pronunciare – confermando il suo orientamento – la natura eccezionale e tassativa delle cause di remissione dei processi al giudice di primo grado, ponendosi i precetti di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c. in deroga alla norma naturale e generale della impossibilità del ritorno della causa decisa al giudice di primo grado, e l’estraneità, in assenza di motivazione in fatto e di ragioni di diritto, del presente giudizio alle fattispecie edittali che impongono in via sostanziale la integrazione del contraddicono e la remissione della causa al primo giudice. Conseguentemente si chiede che dichiari se il potere- dovere di applicazione dei disposti di cui agli artt. 354 e 353 c.p.c. debba esercitarsi solo in quanto peculiarmente giustificato in modo reale e concreto da elementi in fatto e in diritto anche sostanziale giuridicamente concordanti, talchè se questi non sono contenuti nell’iter logico giuridico che ha condotto alla pronuncia, anche se pregiudiziale di rito, questa sia viziata da nullità non solo per l’uso di un potere-dovere che, nell’eccezionaiità della normativa in esame, non è dato in casi quale quello deficitario in esame al Giudice, ma per carenza del suo stesso presupposto. Pronunci altresì questo Ecc.mo Collegio, in armonia con il principio della domanda di cui al combinato-disposto degli artt. 99 e 100 c.p.c., se l’iter logico giuridico della pronuncia sulla pregiudiziale potesse prescindere dalla preventiva analisi della domanda giudiziale in contrasto con il ricordato disposto di cui agli artt. 99 e 100 c.p.c., con i quali si segna l’intero processo dalla domanda, dal bene della vita denunciato leso – nel caso inadempimento al rogito notarile di compravendita 26.11.1987, n. 43.200-, dall’interesse, con riferimento al dedotto documentale ed alle assunte conclusioni, a richiedere la tutela della legge e del giudice; pronunci, pertanto, se ogni eccezione, compresa quella pregiudiziale qui in esame che ha condotto, su impulso della parte appellante principale, in primo grado convenuta, alla sentenza impugnata n.805/07, debba trovare collegamento e raffronto con la domanda attorea e con il titolo dedotto – il rogito notarile del 26.11.1987, cui poi è seguito in appello la produzione della nota di trascrizione di quello del 14.12.1987, n. 43489, talchè anche per la questione pregiudiziale debbono emergere dai medesimi atti, chiari, indiscutibili e correttamente delineati i diritti comunisti presupposti dall’eccezione medesima con la conseguenza che, in loro assenza o nell’assenza della comunione per carenza di volontà e di atto scritto ad substantiam o di loro giudiziale esame, il pronunciare come se esistenti o motivati ridonda di per sè in un errore in procedendo che si pone comunque in violazione del principio irrinunciabile – art. 112 c.p.c. – della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato non ottemperato con conseguente nullità della sentenza.

3. – Col terzo motivo è dedotta la carenza o grave insufficienza di motivazione sul fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360 c.p.c., n. 5 – "neppure ritenuto e non solo non ritenuto nella sua non discrezionale forma scritta ad substantiam tant’è che in nessun modo viene accennato nella sentenza al rogito 26.11.1987, n. 43200 – doc. 1 attoreo di primo gr. invece costitutivo del condominio e di diritti distinti a seconda della titolarità e della loro entità";

