Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-09-2011) 18-10-2011, n. 37703 Sospensione condizionale della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- B.M. ricorre per cassazione avverso la sentenza della corte di appello di Genova datata 11.12.2010/5.1.2011 che, concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, confermava nel resto la decisione di primo grado – del tribunale di Massa in composizione monocratica del 20.11.2009 – di condanna del predetto B. alla pena di mesi due di arresto e 4.000 di ammenda,con la conversione in pena pecuniaria della pena detentiva – per il delitto p. e p. dal D.Lgs. n. 268 del 1998, art. 22, comma 12.

I giudici dell’appello ritenevano, in l’orza delle deposizioni testimoniali anche del lavoratore B.I., che quest’ultimo aveva prestato attività lavorativa in favore dell’imputato per il periodo Luglio – Agosto 2006, con un orario di lavoro ben definitivo – dalle ore 4,45 del mattino fino alle ore 12.00 e dalle ore 15 alle ore 20 per il trasporto di generi alimentari presso i negozi di Sarzana, La Spezia, delle Cinque Terre, di Viareggio, di Pietrasanta e di altre località della zona.

-2- Con l’unico motivo di ricorso l’imputato denuncia mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione per l’assorbente ragione che i giudici non avrebbero tenuto conto dell’indagine amministrativa svolta dalla Direzione regionale del lavoro che aveva annullato il verbale redatto dall’Ispettrice del lavoro, tale P., ed avrebbero altresì sorvolato sulle circostanze che deponevano per la mancanza di colpa dell’imputato per non essersi accertato della mancanza del permesso di soggiorno del lavoratore.

-3- Inammissibile il primo motivo di ricorso, rilevante ai fini della decisione, invece, il secondo. Anche se non vengono esplicitate nel ragionamento difensivo le ragioni ed il dispositivo del provvedimento amministrativo, segnalando così una distonia in relazione al principio della autosufficienza del motivo di impugnazione ai lini della decisione di questa Corte, deve segnalarsi l’autonomia del giudizio penale rispetto a quello amministrativo, per la compatibilità, nel sistema, di eventuali contraddizioni tra gli esiti del primo sul secondo, a meno che l’esito di quest’ ultimo non costituisca, come non è nella specie, elemento costitutivo della fattispecie criminosa. Ora, secondo l’id quod plerumque accidit, è inconcepibile un rapporto di mera amicizia a base di una attività lavorativa protrattasi per due lunghi mesi,nella stazione estiva, e svolta con le modalità temporali e topografiche, rappresentative di un vero e proprio lavoro subordinato, quali quelle indicate nel corpo motivazionale della decisione e per nulla contestate dal ricorrente.

Peraltro, ai fini della configurabilità del reato di assunzione di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, il concerto di occupazione alle proprie dipendenze si riferisce all’instaurazione di un rapporto di lavoro che già di per sè integra gli estremi di una condotta antigiuridica, qualora il soggetto assunto sia un cittadino extracomunitario privo del citato permesso, indipendentemente da qualunque delimitazione temporale dell’attività in questione, dall’ambito della collaborazione personale o familiare, perfino dalla remunerazione data al lavoratore. Ed il discorso si giustifica prestando mente alle vicende temporali della disposizione ed alla conseguente ratio sottesa alla sua definitiva formulazione: invero la previsione contenuta nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 22, comma 12, per la quale è sanzionato il datore di lavoro che occupi alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno o il cui permesso di soggiorno sia scaduto, revocato o annullato, succede alla disposizione che era prevista dalla L. 30 dicembre 1986, n. 943, art. 12, comma 2, che sanzionava l’assunzione di lavoratori extracomunitari sprovvisti dell’autorizzazione al lavoro, abrogata poi dalla L. 6 marzo 1998, n. 40, art. 46, comma 1, lett. c), li che induce a ritenere che il legislatore abbia voluto riformulare e punire più gravemente, ed in via esclusiva, la fattispecie di reato prevista dalla succitata L. n. 943 del 1986, precedente art. 12, con una disposizione funzionale a sanzionare l’assunzione di stranieri non più in quanto questi siano privi della semplice autorizzazione al lavoro, ma perchè privi del permesso di soggiorno per motivi di lavoro, perseguendo la finalità di contingentamento delle unità lavorative extracomunitarie, di controllo dei flussi e di ordine pubblico.

– 4 – Ma è sul piano dell’elemento soggettivo che deve cogliersi la ratio decidendi del ricorso, e per una ragione,anche se non esposta nel secondo motivo di ricorso, rilevabile di ufficio. Ora su tale piano la sentenza svolge una articolata e compiuta motivazione per affermare la negligenza, e quindi la colpa, dell’imputato che " ha omesso di verificare per l’intera durata del rapporto – come richiesto dalla norma incriminatrice – se lavoratore cittadino extra – comunitario fosse fornito del permesso di soggiorno". Ma è facile osservare, in una prospettiva diacronica, che nella specie si è verificato una vera e propria successione delle leggi nel tempo in funzione della trasformazione della contravvenzione in delitto doloso: invero il D.L. n. 92 del 2008 ha trasformato tale reato da colposo in doloso. E questa stessa Sezione della Corte ha precisato che il principio, ai sensi dell’art. 2 c.p., comma 2, deve considerarsi valido anche in riferimento ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della menzionata modifica legislativa( Sez.l, 30.11/2010/11.3.2011, Meloni, Rv 249867).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non costituisce reato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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