Cass. civ. Sez. I, Sent., 02-04-2012, n. 5258 Opposizione a dichiarazione di fallimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Linea Costruzioni srl, dichiarata fallita dal Tribunale di Pistoia con sentenza n. 25/10 del 3 marzo 2010,proponeva reclamo avanti la Corte d’appello di Firenze ai sensi dell’art. 18, L. Fall., sostenendo che: 1) le notifiche non erano regolari in quanto la società non svolgeva alcuna attività presso la sede legale dov’era stata eseguita la notifica per compiuta giacenza ed il suo amministratore unico aveva cambiato residenza rispetto al luogo dov’erano state indirizzate le notifiche; 2) non sussisteva lo stato d’insolvenza perchè dalla bozza di bilancio 2009 emergeva addirittura un utile di 10.970,01 Euro e la società possedeva partecipazioni per un valore nominale di 1.200.000 Euro anche se, in effetti, si trovava in un periodo di carenza di liquidità per cui aveva debiti verso le banche per oltre 604.000 Euro.

Si costituiva la BNL, creditore procedente che osservava che: 1) le notifiche erano state eseguite presso i luoghi risultanti dalle certificazioni camerali e verificati anche dalla Guardia di Finanza:

2) la soc. Linea Costruzioni non era in grado di soddisfare con regolarità le proprie obbligazioni e ciò bastava per far ritenere sussistente lo stato di insolvenza. La Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 1626 del 2010, rigettava il reclamo.

Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione la Linea Costruzioni srl sulla base di quattro motivi cui resiste con controricorso illustrato con memoria la BNL.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente contesta la regolarità della notifica per l’assoluta equivocità e contraddittorietà della relata. Con il secondo motivo contesta la regolarità della notifica per l’assoluta mancanza di identificazione del soggetto abilitato a ricevere gli atti. Con il terzo motivo deduce la contraddittorietà e l’insufficienza della motivazione relativamente alla identificazione e indicazione delle generalità del soggetto incaricato alla ricezione degli atti. Con il quarto motivo deduce il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dello stato d’insolvenza.

I primi tre motivi del ricorso investendo diversi aspetti della medesima questione possono essere esaminati congiuntamente. La notifica è avvenuta a mezzo posta presso la sede legale e, a seguito di rifiuto della persona colà rinvenuta (tale sig. A.) a ricevere l’atto, l’ufficiale postale ha eseguito i successivi adempimenti prescritti dall’art. 140 c.p.c. e la notifica si è perfezionata per compita giacenza. L’eccezione di nullità della notifica per mancata esatta identificazione del soggetto incaricato a ricevere gli atti (secondo e terzo motivo) è priva di fondamento.

Il ricorrente si duole che l’ufficiale postale recatosi presso la sede della società abbia rinvenuto un certo " A." non meglio specificato il quale si rifiutava di prendere in consegna il plico senza che di detto Amerigo fossero indicate le esatte generalità.

Questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che nella notificazione eseguita ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., in caso di rifiuto della persona abilitata al recapito di ricevere in consegna il piego raccomandato, non è richiesta dalla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, comma 1, la menzione sull’avviso di ricevimento del nome e cognome della persona che rifiuta e la sua qualità, essendo tenuto l’agente postale in tutte le ipotesi di mancata consegna dell’atto esclusivamente al deposito del medesimo presso l’ufficio postale e a notiziarne il destinatario mediante avviso a mezzo raccomandata. L’identificazione del soggetto e l’indicazione della sua qualità sono, infatti, necessarie soltanto nell’altra ipotesi regolata dall’art. 8, comma 1, della citata Legge riguardante il rifiuto da parte della persona abilitata di firmare l’avviso di ricevimento, pur avendo provveduto alla ricezione del piego. (Cass 2755/11). Va infatti osservato che l’invocata L. n. 890 del 1982, art. 8 dispone, ai primi due commi "1. Se il destinatario o le persone alle quali può farsi la consegna rifiutano di firmare l’avviso di ricevimento, pur ricevendo il piego, ovvero se il destinatario rifiuta il piego stesso o di firmare il registro di consegna, il che equivale a rifiuto del piego, Vagente postale ne fa menzione sull’avviso di ricevimento indicando, se si tratti di persona diversa dal destinatario, il nome ed il cognome della persona che rifiuta di firmare nonchè la sua qualità; appone, quindi, la data e la propria firma sull’avviso di ricevimento che è subito restituito al mittente in raccomandazione, unitamente al piego nel caso di rifiuto del destinatario di riceverlo. La notificazione si ha per eseguita alla data suddetta. 2. Se le persone abilitate a ricevere il piego, in luogo del destinatario, rifiutano di riceverlo, ovvero se l’agente postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate il piego è depositato lo stesso giorno presso l’ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza. Del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l’ufficio postale o una sua dipendenza è data notizia al destinatario, a cura dell’agente postale preposto alla consegna, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d’ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda".

