Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 28-09-2011) 18-10-2011, n. 37522 Omicidio colposo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 24732 dell’1 luglio 2010, la Sezione Quarta Penale di questa Corte confermava la sentenza del 25 febbraio 2009 della Corte d’Appello di Campobasso nella parte in cui dichiarava la penale responsabilità di B.A.M. in ordine ai reati di cui agli artt. 113, 449 e 434 c.p., art. 589 c.p., commi 1 e 3 per aver cooperato, quale sindaco pro tempore del Comune di San Giuliano di Puglia unitamente ad altri, mediante azioni ed omissioni, a determinare le condizioni per il crollo della scuola (OMISSIS) ubicata in quel comune, consentendo, favorendo ed illecitamente autorizzando, inoltre, la indebita frequentazione dell’edifico scolastico da parte di alunni, insegnanti, personale amministrativo e pubblico e così cagionando, in occasione di un evento sismico in data 31 ottobre 2002, il crollo di detto edificio e la morte di 28 persone (27 bambini ed un’insegnante) e lesioni personali ad altre 39 (bambini, insegnanti ed operatori scolastici).

Avverso la suddetta pronuncia, il predetto proponeva ricorso ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p..

Premessa un’articolata descrizione della vicenda processuale, lamentava che la decisione della Sezione Quarta doveva ritenersi frutto di una errata percezione, da parte del Collegio, della realtà risultante dagli atti e dai documenti di causa e, per tali ragioni, meritevole di essere corretta e riformata.

Deduceva, in particolare:

– 1. che la Corte di cassazione aveva errato nel ritenere corretta la sentenza della Corte d’Appello di Campobasso laddove affermava che il crollo della scuola era da addebitarsi ad esso ricorrente e agli altri imputati per aver autorizzato la soprelevazione di una piccola parte della scuola pregiudicando, così, la stabilità dell’edificio.

Ciò in quanto non si era tenuto conto delle risultanze della perizia disposta dal G.I.P., che evidenziava l’esecuzione di interventi i quali avevano richiesto il taglio di una trave in cemento armato e la presenza di un disassamento di una parete.

Tali evenienze, se tenute nel debito conto, avrebbero dimostrato la fondatezza del vizio di illogicità della motivazione opportunamente denunciato – 2. La sentenza era errata anche nella parte in cui aveva ritenuto corretta la tesi della Corte territoriale in merito all’applicabilità della normativa antisismica pur in mancanza di un inserimento del comune di San Giuliano negli elenchi delle zone antisismiche.

– 3. Nel valutare la sua posizione, la Corte aveva errato nel rinvenire un profilo omissivo a lui addebitabile in merito ad un atteggiamento di negligente inerzia a fronte di sollecitazioni ricevute in relazione all’acquisizione di documentazione inerente l’edifico scolastico, smentito dalla deposizione di un teste e fondato, quindi, su un evidente travisamento del fatto.

– 4. La Corte aveva respinto le censure mosse alla sentenza di secondo grado sul presupposto che le stesse integravano un nuovo esame nel merito a fronte di una pronuncia connotata da logicità e coerenza in realtà inesistenti, poichè tale valutazione si fondava su circostanze errate tutte risultanti dalla sentenza impugnata e dalla documentazione espressamente richiamata che indicava.

– 5. La sentenza aveva ignorato la rilevante circostanza che nel corso del suo mandato l’amministrazione comunale aveva proceduto alla sola parziale sopraelevazione di una parte della scuola, peraltro da altri progettata, realizzata e collaudata, mentre il crollo aveva interessato l’intera ala scolastica, la quale aveva già subito danni dalle scosse sismiche della notte precedente.

Insisteva pertanto per l’accoglimento del ricorso.

In data 22 settembre 2011 veniva depositata in cancelleria memoria di replica nell’interesse delle parti civili con la quale si richiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Occorre preliminarmente ricordare quale sia l’ambito di operatività dell’art. 625 bis c.p.p. delineato dalla giurisprudenza di questa Corte.

Le Sezioni Unite di questa Corte (SS. UU. n. 16103, 30 aprile 2002) hanno a tale proposito precisato che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità che giustifica l’applicazione dell’art. 625 bis c.p.p. consiste in un "errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso".

Nella motivazione viene ulteriormente precisato che: se la causa dell’errore non è identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio; sono estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, nonchè gli errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, dovendosi questi ultimi far valere – anche se risoltisi in travisamento del fatto – soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie; l’operatività del ricorso straordinario non può essere limitata alle decisioni relative all’accertamento dei fatti processuali, non risultando giustificata una simile restrizione dall’effettiva portata della norma in quanto l’errore percettivo può cadere su qualsiasi dato fattuale.

