T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, Sent., 17-11-2011, n. 1705

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, cittadino del Kossovo, nato il 1 luglio 1992, è giunto in Italia ancora minorenne il 30 settembre 2008, ed è stato affidato ad un’apposita struttura presso la quale ha frequentato dei corsi formativi e dei tirocini, con la nomina di un tutore.

In data 5 giugno 2009 ha chiesto alla Questura di Treviso la conversione del permesso di soggiorno per minore età, rilasciatogli il 7 ottobre 2008, in permesso di soggiorno per attesa occupazione, indicando l’esistenza di una promessa di assunzione da parte di una ditta (la N. Srl di Villa Santina, in Provincia di Udine).

Con provvedimento del 5 agosto 2010, la Questura ha respinto l’istanza ritenendo il permesso di soggiorno del ricorrente non convertibile per effetto della sopravvenuta legge 15 luglio 2009, n. 94, che all’articolo 1, comma 22, lettera v), ha modificato l’art. 32, comma 1 bis, del Dlgs. 25 luglio 1998, n. 286, disponendo che anche i minori affidati o sottoposti a tutela debbano rispettare appositi requisiti ai fini della convertibilità del permesso di soggiorno per minore età, consistenti nella presenza almeno triennale in Italia e nell’aver seguito per almeno due anni un progetto di integrazione sociale.

Con il ricorso in epigrafe tale provvedimento è impugnato per le censure di violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, omessa istruttoria, travisamento ed erronea individuazione delle norme applicabili alla fattispecie.

L’Amministrazione, costituitasi in giudizio, ha chiesto la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. 83 del 20 gennaio 2011, è stata respinta la domanda cautelare.

La III Sezione del Consiglio di Stato con ordinanza n. 1378 del 25 marzo 2011, in appello ha motivatamente accolto la domanda cautelare proposta in primo grado.

Alla pubblica udienza del 20 ottobre 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. Ad un più approfondito esame di quello compiuto in sede cautelare, sollecitato anche dalla pronuncia cautelare del Consiglio di Stato e dalle più recenti pronunce intervenute sul punto, il ricorso si rivela fondato e deve essere accolto.

Ai fini di una migliore comprensione dei termini della controversia è necessario ripercorrere le modifiche che si sono succedute nel tempo con riguardo alla possibilità o meno per i minori di convertire il permesso di soggiorno per minore età in permesso di soggiorno per lavoro, studio o attesa occupazione.

Il testo originario dell’art. 32 del testo unico di cui al Dlgs. 25 luglio 1998, n. 286, nel quale è stato trasfuso l’art. 30 della legge 6 marzo 1998, n. 40, prevedeva, al compimento della maggiore età, la convertibilità del permesso di soggiorno per minore età dei figli minori degli stranieri regolarmente soggiornanti e dei minori affidati ai sensi degli artt. 2 e 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, senza restrizioni.

Il legislatore è successivamente intervenuto per impedire l’incondizionata conversione dei permessi di soggiorno per minore età rilasciati ai minori non accompagnati.

Per minore non accompagnato, come previsto dall’art. 1, comma 2, del DPCM 9 dicembre 1999, n. 535 (Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri, a norma dell’art. 33, commi 2 e 2bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286) "s’intende il minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell’Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano".

Il comma 1 dell’art. 25, della legge 30 luglio 2002, n. 189, ha quindi aggiunto i commi 1 bis, 1 ter e 1 quater prevedendo che la convertibilità dei permessi di soggiorno dei minori non accompagnati fosse subordinata all’attestazione della loro presenza sul territorio nazionale da almeno tre anni al momento del compimento della maggiore età, e della frequenza almeno biennale di un progetto di integrazione gestito da un ente pubblico o privato iscritto in un apposito registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

A seguito di questa innovazione normativa parte della giurisprudenza, condividendo un’interpretazione restrittiva più aderente alla volontà del legislatore, ha ritenuto che le condizioni restrittive introdotte dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, fossero pienamente operanti per i minori per i quali fosse stato nominato un tutore, sostenendo che in mancanza della presenza triennale e della partecipazione al programma di integrazione biennale il minore sottoposto a tutela non potesse convertitore il permesso di soggiorno per minore età.

Altra parte della giurisprudenza ha invece ritenuto che la nomina di un tutore equivale all’affidamento di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, ritenendo quindi convertibile anche il permesso di soggiorno del minore sottoposto a tutela, al pari di quello del minore affidato, indipendentemente dalla presenza delle più rigorose condizioni innovativamente introdotte dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.

La Corte Costituzionale con sentenza interpretativa di rigetto 5 giugno 2003, n. 198, ha affermato che un’interpretazione meramente letterale dell’ art. 32, comma 1, del Dlgs. 25 luglio 1998, n. 286, avrebbe condotto ad un sicuro conflitto con i valori personalistici che caratterizzano la nostra Costituzione ed in particolare con quanto previsto dall’art. 30, secondo comma, e dall’art. 31, secondo comma, e avrebbe quindi determinato fondati dubbi di ragionevolezza, ed ha quindi respinto la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento all’art. 32 del Dlgs. 25 luglio 1998, n. 286, affermando la necessità di aderire ad un’interpretazione estensiva ed analogica della norma che fa riferimento ai minori "comunque affidati ai sensi dell’art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184", rendendo per tale via non applicabili ai minori sottoposti a tutela le più rigorose condizioni per la convertibilità del permesso di soggiorno per minore età, operanti in tal modo per la sola categoria dei minori non accompagnati non sottoposti a tutela.