E’ chiaro come il ricorrente, dopo aver riferito, in fatto, che l’ufficiale postale ha dato atto che "… l’addetto al recapito dichiara di non aver potuto consegnare il plico per rifiuto della persona abilitata …", confonda poi, in diritto, le disposizioni dei due riportati commi, dacchè "solo il primo, relativo all’ipotesi della consegna del plico regolarmente effettuata ma a mani di persona che ha rifiutato di firmare l’avviso di ricevimento, prevede l’identificazione del soggetto che quel rifiuto abbia opposto, mentre il secondo, relativo alla diversa ipotesi del rifiuto tout court di ricevere in consegna il plico da parte della o delle persone interpellate, non pone a carico dell’agente alcun onere d’identificare l’autore o gli autori del rifiuto.

Poichè la riferita ipotesi della consegna non avvenuta per rifiuto del ritiro da parte del soggetto interpellato non comporta, dunque, il detto onere di identificazione, la mancata indicazione nella relata redatta dall’agente dell’identità del soggetto che aveva opposto il rifiuto non viola alcuna disposizione di legge e non determina alcuna nullità della notificazione. La relata di notifica non risulta inoltre contraddittoria (primo motivo di ricorso).

Risulta infatti sbarrata la casella "per rifiuto del destinatario del plico" è poi indicato "per rifiuto della persona abilitata A." ed infine" per temporanea assenza del destinatario mancanza". Tali indicazioni sono solo apparentemente contraddittorie.

Da esse può infatti desumersi che l’ufficiale postale, non avendo trovato rappresentanti della società, ed essendo presente presso la sede il sig. A., individuato come persona incaricata alla ricezione (e tale accertamento, rivestendo la relata di notifica la qualità di atto pubblico, non è contestabile se non a mezzo di querela di falso nella specie non proposta), abbia cercato di consegnare il plico al medesimo e, a seguito del suo rifiuto, abbia poi indicato che questo era stato opposto dalla persona indicata alla ricezione ed ha, quindi, considerato che detto rifiuto fosse addebitabile al destinatario dello stesso sbarrando altresì la corrispondente casella.

D’altra parte, va osservato che, anche se la notifica non fosse andata a buon fine a causa della mancanza del destinatario e di addetti alla ricezione, la stessa si sarebbe comunque realizzata per compiuta giacenza, essendo gli adempimenti successivi previsti per il caso di rifiuto della ricezione ovvero per la mancanza del destinatario ed essendo incontestato che gli stessi furono regolarmente compiuti.

I tre motivi sono quindi infondati.

Il quarto motivo è inammissibile.

La Corte d’appello ha ritenuto con valutazione di merito logicamente corretta, e, come tale, non sindacabile in sede di legittimità, che quanto dichiarato dalla ricorrente in sede di reclamo circa la presenza di momentanee carenze di liquidità che rendevano talvolta difficile il pagamento di quanto dovuto a terzi creditori ed in particolare alle banche (che nel loro insieme alla data del 31.12.09 vantavano crediti per un importo complessivo di Euro 604.017,59), costituisse valore confessorio di una situazione di insolvenza poichè implicitamente riconosceva l’impossibilità a far fronte alle obbligazioni nei confronti del sistema bancario.

Il ricorso va quindi respinto. Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 3000,00 per onorari oltre Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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