Ulteriori considerazioni sono state svolte in una successiva decisione (Sez. 1 n. 17362, 23 aprile 2009) ove, tenendo ben presenti i principi indicati dalle Sezioni Unite, si è ricordato come l’art. 625 bis c.p.p. sia stato introdotto dalla L. 26 marzo 2001, n. 128, art. 6, comma 6 su espressa sollecitazione della Corte Costituzionale (sentenza 395/2000) e sul modello di analogo istituto previsto dal codice di procedura civile, che in relazione a detta disposizione possono ritenersi formati canoni interpretativi consolidati e recepiti anche dalla dottrina proprio in ragione della sua origine e della elaborazione sviluppatasi con riferimento alla corrispondente norma processualcivilistica.

Data tale premessa, viene richiamata l’attenzione sulla circostanza, pure evidenziata dalle SS. UU., che l’introduzione dell’art. 625 bis c.p.p., sebbene abbia fatto venir meno il carattere di assolutezza della regola dell’intangibilità dei provvedimenti della Corte di Cassazione, non ne ha comunque escluso il ruolo determinante di cardine del sistema delle impugnazioni e della formazione del giudicato e dello stesso sistema processuale nonchè di basilare sostegno al principio che le disposizioni in materia di ricorso straordinario, per la loro natura derogatoria alla suddetta intangibilità, non possono trovare applicazione al di fuori dei casi specificamente considerati in forza del divieto di cui all’art. 14 disp.gen..

Si aggiunge, poi, che la specificità della disposizione ne limita l’applicazione al solo errore di fatto costituito da sviste o errori di percezione nei quali sia incorsa la Corte di Cassazione nella lettura degli atti del giudizio di legittimità che sia, inoltre, caratterizzato dall’influenza esercitata sulla decisione (in tal senso "viziata") dalla inesatta percezione di risultanze processuali, il cui travisamento porti ad una sentenza diversa da quella che sarebbe stata adottata senza l’errore e la cui ingiustizia o invalidità costituiscono effetto dell’errore medesimo.

Alla luce di tali considerazioni la menzionata decisione, richiamando altri arresti giurisprudenziali, ribadisce che non possono essere dedotti errori valutativi o di giudizio; che l’errore di fatto deve concretarsi in una inesatta percezione di risultanze direttamente ricavabili da atti relativi al giudizio di Cassazione e, richiamando la terminologia utilizzata dell’art. 395 c.p.c., n. 4, nel supporre "la esistenza di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa" ovvero nel supporre "l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita": e purchè tale fatto non abbia rappresentato "un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunziare", anche implicitamente ovvero che appartenga per legge al dibattito processuale in quanto questione rilevabile d’ufficio;

l’errore di fatto deve rivestire "inderogabile carattere decisivo";

che l’errore può consistere anche nell’omissione dell’esame di uno o più motivi di ricorso, sebbene entro determinati limiti, specificamente menzionati.

Sulla base di tali principi, che il Collegio condivide e dai quali non intende discostarsi, appare di tutta evidenza che la sentenza è del tutto esente da quegli errori che, con argomentazioni palesemente infondate, il ricorrente ritiene di rilevare nella motivazione.

Tale manifesta infondatezza emerge inequivocabilmente dalla semplice lettura dei motivi di ricorso in precedenza sintetizzati, il cui contenuto è solo apparentemente riferibile ai presupposti per l’applicabilità dell’art. 625 bis c.p.p..

Va poi rilevato, come peraltro correttamente indicato nella memoria prodotta dalle parti civili, che tutti gli errori di fatto asseritamente riscontrabili nella sentenza della Quarta Sezione Penale di questa Corte sono insussistenti, avendo quel Collegio esaminato compiutamente tutte le circostanze inerenti la vicenda processuale. E così, ad esempio, si è tenuto in considerazione il dato fattuale inerente al taglio di una trave ed al disassamento dell’edificio (del quale viene dato conto nella premessa della richiamata sentenza), del contestato inserimento del Comune di San Giuliano negli elenchi delle zone antisismiche, nonchè di tutti gli ulteriori elementi configuranti la ritenuta colpa del ricorrente.

Il ricorso si risolve, dunque, in un palese tentativo di porre nuovamente in discussione l’esito del giudizio attraverso la denuncia di supposti errori che non si configurano, comunque, in una difettosa rappresentazione percettiva perchè inerenti al contenuto valutativo della decisione e, come tali, estranei all’ambito di applicazione dell’art. 625 bis c.p.p. come sopra delineato.

In altre parole, quello che il ricorrente intende far rilevare è un ipotetico errore di giudizio non proponibile attraverso il ricorso straordinario.

Va peraltro rilevato che, da quanto è dato desumere dalla sentenza oggetto di ricorso straordinario, le questioni prospettate sotto altra forma in questa sede erano già state offerte in esame, quantomeno in parte, con i motivi di ricorso avverso la sentenza della Corte territoriale.

Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende, di una somma determinata, equamente, in Euro 1.000,00 tenuto conto del fatto che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità" (Corte Cost. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti ciascuno al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle Ammende, oltre alla rifusione delle spese alle parti civili in solido che liquida in Euro 3.500,00 per quelle assistite dall’Avv. Massimo Di Noia ed Euro 5.000,00 per quelle assistite dall’Avv. Sante Foresta oltre a d IVA ed accessori di legge.

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