Cass. civ. Sez. I, Sent., 02-04-2012, n. 5262 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto emesso il 15 dicembre 2009 la Corte d’appello di Firenze condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di G.C. e di S.P. della somma di Euro 1.800,00, cadauno, a titolo di equa riparazione ex art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per la violazione, per anni tre e mesi sette, del termine ragionevole del processo da essi promosso con ricorso depositato al Tar del Lazio in data 13 luglio 2001 contro il Ministero dell’Interno, volto ad ottenere l’annullamento di un provvedimento amministrativo con cui erano stati immessi nella qualifica iniziale del ruolo dei sovrintendenti: processo, definito con sentenza 13 febbraio 2008 di rigetto della domanda.

Motivava, in punto quantum debeatur, che i ricorrenti avevano sofferto un modesto patema d’animo in conseguenza del ritardo, trattandosi di una causa seriale la cui domanda appariva ex ante manifestamente infondata alla luce della costante giurisprudenza contraria.

Avverso il provvedimento i sigg. G. e S. proponevano ricorso per cassazione, articolato in due motivi, con cui censuravano sotto il profilo della violazione di legge e della carenza di motivazione la liquidazione troppo riduttiva del danno non patrimoniale.

Resisteva con controricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

All’udienza del 16 febbraio 2012 il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale in epigrafe riportate.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato nei limiti di cui appresso.

In tema di equa riparazione, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui all’art. 6, paragrafo 1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, si riscontra anche nelle cause dinanzi al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento fino alla definizione.

La corte territoriale ha correttamente statuito in punto an debeatur, stimando in tre anni la durata ragionevole del primo grado di un giudizio di non rilevante complessità, ma la sua liquidazione dell’equo indennizzo per gli anni 3 e mesi 7 di ritardo appare troppo riduttiva, discostandosi dai parametri giurisprudenziali consolidati in materia.

Il decreto impugnato va quindi cassato in parte qua.

In assenza della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, si può procedere alla riforma della sentenza impugnata, e determinare in Euro 2.750,00 l’equa riparazione per ciascuno dei ricorrenti, con gli interessi legati dalla domanda: tenuto conto della modestia della posta in giuoco, del comportamento delle parti, messo in evidenza dalla corte territoriale, come pure della prevedibile decisione di rigetto in conformità con precedenti analoghi in materia.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze a pagare a ciascuno dei ricorrenti la somma di Euro 2.750,00, con gli interessi legali dalla domanda;

Condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate, per il primo grado, in complessivi Euro 811, 00, di cui Euro 311,00 per diritti ed Euro 450,00 per onorari, e per la fase di legittimità in Euro 600,00, di cui Euro 500,00 per onorari; oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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