Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-09-2011) 18-10-2011, n. 37717

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 11 novembre 2010 e depositata in pari data, il Magistrato di sorveglianza di Siracusa ha convertito la (residua) pena pecuniaria (pari a Euro 5.822,84), inflitta al condannato S.G., nella sanzione sostitutiva della libertà controllata in ragione di cento-cinquantaquattro giorni, motivando: "dalle informazioni acquisite a norma dell’art. 182 disp. att. cod. proc. pen. risulta la effettiva insolvibilità del condannato". 2. – Ricorre per cassazione il condannato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Roberto Ariagno, mediante atto recante la data del 17 novembre 2010, col quale sviluppa tre motivi.

2.1 – Con il primo motivo il ricorrente denunzia, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione all’art. 135 c.p. e L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 102, dolendosi del rapporto di conversione applicato dal giudice a quo e argomentando, con pertinente richiamo all’arresto del Giudice della L. 23 dicembre 1994, n. 440, che la interpretazione costituzionalmente orientata della L. 24 novembre 1981, cit., art. 102, comporta la adozione del criterio di conversione, stabilito dall’art. 135 c.p., siccome ulteriormente novellato, di un giorno di libertà controllata per ogni 250 euro di pena pecuniaria.

In via gradata il difensore eccepisce la illegittimità costituzionale della L. 24 novembre 1981, cit., art. 102 deducendone la rilevanza (atteso che la questione incide sulla durata della sanzione sostitutiva) e la non manifesta infondatezza per le considerazioni esposte dalla stessa Corte costituzionale nella succitata sentenza.

2.2 – Con il secondo motivo il ricorrente denunziano, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, in relazione agli artt. 420- ter, 678 e 666 cod. proc. pen., si duole della (implicita) reiezione della istanza difensiva di differimento della udienza camerale partecipata (celebrata dal giudice a quo), fondata su concomitante impegno professionale davanti a questa stessa Corte; e, inoltre, ipotizza che il Magistrato di sorveglianza abbia deliberato, senza neppure l’intervento di alcun altro difensore, designato ai sensi dell’art. 97 c.p.p., comma 4. 2.3 – Con il terzo motivo il ricorrente dichiara promiscuamente di denunciare, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione "con riferimento al disposto dell’art. 660 cod. proc. pen.", in relazione all’accertamento della insolvibilità. 3. – Il procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, con atto del 3 maggio 2011, obietta: la questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata; l’impedimento del difensore non costituisce causa di rinvio della udienza camerale; è indubbio l’accertamento della insolvibilità; laddove, se S. fosse realmente solvibile, "allora non sussisterebbe alcun ostacolo al pagamento del debito", con conseguente revoca della ordinanza di conversione.

4. – Il ricorso è infondato.

4.1 – Il (secondo) motivo, proposto in rito, è manifestamente destituito di fondamento.

4.1.1 – Quanto alla censura per la disattesa istanza difensiva di differimento della trattazione del procedimento camerale, per l’adotto impedimento difensivo, soccorre il principio di diritto stabilito da questa Corte, a Sezioni unite, secondo il quale "il disposto di cui all’art. 420-ter cod. proc. pen., secondo cui il legittimo impedimento del difensore può costituire causa di rinvio dell’udienza preliminare, non trova applicazione con riguardo agli altri procedimenti camerali, ivi compresi quelli per i quali la presenza del difensore è prevista come necessaria, soccorrendo, in tali ipotesi, la regola dettata dall’art. 97 c.p.p., comma 4" (sentenza 27 giugno 2006, n. 31461, Passamani, massima n. 234146).

4.1.2 – Il carattere congetturale della ulteriore doglianza (circa l’ipotizzata omessa partecipazione di alcun difensore designato in sostituzione di quello di fiducia) dispensa dal prendere in esame la relativa deduzione, invero inammissibile, in quanto carente del requisito della specificità il quale postula la denunzia di un vizio positivamente rilevato dal ricorrente e, pertanto, idoneo ai sensi dell’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), a "sorreggere" la richiesta di annullamento della ordinanza impugnata.

4,2 – Quanto al merito della impugnazione, non merita accoglimento il terzo motivo di ricorso.

4.2.1 – Non ricorre – alla evidenza – il vizio della violazione di legge in quanto il giudice a quo ha applicato la disposizione di legge, circa la conversione della pena pecuniaria, sulla base dell’accertamento della ipotesi (della insolvibilità del condannato) esattamente corrispondente alla previsione contemplata dalla norma alla luce dei principi di diritto stabiliti da questa suprema Corte di legittimità. 4.2.2 – Inammissibile è, per la genericità della doglianza, l’ulteriore censura del vizio di motivazione.

Gli è che, laddove il difensore non contesta in punto di fatto che il Magistrato di sorveglianza abbia acquisito le informazioni, cui ha fatto riferimento nella ordinanza; nè confuta il contenuto delle medesime, il rinvio per relationem operato dal giudice a quo è perfettamente idoneo – in carenza di specifichi rilievi – a dar conto dell’accertamento della insolvibilità del condannato.

4.3 – Residua il primo motivo.

Il mezzo di impugnazione non è fondato.

E’ esatto che la Corte costituzionale, giusta sentenza del 23 dicembre 1994, n. 440, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 102, comma 3, (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui prevede che il ragguaglio ha luogo calcolando lire venticinquemila, o frazione di lire venticinquemila, anzichè settantacinquemila, o frazione di settantacinquemila di pena pecuniaria per un giorno di libertà controllata.

Tanto però non suffraga la conclusione (postulata dal ricorrente) che ogni modificazione del ragguaglio tra le pene pecuniarie e le pene detentive, à termini dell’art. 135 c.p., si ripercuota sulla "conversione delle pecuniarie in sanzioni sostitutive per insolvibilità del condannato", rimodulando specularmente il ragguaglio tra le pene pecuniarie e la libertà controllata in conformità del criterio della succitata norma del codice penale.

Il Giudice delle leggi, con successiva pronuncia, ha stabilito: "i criteri di ragguaglio per la conversione delle pene pecuniaria in pene detentive non sono estensibili alla conversione delle pena pecuniarie in sanzioni sostitutive per insolvibilità del condannato" (sentenza 25 gennaio 2001, n. 30).

4.4 – Il succitato arresto comporta, altresì, la manifesta infondatezza della eccezione di illegittimità costituzionale, gradatamente proposta dal ricorrente.

4.5 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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