Cass. civ. Sez. V, Sent., 30-03-2012, n. 5122 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Torino la società L’Immobiliare, poi con ragione sociale mutata in GHD srl., impugnava la cartella di pagamento relativa all’Iva per l’anno 1997.

Essa deduceva che ormai l’ufficio era incorso in decadenza nella iscrizione a ruolo e comunque nel renderlo esecutivo e trasmetterlo all’esattoria; in via subordinata chiedeva declaratoria di regolarità inerente al condono.

Instauratosi il contraddittorio, l’ufficio eccepiva l’infondatezza dell’opposizione, posto che l’iscrizione a ruolo era stata tempestiva, e comunque esso era stato trasmesso oltre il termine del 30.6.2001 per l’esazione ai fini dell’esclusione della condonabilità.

Il giudice adito, in parziale accoglimento di esso, dichiarava legittimo l’accesso al condono. Avverso la relativa decisione l’agenzia delle entrate proponeva appello principale, cui la contribuente resisteva, svolgendo a sua volta quello incidentale, dinanzi alla commissione tributaria regionale, la quale li rigettava entrambi con sentenza n. 20 del 7.3.2005, osservando che l’appellante non aveva fornito la prova che in realtà l’iscrizione a ruolo fosse stata operata entro il 31.12.2000; comunque la contribuente aveva diritto ad accedere al condono.

Contro questa decisione il Ministero dell’economia e l’agenzia delle entrate hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, mentre la GHD resiste con controricorso, svolgendo a sua volta quello incidentale con tre motivi, ed ha depositato memoria. I ricorrenti infine resistono al ricorso incidentale con controricorso.

Motivi della decisione

In via pregiudiziale va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., atteso che essi sono stati proposti contro la stessa sentenza. Inoltre va rilevato che il ricorso del Ministero va dichiarato inammissibile, in quanto esso non era stato parte nel giudizio di secondo grado, e perciò non poteva impugnare la sentenza del giudice di appello.

Invero in tema di contenzioso tributario, una volta che l’appello avverso la sentenza della commissione provinciale sia stato proposto soltanto dall’ufficio periferico dell’agenzia delle entrate, succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle finanze nel corso del giudizio di primo grado, e la società contribuente abbia accettato il contraddittorio nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, il relativo rapporto si svolgesse soltanto nei confronti dell’agenzia delle entrate, che ha personalità giuridica ai sensi del D.Lgs. n. 330 del 1999, divenuto operativo dal 1.1.2001 a norma del D.M. 28 dicembre 2000, senza che il dante causa Ministero delle finanze fosse stato evocato in giudizio, l’unico soggetto legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della commissione tributaria regionale allora era solamente l’agenzia delle entrate. Pertanto il ricorso proposto dal Ministero deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione (Cfr. anche sentenze n. 18394 del 2004, n. 19072 del 2003).

A) Ricorso principale.

In ordine poi alla posizione dell’altra ricorrente, e cioè l’agenzia delle entrate, col motivo addotto a sostegno del ricorso essa deduce violazione di norme di legge e difetto di motivazione, in quanto la CTR non considerava che nel caso in esame la contribuente non poteva fruire del condono, atteso che il ruolo era stato consegnato al concessionario nel mese di dicembre 2001, mentre invece il beneficio concerneva solo quelli che erano stati trasmessi entro il 30.6.2001.

Il motivo è fondato nel suo complesso, anche se va enunciata qualche precisazione. Invero è pacifico che il ruolo era stato consegnato oltre la data del 30.6.2001, sebbene va pure rilevato che, in virtù di successive proroghe intervenute prima col D.L. n. 282 del 2002, convertito nella L. n. 27 del 2003, tale termine era stato spostato prima al 16.4.2003, e successivamente ancora modificato sino al 16.10.2003 D.L. n. 143, ex art. 1, commi 2 e 2 bis conv. nella L. n. 212 del 2003, disciplina ovviamente applicabile nel caso di specie, trattandosi di "jus superveniens" in corso di causa.