nonchè la nullità della sentenza per errore in procedendo, violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, artt. 112, 99 e 100 c.p.c., nonchè all’art. 1350 c.c., n. 3, art. 1325 c.c., n. 4 e art. 2644 c.c.; il tutto riassunto nel seguente quesito: "in conformità al precetto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 ed a quello dell’art. 360 c.p.c., n. 4, voglia l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione adita pronunciare, anche in connessione con il quesito in calce al motivo precedente, se i diritti su porzioni immobiliari, vuolsi in proprietà singolare o in proprietà comune, possono validamente sorgere e venir pronunciati o dell’una o dell’altra natura prescindendo dal prescritto atto scritto, invece qui rappresentato dal rogito 26.11.1987 al nr.43200 di rep. ed anche trascritto al pari del rogito 14.12.1987 n.43489 di rep. doc. 1 e 10 della parte ricorrente – talchè anche per la genesi del condominio e dei diritti che ne conseguono comunque di natura immobiliare possono essere riferimento esclusivo di diritto solo i nominati rogiti di natura pubblica opponibili anche ai terzi e nel giudizio per la valenza della loro trascrizione in forza dell’art. 2644 c.c. e se pertanto i rogiti si pongono a presupposto unico per la pronuncia di comunione e quindi di sussistenza di plurisoggettività in forza anche dell’art. 1325 c.c., comma 4 e art. 1350 c.c., comma 5, con la conseguenza che l’omissione di loro esame nella pronuncia n. 805/07 impugnata è altro vizio che rientra in quello in procedendo per lo scollamento operato tra il dedotto ed il pronunciato come già sollevato quale motivo di impugnatività nel precedente motivo di diritto che precede, con correlata nullità della nominata decisione". 4. – Il quarto motivo denuncia la carenza o grave insufficienza di motivazione sul fatto controverso e decisivo per il giudizio consistente nella "totale carenza di analisi del rogito 26.11.1987, n. 43200 di rep. anche atto costitutivo del condominio, di quello temporalmente successivo intervenuto in data 14.12.1987, n.43489 di rep. Notaio Fumo, delle relative note di trascrizione – doc. 110 dei ricorrenti, delle verifiche operate nel giudizio della realtà dei luoghi e delle proprietà singolari e comuniste di questo condominio"; nonchè la nullità della sentenza per errore in procedendo, violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, e agli artt. 112, 99 e 100 c.p.c., nonchè artt. 1117 e 1350 c.c., art. 1325 c.c., comma 4 e art. 2697 c.c., comma 2, concludendosi con seguente quesito: "in conformità al precetto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, ed a quello dell’art. 360 c.p.c., n. 4, voglia l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione adita pronunciare, in connessione con i quesiti in calce ai motivi di impugnativa che precedono, se la negazione della comunione su porzioni immobiliari invece presunti comuni dal legislatore dell’art. 1117 c.c., con possibilità di prova contraria, quali appunto le scale, possa prescindere dai rogiti 26.11.1987, n. 43200 di rep. e 14.12.1987, n. 43489 di rep., e dalle volontà comuni in esse incluse e rappresentate in relazione alla destinazione – singolare o comunista – delle porzioni divise, se si possa prescindere dal prendere contezza dei diritti rimasti in ditta alla venditrice dopo il primo trasferimento di una porzione immobiliare, se si possa ritenere di poter sorvolare, nell’eventualità di dubbio, dal verificare l’utilità, per la successivamente acquistata dal terzo porzione al piano terra, delle scale dal primo al secondo piano dedotte in contestazione, ed infine se la Corte poteva esonerare – proprio ai fini della fondatezza della pregiudiziale che può sorgere solo dalla realtà di una plurisoggettività, compreso cioè il terzo, del diritto di proprietà sul bene conteso – la convenuta Immobiliare 2000 s.r.l., che la eccepiva, dalla normativa dimostrazione ( art. 2697 c.c., comma 2) (peraltro necessariamente solo se legittima) di una diversa realtà tale da rendere inefficaci le porzioni e la loro titolarità come convenzionalmente stabilite nel predetto atto 26.11.1987, n. 43200, costitutivo, atto pubblico di realizzazione del condominio e delle sue parti su cui aveva convenuto con altro atto pubblico, 14.12.1987, n. 43489, anche il terzo". 5. – Con il quinto motivo è dedotta la carenza o grave insufficienza di motivazione sul fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, consistente nella "totale carenza di analisi del rogito 26.11.1987, n. 43200 di rep. atto costitutivo del condominio e del rogito temporalmente successivo intervenuto in data 14.12.1987, n. 43489 di rep. Notaio Fumo, delle relative note di trascrizione (doc. 1-10 dei ricorrenti), delle verifiche operate tramite c.t.u. nel giudizio sulla realtà dei luoghi e sulle proprietà singolari e comuniste di questo condominio"; nonchè la nullità della sentenza per errore in procedendo, violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, e agli artt. 112 e 102 correlati agli artt. 99 e 100 c.p.c., nonchè artt. 1117 e 1350 c.c., art. 1325 c.c., comma 4 e art. 2697 c.c., comma 2, concludendosi con seguente quesito: "m conformità al precetto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 ed a quello di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, voglia l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione adita pronunciare, in connessione con i quesiti in calce ai motivi di impugnativa che precedono, se la natura sostanziale dell’istituto del litisconsorzio necessario possa prescindere da ogni esame della dedotta fattispecie di inadempimento sull’entità dell’oggetto del bene trasmesso in proprietà singolare, e possa quindi permettere, in contrasto con il contenuto pattizio e la volontà comune emergente dal rogito 26.11.1987, n. 43200 prodotto e dalla copia autentica della nota di trascrizione del rogito 14.12.1987, n. 43489, che riporta il consenso anche del terzo sulla già avvenuta suddivisione con il richiamo al progetto di ristrutturazione licenziato dalla Commissione Edilizia del Comune di Treviso nella seduta n. 18 del 30.07.1987, – doc. 1 e 10 dei ricorrenti-, con l’acquisto progettuale in atti anche del fascicolo d’ufficio, con la realtà di fatto dello stato dei luoghi e pur stante l’apprensione unilaterale avvenuta ad opera della convenuta Immobiliare 2000 s.r.l. introdotta pacifica nel processo tramite consulenza tecnica d’ufficio, che si asserisca sussistente un litisconsorzio necessario che si ponga in via meramente ideale e non solo, ma di contrasto con la diversa realtà concreta e legittima anche sotto il profilo formale, per di più deviando, con la mera eccezione, il dedotto nel giudizio, la sua causa petendi ed il suo petitum, per avvenuta totale trascuratezza della domanda e dei ripetutamente illustrati elementi di fatto prodotti per la fondatezza della domanda medesima e su cui gli attori hanno fondato le loro richieste di porre fine alla lesione ai loro perfetti diritti singolari di unici proprietari". 6. – Il secondo motivo – che occorre esaminare con priorità per la sua autonoma vocazione rescindente – è fondato nei termini e nei limiti che seguono.

