T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 17-11-2011, n. 1588

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel ricorso in esame, ritualmente notificato e depositato, il sig. C.M. espone quanto segue.

Con le deliberazioni n. 26 e 27 del 28 giugno 2007 il Consiglio comunale di Montichiari ha approvato il regolamento per il rilascio delle autorizzazioni per la somministrazione di alimenti e bevande, nonché i criteri per il suddetto rilascio, prevedendo di stabilire in anni 3 la validità dei criteri approvati. In tale occasione il Comune dichiarava che "si ritiene adeguata l’attuale situazione dell’offerta di pubblici esercizi, rinviando alla futura prossima approvazione del PGT gli studi e le analisi necessari per definirne un eventuale sviluppo espansivo".

Con successiva deliberazione n. 86 del 22 giugno 2010, la Giunta ha dato avvio al procedimento per la definizione dei criteri comunali per il rilascio di autorizzazioni ed ha incaricato gli uffici comunali di predisporre, in accordo con il gruppo di lavoro per il PGT, gli elaborati necessari, fissando in 180 giorni il termine per la pronuncia del Consiglio comunale, salvo proroga per "approfondimenti emergenti dal processo di partecipazione" e prorogando sino a tale scadenza i criteri già in vigore.

In data 17 gennaio 2011 la Giunta comunale, con deliberazione n. 5, ha prorogato di 6 mesi il sopra ricordato termine per l’approvazione.

Nel frattempo, il 13 gennaio 2011, il ricorrente ha depositato istanza per il rilascio di una nuova autorizzazione amministrativa per l’apertura di un esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande nei locali ubicati in via Mantova, n. 149. Tale istanza è stata rigettata sulla scorta della considerazione che "i parametri numerici non prevedono il rilascio di nuove autorizzazioni".

Il richiedente, quindi, ritenendo il diniego, in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza, secondo cui le limitazioni alle aperture non possono essere supportate da un apprezzamento autoritativo rispetto all’adeguatezza dell’offerta in ragione della presunta entità della domanda, in quanto in contrasto con il diritto comunitario, lo ha impugnato, congiuntamente agli atti presupposti richiamati, deducendo:

1. violazione dell’art. 64, comma 3, del d. lgs. n. 59/2010, di recepimento in Italia delle direttiva 2006/123/CE che vieterebbe alle autorità nazionali e locali l’applicazione di qualsivoglia misura restrittiva delle nuove aperture di esercizi commerciali. Secondo tale disposizione, nella programmazione delle aperture degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, si possono prevedere limitazioni legate a ragioni non altrimenti risolvibili di sostenibilità ambientale, sociale e di viabilità, che potrebbero incidere in modo gravemente negativo sui meccanismi di controllo, in particolare per il consumo di alcolici e senza ledere il diritto dei residenti alla vivibilità. La primazia del diritto comunitario dovrebbe condurre a ritenere tale norma operante anche in Lombardia;

2. violazione dell’art. 5 della DGR n. 1062 del 22 dicembre 2010 che, nel comunicare indicazioni circa le modalità operative del d. lgs. n. 59/2010, ha disposto che "si ritiene che le analisi relative alla quantificazione dell’offerta e della domanda non possono essere utilizzate al fine di programmare la rete di vendita ma solo quale elemento conoscitivo della stessa";

3. violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90, in ragione del quale, in presenza della fissazione di un numero di esercizi autorizzabili, il diniego dovrebbe comunque assolvere l’onere di una adeguata e puntuale motivazione;

4. eccesso di potere per difetto di motivazione.

Si è costituito il Comune, eccependo l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione della deliberazione della Giunta comunale n. 5/11 di proroga dei termini di applicazione del regolamento del 2007. Inoltre, nell’evidenziare l’impegno del Comune ad adeguare i criteri, che, per ciò stesso non sarebbero stati prorogati sine die, il Comune ha sottolineato come la nuova normativa non abbia condotto alla piena liberalizzazione del settore e come nessuna applicazione diretta potrebbe avere la delibera della G.R., mentre non sarebbe ravvisabile il difetto di motivazione.

Alla Camera di consiglio del 4 maggio 2011 è stata accolta l’istanza cautelare, disponendo il riesame dell’istanza formulata da parte ricorrente in sede amministrativa, entro trenta giorni dalla comunicazione della misura cautelare.

In vista della pubblica udienza nessuna delle parti ha prodotto memorie.

Alla pubblica udienza la causa è stata trattenuta in decisione, prendendo atto che solo in tale sede parte ricorrente ha portato a conoscenza del Collegio l’avvenuto rilascio della richiesta autorizzazione, con conseguente cessazione della materia del contendere, salvo insistere sul riconoscimento delle spese del giudizio.

Motivi della decisione

Nel ricorso in esame si controverte della legittimità degli atti applicativi della disposizione regolamentare adottata dal Comune resistente, secondo cui "si ritiene adeguata l’attuale situazione dell’offerta di pubblici esercizi, rinviando alla futura prossima approvazione del PGT gli studi e le analisi necessari per definirne un eventuale sviluppo espansivo".

Proprio in ragione di tale norma del regolamento il ricorrente si è visto negare l’autorizzazione richiesta per l’apertura di un esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.

Alla pubblica udienza fissata per la trattazione del merito del ricorso, parte ricorrente ha, però, dichiarato a verbale che la richiesta autorizzazione è stata rilasciata nelle more del giudizio.

Al Collegio non rimane, quindi, che dare atto della cessata materia del contendere, per effetto della piena soddisfazione della pretesa del ricorrente, intervenuta nel corso del giudizio.

Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza, ancorchè virtuale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara la cessazione della materia del contendere.

Condanna il Comune al pagamento delle spese del giudizio, nella misura di Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre ad IVA, C.P.A., rimborso forfetario delle spese e rimborso del contributo unificato anticipato ai sensi del comma 6 bis dell’articolo 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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