T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 17-11-2011, n. 1589 Aggiudicazione dei lavori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente, in possesso della necessaria qualifica OS24, ha partecipato alla gara indetta dal comune di Bergamo per la manutenzione straordinaria del verde pubblico, da affidarsi con il criterio del prezzo più basso, offrendo un ribasso del 55,45 %.

L’offerta, sospettata di anomalia, è stata sottoposta a verifica. A seguito della richiesta in tal senso formulata dal Comune, la I. ha prontamente dedotto, evidenziando l’affidabilità e la serietà dell’offerta presentata, ma, ciononostante, in sede di contradditorio orale, alla stessa sono state contestate tre criticità: la capacità organizzativa per i lavori di rasatura del tappeto erboso, la tipologia di CCNL applicato, la presunta sottostima della manodopera impiegata, alla luce dell’art. 35 del capitolato speciale di appalto.

Rispetto al primo aspetto, l’I. ha evidenziato l’esistenza di forniture e collaborazioni con imprese locali. Il possesso della qualificazione SOA e la certificazione contributiva sarebbero sufficienti a garantire la regolare esecuzione dell’appalto con personale specializzato, superando anche la seconda contestazione, mentre con riferimento all’ultima, la previsione dell’utilizzo di cinque squadre di operai sarebbe in perfetta conformità alla prescrizione del capitolato.

Ciononostante il Comune ha ritenuto di affidare l’appalto alla controinteressata, la quale ha presentato un’offerta di soli 1.690,00 Euro in più rispetto a quella della ricorrente.

Ritenendo illegittima l’esclusione della propria offerta, desumibile da tale nuova aggiudicazione alla A.A.C. s.r.l., parte ricorrente ha impugnato gli atti in epigrafe indicati, relativi alla gara in questione, deducendo:

1. violazione dei principi del giusto procedimento. Dopo il contradditorio orale, il Comune non ha concluso il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta della ricorrente mediante l’adozione di un atto espresso e motivato, con la conseguenza che l’aggiudicazione disposta sarebbe illegittima perché frutto di un procedimento non correttamente condotto;

2. violazione di legge in quanto l’ordinamento non conosce, secondo parte ricorrente, la possibilità di un’esclusione per anomalia implicita. Tanto più in un caso come quello di specie, in cui sarebbe stata necessaria la replica alle controdeduzioni orali dell’odierna ricorrente;

3. violazione dell’art. 88 del d. lgs. 163/2006, in quanto il Comune non avrebbe evidenziato, prima della convocazione orale, le ragioni per cui le giustificazioni sono state ritenute insufficienti;

4. violazione dell’art. 88 del d. lgs. 163/2006 e difetto di istruttoria, arbitrarietà e travisamento, in quanto la ricorrente avrebbe fornito adeguate, concrete ed obiettive ragioni di affidabilità dell’offerta. In particolare, nel ribadire le ragioni già più sopra rappresentate, parte ricorrente ha evidenziato come essa abbia conseguito la qualificazione nella categoria OS24 proprio in ragione del possesso dei requisiti tecnici necessari, ivi compreso il personale dipendente ed il contratto ad esso applicato. Peraltro il bando non imponeva alcuna applicazione di specifico contratto collettivo;

5. violazione dei principi già richiamati e difetto di istruttoria per aver omesso ogni valutazione globale dell’offerta ed in termini comparativi con quella dell’impresa poi risultata aggiudicataria.

Si è costituito in giudizio il Comune, che ha successivamente depositato una memoria nella quale ha eccepito l’infondatezza del ricorso per tre diversi ordini di motivi:

– la norma non imporrebbe l’adozione di un provvedimento espresso per la dichiarazione di anomalia dell’offerta;

– la valutazione di anomalia sarebbe sufficientemente motivata, come dimostrato dal fatto stesso che la ricorrente ha potuto puntualmente articolare la propria difesa;

– le giustificazioni prodotte sarebbero insufficienti, in particolare per quanto attiene al personale utilizzato. Sul punto, nelle giustificazioni, sono stati indicati, come addetti alle singole lavorazioni: una squadra di due persone per la rasatura, una squadra di due persone per il manto, una di quattro persone per la potatura, mentre il disciplinare prevedeva espressamente che fossero impiegate tre squadre di tre operai per il taglio intensivo dell’erba e, quindi, occupate contemporaneamente. Solo nella successiva relazione, prodotta in giudizio, la ricorrente si è dichiarata disponibile all’utilizzo di squadre così composte, sostenendo che il relativo costo non sarebbe stato diverso da quello originariamente previsto nell’offerta.

Si è costituita anche la controinteressata, articolando una difesa del tutto analoga a quella del Comune.

In vista della pubblica udienza, parte ricorrente ha, con apposita memoria, insistito sulla necessità che la verifica di anomalia si concludesse con l’adozione di un provvedimento espresso che, invece, nel caso di specie, sarebbe mancato, così integrando una violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90, in particolare in termini di carenza della motivazione, tanto più necessaria, quanto il giudizio ha avuto esito negativo. La ricorrente ha, quindi, ribadito anche gli altri profili dedotti, soffermandosi, in particolare, sulla possibilità, riconosciuta dall’Autorità di Vigilanza, di procedere, in sede di verifica dell’anomalia, alla modifica delle giustificazioni, pur senza poter arrivare alla modifica dell’offerta nel suo complesso.

La controinteressata, a sua volta, ha ribadito come, anche nel caso di specie, la valutazione dell’anomalia si fosse conclusa con un provvedimento espresso, le cui motivazioni sarebbero, per relationem, quelle stesse di cui al verbale del 29 novembre 2010.

L’adeguatezza di tali motivazioni e l’infondatezza anche delle ulteriori censure dovrebbe condurre, quindi, al rigetto del ricorso, come ulteriormente concluso anche nella successiva memoria di replica, anche ed in ragione della mancata documentazione dei parametri dimostrativi della sostenibilità dell’offerta (in specie il Piano orientativo, mai prodotto dalla ricorrente).

La stazione appaltante, dopo aver depositato copia del contratto stipulato, ha concluso per il rigetto del ricorso – attesa l’assenza delle dedotte violazioni procedurali (in particolare la richiesta di precisazioni ulteriori sarebbe una mera eventualità e non un obbligo) e l’adeguatezza del giudizio di anomalia – nonché per l’infondatezza di ogni pretesa risarcitoria.

Nessuna illegittimità, infatti, sarebbe riscontrabile nell’operato del Comune: conseguentemente risulterebbero carenti tutti i presupposti sia per la declaratoria di inefficacia del contratto, sia per il riconoscimento di un danno per equivalente, anche in ragione di una mancata dimostrazione del danno concretamente subito.

Un tanto è ribadito anche nella memoria di replica presentata in vista della pubblica udienza, nel corso della quale, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Nel ricorso in esame si controverte della legittimità del procedimento seguito dalla stazione appaltante per la verifica dell’anomalia dell’offerta della ricorrente, successivamente esclusa in conseguenza dell’esito negativo del giudizio.

Parte ricorrente tenta, quindi, di dimostrare che l’esclusione sarebbe stata illegittimamente disposta in assenza della, rituale, conclusione del suddetto procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso.

La tesi non può essere condivisa.

Ciò, in primo luogo, in considerazione del fatto che non solo, nel verbale della Commissione del 29 novembre 2010, si è dato atto delle motivazioni per cui si è poi addivenuti a dichiarare "la non congruità e non accettabilità dell’offerta presentata dalla società I. s.r.l.", ma copia di tale verbale è stata allegata (ad integrarne il contenuto e la motivazione) alla nota con cui il Responsabile del procedimento ha comunicato l’esclusione dell’odierna ricorrente al Seggio di gara. Nota, quest’ultima, a sua volta allegata al verbale di gara del 22 dicembre 2010 in cui si legge che: "Il Presidente, sulla base delle argomentazioni contenute nella comunicazione dell’ufficio proponente in data 13.12.2010, che si allega al presente verbale previa lettura, esclude l’offerta prodotta dalla Impresa I. s.r.l…".

Se ne deve dedurre, quindi, che il procedimento di valutazione dell’anomalia dell’offerta si sia concluso con un’esclusione che è stata espressamente e puntualmente deliberata, anche se tale manifestazione di volontà non ha formato oggetto di un autonomo provvedimento, rispetto alla consequenziale aggiudicazione della gara ad un altro soggetto.

È pur vero che tale provvedimento non risulta essere stato tempestivamente comunicato all’I. s.r.l., ma il Collegio ritiene che debba escludersi che da una tale omissione formale possa essere fatta discendere l’illegittimità stessa del provvedimento.

Al contrario di quanto sostenuto nel ricorso, infatti, nessuna disposizione impone, a pena di nullità o annullabilità, che la esclusione dalla gara per anomalia dell’offerta sia comunicata all’impresa la cui offerta è stata oggetto del giudizio di congruità. Al più la mancata comunicazione potrebbe incidere sulla decorrenza dei termini per interporre gravame, ma nel caso di specie la esclusione dell’offerta dell’odierna ricorrente è coincisa con la contestuale individuazione della controinteressata come aggiudicataria, con la conseguenza che l’avvenuta comunicazione della nuova aggiudicazione non può che presupporre la revoca della precedente aggiudicazione, facendo decorrere i termini per l’impugnazione di entrambi gli atti eventualmente ritenuti illegittimi, il rispetto dei quali, peraltro, non è in discussione nella fattispecie.

Peraltro, come si è già avuto modo di affermare in sede cautelare, l’adozione di un esplicito provvedimento con riferimento al giudizio negativo espresso dalla commissione sulle giustificazioni prodotte a sostegno di un’offerta anomala, non è ritenuta necessaria dalla giurisprudenza: essa ha la funzione di portare a conoscenza dell’impresa il giudizio – che deve essere almeno globale e sintetico – sulla serietà o meno dell’offerta nel suo insieme. Tale funzione risulta essere stata pienamente assolta, nel caso di specie, dalla comunicazione relativa alla nuova aggiudicazione. Ciò appare confermato anche dal fatto che quanto portato a conoscenza dell’impresa esclusa ha consentito alla stessa di articolare in modo pieno un ricorso volto a censurare la legittimità dei provvedimenti adottati.

Ne discende il rigetto delle prime due censure, anche sotto il profilo della lamentata carenza di motivazione. Quanto puntualmente esplicitato nel verbale del 29 novembre 2010 (erroneamente indicato sia nell’ordinanza cautelare di questo Tribunale – 29 dicembre 2010, sia in quella del Consiglio di Stato – 29.1.2010), espressamente richiamato nella successiva comunicazione del responsabile del procedimento all’Agenzia contratti e nel verbale del 22 dicembre 2010 con cui la ricorrente è stata definitivamente esclusa, appare del tutto idoneo ad integrare un’adeguata motivazione del provvedimento.

Nella seduta del 29 novembre 2010, infatti, la Commissione è puntualmente entrata nel merito di ogni profilo di incongruità dell’offerta contestato, specificando perché le giustificazioni prodotte, anche oralmente, nel corso dell’apposita audizione, non potessero essere ritenute sufficienti a superare le perplessità emerse.

Si deve, quindi, escludere che residui quale che sia spazio per il giudice adito di entrare nel merito delle valutazioni effettuate, rientranti nell’ambito della discrezionalità riservata alla stazione appaltante, non potendosi ravvisare alcune incongruità, illogicità, irragionevolezza manifesta.

A tale proposito deve essere precisato che, a prescindere dal ridottissimo scarto esistente tra l’offerta della ricorrente e quella della controinteressata, ritenuta congrua, l’offerta della ricorrente non appare convincente sotto il profilo dell’inadeguatezza della previsione relativa al personale impiegato per la rasatura dei tappeti erbosi, non corrispondente a quanto richiesto espressamente dal disciplinare di gara.

Tale particolare, anche senza considerare le ulteriori contestazioni mosse alla congruità dell’offerta, appare da solo sufficiente a giustificare l’adozione dell’impugnato provvedimento di segno negativo, anche a prescindere dall’entrare nel merito dell’applicazione del corretto contratto collettivo richiesto in relazione al servizio oggetto di gara.

Va precisato, peraltro, come, contrariamente a quanto asserito da parte ricorrente, l’aver dichiarato la disponibilità ad una diversa modalità di impiego del personale non appare in linea con la possibilità, individuata dall’Autorità di Vigilanza e dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, di modificare le "giustificazioni relative alle varie componenti del prezzo dell’offerta". Come dalla stessa ricorrente ricordato, "è opportuno distinguere tra offerta immodificabile e parametri dimostrativi della affidabilità e rimuneratività dell’offerta", elementi, questi ultimi, per loro natura variabili.

Nel caso di specie la dichiarazione della disponibilità all’impiego di personale diversamente distribuito ed adibito alle diverse lavorazioni richieste, modificando sia il numero degli addetti, che la modalità del loro impiego, pare al Collegio integrare una modificazione dell’offerta e non anche una nuova, diversa rappresentazione di elementi giustificativi, di per sé ammissibile.

Il Capitolato di gara prevedeva, infatti, che il Piano operativo degli interventi "dovrà obbligatoriamente prevedere la dislocazione sul territorio di almeno 3 squadre contemporaneamente (una per circoscrizione), composte da 3 operai e relative attrezzature a motore, adeguate al taglio intensivo dell’erba". Richiedeva, quindi, che il numero di addetti a tali operazioni fosse di 9 operai, dotati delle relative attrezzature, mentre l’offerta presentata dalla ricorrente prevedeva che la prestazione fosse eseguita con due operai, uno qualificato e uno semplice.

Ne consegue che l’eventuale valutazione positiva della nuova e diversa distribuzione dei lavoratori avrebbe determinato l’ammissione di una nuova offerta e, quindi, integrato una violazione della par condicio dei concorrenti.

Peraltro, anche laddove fosse stata ammessa la suddetta riformulazione dell’offerta, essa sarebbe comunque risultata anomala, in quanto, come si legge nel verbale del 29 novembre 2010, la I., all’uopo richiesta di chiarimenti, si è limitata "a garantire l’utilizzo di un maggior numero di personale, senza peraltro dare adeguata dimostrazione della sostenibilità economica dei costi conseguenti".

Ciò, a maggior ragione, se si considera che la ricorrente non risulta aver mai prodotto il richiesto Piano orientativo degli interventi e che non appare invero ragionevole ritenere che i maggiori costi dovuti all’incremento del personale utilizzato possano essere compensati dai minori tempi di lavoro stimati, ferma restando l’incomprimibilità dei costi del lavoro anche recentemente affermata dal Consiglio di Stato (sez. V, sentenza 23 giugno 2011, n. 3807).

Né appare ravvisabile alcuna violazione dell’art. 88 del d. lgs. 163/2006, in quanto la richiesta di successive integrazioni è prevista dal legislatore come un’eventualità, strumentale a consentire alla stazione appaltante, che lo ritenesse opportuno, di acquisire ulteriori chiarimenti. Gli ulteriori chiarimenti ammessi dal legislatore rappresentano, quindi, come si desume dalla stessa formulazione della norma, uno strumento messo a disposizione della stazione appaltante, in un’ottica di consentire a quest’ultima l’individuazione della migliore offerta e l’esclusione di quella che non offre sufficienti garanzie di affidabilità o comunque non corrisponde a quanto previsto dal bando di gara e non anche una garanzia a favore dell’imprenditore. Il Collegio ritiene, quindi, di poter condividere, sul punto, quanto affermato dal Consiglio di Stato, sez. V, nella sentenza n. 4253 del 8 settembre 2008, dove si legge che "non può ritenersi prescritto in senso assoluto, ma deve considerarsi previsto (il meccanismo che passa attraverso la richiesta di ulteriori chiarimenti n.d.r.) solo qualora la stazione appaltante ne ravvisi la necessità o utilità".

Del resto la stessa ricorrente non ha fornito, nemmeno nel corso del giudizio, alcuna particolare giustificazione, ulteriore rispetto a quella già presa in considerazione dalla stazione appaltante a sostegno della congruità della propria offerta. Ne risulta indimostrata l’utilità che avrebbe potuto avere un’ulteriore richiesta di chiarimenti, con ciò confermando la ragionevolezza e logicità della scelta discrezionale operata dall’Amministrazione nel ritenere non necessarie ulteriori giustificazioni.

Anche la possibilità del confronto con l’altra offerta presentata rappresentava una mera facoltà della stazione appaltante, il cui mancato esercizio non può, quindi, per ciò stesso inficiare la legittimità del giudizio espresso.

Respinta anche l’ultima censura e rigetta, quindi, la domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati ne discende, per mancanza della condotta illecita che ne rappresenta il presupposto, la insussistenza di una fattispecie di danno risarcibile. La accertata legittimità del modus operandi seguito dalla stazione appaltante nel caso di specie preclude, quindi, la possibilità per l’impresa esclusa di far valere qualsiasi pretesa risarcitoria collegata alle censure dedotte e di cui è stata dichiarata l’infondatezza.

Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 (tremila/00) a favore di ciascuna parte costituita (per un totale di 6.000,00 Euro), oltre ad IVA e C.P.A., se dovuti, e rimborso forfetario delle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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