Ma, a parte questi dati di fatto in premessa, tuttavia va osservato – e ciò in via preliminare – che in tema di condono fiscale, L. n. 289 del 2002, art. 12 nella parte in cui consente di definire una cartella esattoriale con il pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo, comporta una rinuncia definitiva dell’Amministrazione alla riscossione di un credito già definitivamente accertato, e va pertanto disapplicato, limitatamente ai crediti per IVA, per contrasto con la 6^ direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, alla stregua di un’interpretazione adeguatrice imposta dalla sentenza della Corte di Giustizia CE 17 luglio 2008, in causa C- 132/06, con cui, in esito ad una procedura di infrazione promossa dalla Commissione Europea, è stata dichiarata l’incompatibilità con il diritto comunitario (in particolare con gli artt. 2 e 22 della 6^ direttiva cit.) degli artt. 8 e 9 legge cit., nella parte in cui prevedono la condonabilità dell’IVA alle condizioni ivi indicate (V. pure Cass. Sez. Ur Sentenza n. 3674 del 17/02/2010, Sent. n. 25701 del 2009). Si tratta, com’è agevole notare, di normativa e di pronuncia aventi carattere cogente nel diritto nazionale interno, alla cui applicazione e relativo adeguamento ovviamente anche queto collegio non può sottrarsi.

B) Ricorso incidentale.

1) Col primo e secondo motivo, che possono esaminarsi congiuntamente, stante la loro stretta connessione, la ricorrente per incidente denunzia violazione di norme di legge e vizi di motivazione, giacche il giudice di appello riteneva erroneamente che erroneamente che l’appello incidentale non fosse idoneo a confutare i vizi della decisione impugnata e a proporre le censure inerenti alla carenza dei presupposti della pretesa azionata con la cartella di pagamento, i quali attenevano alla decadenza dall’iscrizione a ruolo; alla non tempestiva esecutività e trasmissione di esso; al mancato previo accertamento; al preliminare invito a fornire chiarimenti e a produrre documenti. Le censure, a parte il profilo attinente ai rilievi sull’appello incidentale, nel suo complesso sono inammissibili per genericità, dal momento che la ricorrente per incidente non ha riportato le parti dell’appello incidentale con cui avrebbe prospettato le relative censure alla CTR, come pure i punti della decisione di primo grado impugnata, onde porre il Collegio nella condizione di valutare compiutamente la discrasia tra quanto lamentato e il pronunciato, e ciò sotto il profilo della mancanza di autosufficienza circa la tardività dell’iscrizione a ruolo, il mancato invito a fornire chiarimenti e/o a produrre documenti.

2) Col terzo motivo la ricorrente incidentale lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., e vizi di motivazione, poichè la CTR non considerava che erano state denunziate parecchie lacune in cui il giudice di prime cure era incorso, come la decadenza dell’ufficio per l’emissione della cartella; la non tempestiva esecutività del ruolo;

il mancato invito a fornire chiarimenti e a produrre i documenti mancanti e quant’altro, senza che il secondo giudice le avesse delibate.

La doglianza rimane assorbita dai motivi testè esaminati.

Alla luce quindi di quanto più sopra enunciato, la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto ed adeguato, sicchè il ricorso principale va accolto, mentre quello incidentale va rigettato.

Ne discende che il ricorso principale va accolto; quello incidentale va rigettato, con conseguente cassazione della sentenza impugnata rispetto al primo, senza rinvio, posto che la causa può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., comma 2, e rigetto del ricorso in opposizione della contribuente avverso la cartella di pagamento.

Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile quello del Ministero, e compensa le relative spese; accoglie il principale dell’agenzia;

rigetta l’incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al principale stesso, senza rinvio, e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo, e condanna la controricorrente al rimborso delle spese dell’intero giudizio, che liquida complessivamente per il primo grado in Euro 3.000,00 (tremila/00) per diritti, ed Euro 4.500,00 (quattromilacinquecentO/00) per onorari; per il secondo in Euro 4.000,00 (quattromila/00) per diritti ed Euro 6.000,00 (seimila/00) per onorario, e per il presente in Euro 10.000,00 (diecimila/00) per onorario, oltre a quelle prenotate a debito.

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