6.1. – Il principio per cui l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti e la relativa qualificazione giuridica, da luogo ad un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale attività abbia determinato un vizio riconducibile nell’ambito dell’error in procedendo (cfr. Cass. nn. 12022/03, 9471/04, 12909/04). Detto enunciato deve ritenersi estensibile ad ogni violazione puramente processuale, inclusa quella provocata dalla falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c., di guisa che, ove l’esistenza di un’ipotesi di litisconsorzio necessario abbia già formato oggetto di dibattito fra le parti in sede di merito, non sussistono altri limiti al potere di questa Corte Suprema di valutarne l’esistenza all’infuori di quelli propri e tipici del giudizio di legittimità che, in relazione al denunciato error in procedendo, ben può effettuarsi sulla base di elementi di fatto già acquisiti al processo (v. Cass. n.419/81).

Infine, la necessità, o meno, di integrazione del contraddittorio va desunta dal contenuto della domanda proposta dall’attore e non può farsi dipendere dalla soluzione di merito che il giudice ritenga di dover dare alla controversia (v. Cass. nn. 13435/10, 3647/04 e 16939/03).

6.2. – Pur procedendo esattamente da quest’ultimo principio di diritto, la Corte territoriale è pervenuta, però, ad una soluzione errata circa la ricorrenza, nella specie, di una situazione di litisconsorzio processuale.

Dall’esame diretto degli atti, cui questa Corte ha accesso in virtù dei principi sopra premessi, si evince che gli attori hanno proposto un’azione diretta ad ottenere la condanna dell’Immobiliare 2000 ad adeguare e modificare lo stato dei luoghi del pianerottolo e del vano scale dell’immobile acquistato da detta società, allegando a fondamento della domanda i relativi obblighi assunti da quest’ultima in virtù del contratto del 26.11.1987, che contemplava la cessione in proprietà dietro corrispettivo in denaro di un bene immobile esistente, che la parte venditrice avrebbe dovuto ristrutturare secondo una data programmazione obbligatoria.

Al limitato fine in oggetto (che altro non richiede se non lo scrutinio di ricorrenza delle condizioni applicative dell’art. 102 c.p.c.), non mette conto stabilire se tale contratto sia qualificabile come vendita di una cosa futura, ovvero quale negozio misto caratterizzato da elementi propri dell’appalto e della vendita di cosa presente, atteso che nell’un caso come nell’altro è certo che l’azione promossa è di tipo contrattuale, e non reale, ripetendo la propria causa petendi da un’allegata responsabilità da inadempimento.

Trattandosi, dunque, di una caratteristica azione di manutenzione contrattuale avente esclusivo contenuto di condanna (al facere promesso o, in subordine, alla prestazione dell’equivalente monetario), non è configurabile una situazione di litisconsorzio necessario, ritenuta invece dai giudici d’appello sull’erroneo presupposto che la decisione sarebbe destinata ad incidere sull’assetto delle proprietà singole e di quelle comuni all’interno del medesimo edificio, e che, ove non integrato il contraddittorio nei confronti dell’altro condomino, la Treviso Arte Pezzella s.n.c., la sentenza sarebbe resa inutiliter. L’errore commesso dalla Corte territoriale consiste nell’aver sostanzialmente equivocato tra la questione di inefficacia del giudicato inter alios, evitabile mediante lo strumento dell’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli altri soggetti passivamente legittimati alla domanda, e il problema dell’inefficacia del contratto verso i terzi, inefficacia che, corrispondendo a una regola di diritto sostanziale ( art. 1372 c.c., comma 1) e non a un possibile inconveniente provocato dal malgoverno delle norme sul processo soggettivamente cumulativo, non va nè evitata, nè elusa.

(Altra questione, invece, è quella dell’opportunità della partecipazione in giudizio di altre parti cui la controversia sia comune (nella fattispecie, per aver avuto causa dal medesimo autore), e che avrebbe potuto legittimare, in ipotesi e nel solo giudizio di primo grado (non essendo consentita in appello: Cass. nn. 7083/95, 1793/89 e 4093/87), la chiamata di esse ad istanza di parte ovvero iussu iudicis, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 106 e 107 c.p.c.).

7. – L’accoglimento del suddetto motivo assorbe l’esame di ogni altra censura.

8. – In conclusione, la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, che provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *