Cass. civ. Sez. I, Sent., 02-04-2012, n. 5261 Ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con il decreto impugnato il tribunale di Parma ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del fallimento della s.r.l. Jam Session in liquidazione proposta dalla s.p.a. Aspra Finance (e per essa dalla mandataria UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK s.p.a.) la quale lamentava l’esclusione del credito di Euro 953.451,63 derivante da contratto di factoring stipulato dalla fallita, di cui Euro 761.848,36 per anticipazioni e per la restante parte per interessi e commissioni.

Contro il decreto del tribunale la banca opponente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo.

Resiste con controricorso la curatela intimata la quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso non essendo state impugnate tutte le ragioni poste a base della decisione.

Nei termini di cui all’art. 378 c.p.c. le parti hanno depositato memoria.

2.- Con l’unico motivo di ricorso la banca ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1366, 1832, 2704 e 2710 c.c. e art. 45, L. Fall., e dei principi generali in tema di opponibilità degli atti al fallimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.p., nn. 3 e 5. Deduce che, contro i principi generalmente applicati dalla giurisprudenza di legittimità e risultanti chiaramente dall’art. 1832 c.c., il tribunale ha sostenuto l’irrilevanza del contratto di apertura del conto, degli estratti conto e del certificato notarile del saldo debitore, contraddicendosi con il richiamo dell’art. 2710 c.c..

Per contro, applicando corretti principi giuridici, pur considerando il curatore terzo nel procedimento di accertamento del passivo, il tribunale sarebbe pervenuto a decisione opposta se avesse ritenuto il contratto di apertura del rapporto di factoring e il documento di sintesi opponibili al curatore per la presenza di data certa sul retro del contratto e del documento di sintesi agli atti del presente giudizio.

3.- L’unico motivo di ricorso è infondato. Invero, il tribunale, accertata l’anteriorità della stipula del contratto rispetto alla sentenza di fallimento, ha ritenuto infondata l’opposizione perchè esclusa l’operatività dell’art. 2710 c.c. nei confronti della curatela fallimentare – la banca opponente non aveva assolto all’onere "di dare piena prova del suo credito, attraverso la documentazione relativa alle singole operazioni poste in essere nello svolgimento del conto, che, ai sensi dell’art. 119, Legge Bancaria, deve essere conservata dalla banca per dieci anni (C. 9 maggio 2001 n. 6465)". Il giudice del merito, pertanto, pur avendo ritenute fondate le ragioni della banca opponente quanto alla prova dell’anteriorità del contratto di factoring, ha rigettato l’opposizione ritenendo non provato il credito insinuato e, così facendo, ha correttamente applicato il principio per il quale l’istituto di credito, il quale prospetti una sua ragione di credito verso il fallito derivante da un rapporto obbligatorio regolato in conto corrente e ne chieda l’ammissione allo stato passivo, ha l’onere, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, di dare piena prova del suo credito, assolvendo al relativo onere secondo il disposto della norma generale dell’art. 2697 cod. civ. attraverso la documentazione relativa allo svolgimento del conto, senza poter pretendere di opporre al curatore, stante la sua posizione di terzo, gli effetti che, "ex" art. 1832 cod. civ., derivano, ma soltanto tra le parti del contratto, dall’approvazione anche tacita del conto da parte del correntista, poi fallito, e dalla di lui decadenza dalle impugnazioni (Sez. 1, Sentenza n. 6465 del 09/05/2001; Sez. 1, Sentenza n. 1543 del 26/01/2006). Peraltro, la decisione impugnata è conforme all’insegnamento per il quale gli artt. 2709 e 2710 cod. civ., che conferiscono efficacia probatoria tra imprenditori, per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa, ai libri regolarmente tenuti, non trovano applicazione nei confronti del curatore del fallimento, il quale agisca non in via di successione in un rapporto precedentemente facente capo al fallito, ma nella sua funzione di gestione del patrimonio di costui, non potendo egli, in tale sua veste, essere annoverato tra i soggetti considerati dalle norme in questione, operanti solo tra imprenditori che assumano la qualità di controparti nei rapporti d’impresa; ne consegue che, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, non assumono la predetta efficacia probatoria le fatture cui si riferiscono i crediti oggetto di domanda di ammissione al passivo da parte di un imprenditore (Sez. 1, Sentenza n. 10081 del 09/05/2011). Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la banca ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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