Una tale interpretazione ha di fatto ristretto notevolmente l’ambito di operatività della norma introdotta dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, in quanto lo status di minore non accompagnato per sua natura ha carattere transitorio, atteso che, quando è rinvenuto di un minore non accompagnato, vi è l’obbligo di collocarlo in luoghi sicuri (cfr. art. 403 c.c.) e di nominare sollecitamente un tutore ai sensi dell’art. 3 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e degli artt. 343 e ss. c.c. (l’art. 346 c.c afferma che il giudice tutelare debba procedere alla nomina del tutore "appena avuta notizia del fatto da cui deriva l’apertura della tutela").

2. In tale contesto è intervenuta la legge 15 luglio 2009, n. 94, che in un’ottica nuovamente restrittiva volta a sottoporre a più rigorose condizioni la convertibilità dei permessi di soggiorno per minore età, ha modificato nuovamente l’art. 32 del Dlgs. 25 luglio 1998, n. 286, prevedendo che sia per i minori non accompagnati, che per i minori affidati e per quelli sottoposti a tutela, è sempre necessaria, ai fini della convertibilità dei permessi di soggiorno, l’attestazione della loro presenza sul territorio nazionale da almeno tre anni dal momento del compimento della maggiore età, e della frequenza almeno biennale di un progetto di integrazione gestito da un ente pubblico o privato iscritto in un apposito registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri

Il ricorrente sostiene che tale norma sopravvenuta ratione temporis non può essere applicata al suo caso, atteso che ha fatto ingresso nel territorio nazionale nel 2008, prima dell’entrata in vigore della legge sopravvenuta.

Il Collegio condivide tale opzione interpretativa, anche in un ottica costituzionalmente orientata, per il rilievo che la più restrittiva norma sopravvenuta "si applica ai minori affidati dopo la sua entrata in vigore, o anche affidati prima, ma che compiano la maggiore età almeno due anni dopo l’entrata in vigore della citata legge, in modo da consentire a tali soggetti di partecipare al progetto biennale" (in tali termini cfr. ordd. Consiglio di Stato, Sez. VI, nn. 4232 e 4234 del 15 settembre 2010; l’orientamento è condiviso anche da Tar Lazio, Roma, Sez. II, 20 aprile 2011, n. 3491).

Invero tale interpretazione ha ricevuto l’avallo della stessa Corte Costituzionale la quale, con ordinanza 21 luglio 2011, n. 222, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tar Piemonte, Sez. II, 10 febbraio 2011, n. 130, delle innovazioni introdotte dalla 15 luglio 2009, n. 94, per la necessità "anche alla luce dell’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, di dover privilegiare l’interpretazione secondo cui la legge n. 94 del 2009 non può trovare applicazione in ordine a coloro che hanno maturato i requisiti per la conversione del permesso di soggiorno anteriormente alla sua entrata in vigore" e di dover ritenere "che, quindi, la novella in questione si applica ai minori affidati dopo la sua entrata in vigore, o anche affidati prima, ma che compiano la maggiore età almeno due anni dopo l’entrata in vigore della citata legge, in modo da consentire agli stessi di partecipare al progetto biennale".

Quanto esposto esaurisce il thema decidendum della controversia all’esame, ma per completezza va anche soggiunto che ora è lo stesso legislatore ad essersi allineato alle esigenze di salvaguardia degli interessi dei minori, di ragionevolezza intrinseca della norma e di rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali cui si è ripetutamente richiamata la giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia, procedendo ad un’ulteriore modifica dell’art. 32 del Dlgs. 25 luglio 1998, n. 286, con l’articolo 3, comma 1, lettera gbis), numeri 1) e 2), del decreto legge 23 giugno 2011, n. 89, convertito, con modificazioni, in legge 2 agosto 2011, n. 129, a seguito della quale è ora ammessa la convertibilità del permesso di soggiorno dei minori stranieri non accompagnati affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri, senza più la necessità di rispettare le condizioni di aver frequentato un progetto biennale di integrazione e di essere presenti in Italia da almeno un triennio dalla data di compimento della maggiore età, ferma restando l’applicabilità di tali rigorosi presupposti ai soli minori non accompagnati non affidati e non sottoposti a tutela.

Anche da tale modifica legislativa possono essere ricavati argomenti che rafforzano la necessità di dare un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme nel senso prospettato nel ricorso.

In definitiva da quanto esposto emerge dunque l’inapplicabilità ratione temporis della legge 15 luglio 2009, n. 94, al caso in esame, e il ricorso deve essere accolto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l’Amministrazione resistente alla rifusione delle spese di lite in favore della parte ricorrente, liquidandole in complessivi Euro 3000,00, per spese, diritti, onorari, oltre i.v.a. e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Di Nunzio, Presidente

Elvio Antonelli, Consigliere

Stefano Mielli, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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