Cass. civ. Sez. V, Sent., 30-03-2012, n. 5128 ICI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il contribuente propose ricorso avverso avvisi di liquidazione di maggior ici, notificatigli il 10 dicembre 2004, per gli anni d’imposta dal 1999 al 2000, in relazione ad area fabbricabile ed a fabbricato di categoria C/3.

Quanto all’area fabbricabile, il Comune intendeva recuperare l’imposta con applicazione dell’aliquota ici al valore dichiarato dallo stesso proprietario, che assumeva essere pari ad Euro 101.328,84; quanto al fabbricato, il Comune intendeva recuperare la maggior imposta risultante dall’assegnazione al fabbricato della rendita definitiva (ai sensi della previsione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 4, nella formulazione applicabile ratione temporis).

A fondamento del ricorso, il. contribuente deduceva di aver dichiarato, per l’area edificabile, il valore di Euro 10.845,60 (e non quello di Euro 101.328,84) e sosteneva che, per il fabbricato, non sussisteva il presupposto stesso dell’imposizione, trattandosi di immobile censito solo nel 2001.

L’adita commissione provinciale respinse il ricorso, con decisione che, in esito all’appello del contribuente, fu riformata dalla commissione regionale, che annullò gli avvisi opposti.

Avverso la decisione di appello, il Comune ha proposto ricorso per cassazione in quattro motivi.

Il contribuente ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso, il Comune deducendo "violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 1 e art. 2967 c.c." – censura la decisione impugnata per non aver considerato che – in presenza, di un avviso di liquidazione ici relativo ad area edificabile, dal quale risulti che l’Ente impositore ha provveduto a liquidare l’imposta dovuta sulla base del valore dichiarato e non esattamente versata dal contribuente – è onere del contribuente, che asserisca di avere dichiarato nella denuncia del cespite un valore venale inferiore rispetto a quello posto a base dell’avviso di liquidazione, fornire la prova della circostanza affermata.

Il motivo è infondato.

In forza dell’ordinario criterio di distribuzione dell’onere della prova, in tema di ici, se il contribuente asserisca di aver dichiarato, in sede di denunzia del cespite, un valore inferiore a quello assunto dal Comune come base imponibile, incombe sull’ente impositore, destinatario della denunzia medesima, fornire la prova del valore del bene effettivamente dichiarato. E ciò tanto più, ove, come nella specie, risulti non contestato che, per tutte le annualità precedenti, il contribuente ha corrisposto, per 1’imposta, un importo corrispondente al valore che asserisce indicato in dichiarazione.

L’infondatezza del primo motivo di ricorso e le puntualizzazioni al riguardo rese in tema di distribuzione dell’onere della prova rendono superfluo l’esame del secondo motivo del ricorso, con il quale il Comune deduce "insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza …", in relazione all’affermazione, secondo cui gli assunti del contribuente in merito all’entità del valore dichiarato per l’area fabbricabile risulterebbero dimostrati incontrovertibilmente dalla produzione in giudizio delle quietanze di pagamento ici attestanti una liquidazione dell’imposta sulla base del valore inferiore asseritamente dichiarato.

Con il terzo motivo del ricorso, il Comune – deduce "insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza …", in relazione all’affermata idoneità della documentazione catastale; prodotta dal contribuente a comprovare la non imponibilità del fabbricato di che trattasi siccome non censito, rosa in termini apodittici e senza fare alcun riferimento alla circostanza – addotta dal Comune e risultante dalla stessa documentazione catastale – che lo stesso contribuente aveva provveduto a dichiarare l’immobile di che trattasi.

Il motivo è fondato.

Invero, da quanto riferito dal Comune in ricorse nel rispetto del criterio dell’"autosufficienza", emerge che – mentre nei pregressi gradi del giudizio l’ente impositore aveva fatto rilevare che l’immobile, pur privo di rendita era stato dichiarato e censito in catasto, sicchè era assoggettato ad ici (in base alla normativa temporalmente vigente) in relazione al "valore presunto" – la decisione impugnata non fornisce alcuna argomentazione a sostegno dell’infondatezza di tale deduzione.

Con il quarto motivo di ricorso, il Comune deducendo "violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, commi 1, 2 e 2-bis – censura la decisione impugnata, perchè non avrebbe ritenuto adeguatamente motivati gli avvisi di liquidazione ici impugnati.

Il motivo è inammissibile, non cogliendo la ratio della decisione, cui è estraneo qualsiasi riferimento a vizi motivazionali dell’avviso impugnato.

Alla stregua della considerazioni che precedono, s’impongono l’accoglimento del terzo motivo di ricorso ed il rigetto degli altri.

La sentenza impugnata va, dunque cassata, con rinvio della causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale delle Marche.

P.Q.M.

Accoglie il terzo motivo di ricorso e rigetta gli altri; cassa, in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale delle Marche.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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