Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 28-09-2011) 18-10-2011, n. 37523

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto 30.6.2010 il Gip di Taranto dispose il sequestro preventivo di due appartamenti siti in (OMISSIS) di proprietà degli odierni ricorrenti in relazione ai reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

L’istanza di riesame fu rigettata dal tribunale di Taranto.

Il 18.10.2010 gli indagati chiesero la revoca del sequestro sulla base degli elementi sopravvenuti costituiti dai loro spontanei interrogatori resi al PM. L’istanza fu rigettata dal Gip con ordinanza 23.11.2010. Venne proposto appello, che è stato respinto dal tribunale del riesame con l’ordinanza in epigrafe, per la ragione che non erano sopravvenuti elementi idonei a modificare le considerazioni contenute nel provvedimento impositivo e nella precedente ordinanza di rigetto del riesame, e che in particolare non poteva in questa fase essere valutata la pretesa insussistenza dello elemento soggettivo del reato, che peraltro doveva ritenersi presente, sia perchè era plausibile, anche alla luce dei pregressi comportamenti, che il figlio degli indagati avesse agito in accordo con i genitori, sia perchè le dichiarazioni rese negli interrogatori erano meramente assertive e prive di qualsiasi riscontro.

Gli indagati propongono ricorso per Cassazione deducendo mancanza di motivazione e di valutazione sugli elementi sopravvenuti e mancato annullamento della ordinanza del Gip per difetto di motivazione.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e per genericità.

E’ infatti manifestamente infondato l’assunto che il tribunale del riesame non potrebbe sopperire con la propria valutazione e la propria motivazione alle dedotte presunte insufficienze della ordinanza del Gip reiettiva della richiesta di revoca del sequestro.

Il ricorso è poi assolutamente generico, in quanto non sono stati nemmeno specificati quali sarebbero gli elementi nuovi – sopravvenuti alla precedente ordinanza del tribunale reiettiva del riesame – che non sarebbero stati esaminati dal tribunale nel rigettare l’appello.

L’ordinanza impugnata ha infatti adeguatamente motivato sul punto osservando che l’unico elemento nuovo dedotto, costituito dagli interrogatori degli indagati, era del tutto inidoneo a superare il c.d. giudicato cautelare, dal momento che le dichiarazioni rese, e tendenti a reclamare la propria buona fede, erano assertive e prive di qualsiasi riscontro oggettivo, anche alla luce delle precedenti utilizzazioni degli immobili da parte di prostitute.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

In applicazione dell’art. 616 c.p.p., segue la condanna dei ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, di ciascuno al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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