Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 30-03-2012, n. 5120 Retribuzione pensionabile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Bari, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da D.M., titolare di pensione INPS quale operaio agricolo a tempo determinato, per ottenere la riliquidazione della prestazione, a suo dire erroneamente calcolata per aver l’Istituto previdenziale utilizzato, come parametro per la determinazione della retribuzione pensionabile, il salario medio convenzionale rilevato con decreto del Ministero del lavoro per l’anno immediatamente precedente quello della liquidazione del trattamento pensionistico, anzichè il salario medio convenzionale riferito all’ultimo anno di prestazione del lavoro (e individuato, quindi, con il decreto ministeriale dell’anno successivo).

Per la cassazione di questa sentenza l’assicurato ha proposto ricorso fondato su due motivi. L’INPS ha resistito con controricorso e ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Nel primo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 488 del 1968, art. 28 della L. n. 457 del 1972, art. 3, comma 3, come autenticamente interpretato dalla L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 21, nonchè violazione degli artt. 3 e 38 Cost. Censura la sentenza impugnata per aver condiviso l’interpretazione delle citate disposizioni normative espressa nella sentenza di cassazione n. 2531 del 2009, nella quale la Corte, rimeditato il suo precedente indirizzo (Cass. n. 2377/2007 e altre conformi), individuato il parametro di calcolo della retribuzione pensionabile nella media delle retribuzioni fissate dalla contrattazione collettiva provinciale vigente al 30 ottobre dell’anno precedente quello del collocamento in quiescenza.

Nel secondo motivo il ricorrente denuncia l’illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., della norma di interpretazione autentica contenuta nella L. n. 191 del 2009, art. 2, comma 5, e ne nega – nonostante il suo dato testuale – l’effettivo carattere interpretativo (e, per ciò stesso, la retroattività).

Il ricorso, i cui motivi si trattano congiuntamente stante la loro evidente connessione, non è fondato.

Come ricorda anche il ricorrente, questa Corte ha rimeditato il precedente orientamento espresso con la sentenza n. 2377 del 2007, affermando, nelle sue più recenti decisioni (Cass. n. 2531 del 2009, n. 2596 del 2009, n. 4355 del 2009), il seguente principio di diritto: "In tema di pensione di vecchiaia degli operai agricoli a tempo determinato, la retribuzione pensionabile per gli ultimi anni di lavoro va calcolata applicando il D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 28 e, dunque, in forza della determinazione operata anno per anno dai D.M., sulla media delle retribuzioni fissate dalla contrattazione provinciale nell’anno precedente, ciò trovando conferma – oltre che nella impossibilità di rinvenire un diverso e più funzionale sistema di calcolo, che non pregiudichi l’equilibrio stesso della gestione previdenziale di settore – anche nella disposizione di cui alla L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 21, che, nell’interpretare autenticamente la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3 concernente le prestazioni temporanee in favore dei lavoratori agricoli, ha inteso estendere ai lavoratori agricoli a tempo determinato l’applicazione della media della retribuzione prevista dai contratti collettivi provinciali vigenti al 30 ottobre dell’anno precedente prevista per i salariati fissi, così da ricondurre l’intero sistema ad uniformità, facendo operare, ai fini del calcolo di tutte le prestazioni, le retribuzioni dell’anno precedente".

Il significato di quest’ultima disposizione, così come ricostruito dalla giurisprudenza sopra richiamata, è il medesimo esplicitato dallo ius superveniens costituito dalla norma di interpretazione autentica contenuta nella L. n. 191 del 2009, art. 2, comma 5 (Finanziaria 2010), del seguente tenore "la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3, comma 3 si interpreta nel senso che il termine ivi previsto del 30 ottobre per la rilevazione della media tra le retribuzioni per le diverse qualifiche previste dai contratti collettivi provinciali di lavoro ai fini della determinazione della retribuzione media convenzionale da porre a base per le prestazioni pensionistiche e per il calcolo della contribuzione degli operai agricoli a tempo determinato è il medesimo di quello previsto alla citata L. n. 457 del 1972, art. 3, comma 2 per gli operai a tempo indeterminato".

Investita da varie censure di illegittimità costituzionale, la norma interpretativa è stata oggetto della recente sentenza n. 257 del 2011 della Corte costituzionale, che le ha ritenute non fondate (in particolare, con riferimento agli artt. 111 e 117 Cost., il contrasto con i quali era stato denunciato in relazione alla portata precettiva degli artt. 6 e 14 CEDU, come interpretati dalla Corte di Strasburgo) premettendo come, di fronte a una norma che si dichiari di interpretazione autentica, non sia decisivo verificare se la stessa abbia carattere effettivamente interpretativo ovvero sia innovativa con efficacia retroattiva (dovendosene soltanto verificare la ragionevolezza e la non contrarietà con altri valori e interessi costituzionalmente protetti) ed osservando, quindi, con specifico riferimento alla norma censurata, che non ne appare irragionevole la finalità, in quanto diretta a ricondurre il sistema a una disciplina uniforme per gli operai agricoli a tempo determinato e per quelli a tempo indeterminato utilizzando come parametro, ai fini del calcolo di tutte le prestazioni, siano esse di carattere temporaneo ovvero di durata (come le pensioni) la media salariale convenzionale riferita all’anno precedente rispetto a quello di effettivo svolgimento dell’attività lavorativa.

Per tutte le considerazioni suesposte il ricorso è rigettato.

Giustifica la compensazione fra le parti delle spese del presente giudizio ( art. 92 c.p.c.) la problematicità delle questioni dibattute, tale da aver determinato il contrasto di giurisprudenza, nonchè gli interventi legislativi e costituzionali sopra richiamati.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa fra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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