Cass. civ. Sez. I, Sent., 02-04-2012, n. 5249 Pronuncia sulle spese

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Z.M. e B.R., soci insieme con G. E. e G.M. della s.a.s. Pub Fantasy di Zarini e Gallotti costituita nell’agosto 1988, premesso che con scrittura privata del 14 settembre 1989 i soci avevano deciso di sciogliere la società affidando la gestione dell’azienda in via esclusiva a G.E. la quale avrebbe dovuto provvedere, insieme con G.M., ad avviare la procedura formale per lo scioglimento, nel marzo 1990 convennero questi ultimi dinanzi al Tribunale di Avezzano per sentir dichiarare lo scioglimento della società e condannare i convenuti al pagamento – convenuto nella citata scrittura del settembre 1989 – in favore dello Z. dei lavori di muratura e tinteggiatura da lui eseguiti nei locali in cui aveva sede la società stessa, stimati in L. 6.284.690. G. E. e M. si costituirono contestando le domande di controparte e chiedendo, in via riconvenzionale, il rimborso della metà (pari a L. 175.000) di una parcella dovuta al geometra Pa. (per la stima dei lavori eseguiti dallo Z.) ed alla restituzione di parte (pari a L. 658.373) di un importo corrisposto da G.M. agli altri soci per le rimanenze di magazzino, che in base a verifiche successive erano risultate di alore inferiore. Nel corso del giudizio, intervenne volontariamente G.P., chiedendo il rigetto della domanda di pagamento proposta dallo Z., giacchè i lavori erano stati eseguiti in un immobile di proprietà di esso interventore e senza il suo consenso, e formulò domanda di condanna dello Z. al pagamento di una somma portata da un assegno ed al rimborso di alcune somme anticipate in relazione alla attività della società. 2. Il Tribunale, espletate c.t.u. e prova testimoniale, dichiarò cessata la materia del contendere in ordine alla domanda di declaratoria dello scioglimento della società – cui nelle more le parti, con atto pubblico del giugno 1991, avevano già provveduto -, condannò G.E. e M. a pagare allo Z., per i lavori eseguiti in favore della società, la somma di L. 9.020.880 oltre interessi legali e rigettò le altre domande dei convenuti e dell’interventore, ponendo le spese di lite a carico di questi ultimi. 3. Proponevano appello G.E., M. e P., deducendo, in primo luogo, che la declaratoria di cessazione della materia del contendere avrebbe dovuto estendersi anche alla domanda di pagamento proposta dallo Z., il quale aveva sottoscritto, contestualmente alla stipula dell’atto pubblico del giugno 1991, una quietanza liberatoria relativa a tale credito;

in subordine, contestavano sotto più profili l’esattezza della stima dei lavori operata dal primo giudice. Si dolevano inoltre del rigetto delle rispettive domande di rimborso di somme. 4. La Corte d’appello di L’Aquila ha accolto il primo motivo di appello, dichiarando con seguentemente assorbiti i motivi relativi alla stima dei lavori eseguiti dallo Z.; ed ha rigettato (ritenendoli in parte inammissibili) gli altri motivi. Ha rilevato, quanto alla quietanza liberatoria, prodotta in primo grado dai convenuti G., che l’unica contestazione espressa al riguardo dallo Z., quella relativa alla mancanza di data della scrittura, era priva di rilevanza, atteso il riferimento all’atto pubblico del giugno 1991 contenuto nella dichiarazione.

Ha inoltre osservato, quanto alle domande di rimborso di E. e G.M., che non vi era alcuna valida prova del pagamento di somme a favore del Geom. Pa., e che gli appellanti non avevano censurato il rilievo espresso dal Tribunale ai sensi dell’art. 1975 cod. civ. per escludere il diritto del G. alla restituzione di parte della somma corrisposta in base all’accordo transattivo del settembre 1989. Analoga argomentazione ha infine esposto in relazione alla domanda di rimborso di G. P., che il Tribunale aveva rigettato in base a due distinte ragioni, una sola delle quali censurata dall’appellante. Quanto alle spese del processo, premesso che l’accoglimento sia pure parziale dell’appello comporta un nuovo regolamento ex art. 336 c.p.c., ha osservato la Corte che, alla stregua dell’esito finale della lite, da verificarsi sulla base di una valutazione globale ed unitaria, le spese di entrambi i gradi dovevano porsi a carico dei G., che risultavano soccombenti, sia pure virtualmente attesa la cessazione della materia del contendere sulle domande fondatamente proposte da Z. e B..

5. Avverso tale sentenza, resa pubblica il 30 maggio 2005, Z. M. e B.R. hanno proposto ricorso a questa Corte sulla base di un motivo. Resistono G.E., P. e M. con controricorso e ricorso incidentale. I ricorrenti principali hanno depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1. Si impone innanzitutto, a norma dell’art. 335 cod. proc. civ., la riunione delle due impugnazioni separate proposte nei confronti della medesima sentenza.

2. Ricorso principale:

Z. e B. denunciano "la violazione e falsa applicazione delle norme che sovrintendono alle prove", nonchè vizio di motivazione. Sostengono: a)che la dichiarazione dello Z. sarebbe stata prodotta irritualmente in primo grado da controparte all’udienza del 26.3.96 senza alcuna verbalizzazione, e che ciò, contrariamente a quanto afferma la Corte d’appello, sarebbe stato contestato a verbale dal loro procuratore all’udienza successiva; b) che in ogni caso tale dichiarazione sarebbe stata erroneamente ritenuta dalla Corte d’appello quale prova del pagamento della somma relativa ai lavori eseguiti, atteso che, da un lato, la dichiarazione si riferirebbe ad altro credito nei confronti della società, dall’altro G.E. e M. non avevano mai affermato di aver corrisposto la somma dovuta. 2.1 Tali censure non possono trovare ingresso. Sotto il primo profilo, le affermazioni dei ricorrenti – peraltro puntualmente contestate dalle controparti in controricorso – tendono ad evidenziare una omessa considerazione da parte del giudice di merito delle risultanze di due atti del processo, i verbali delle udienze del 26.3. e 12.11.1996, senza trascriverne il contenuto, in tal modo precludendo al Collegio il controllo riservato a questo giudizio di legittimità, senza ricorrere ad inammissibili indagini integrative onde sopperire a tale lacuna (cfr. ex multis Cass. n. 6023/09; n. 17915/10; n. 15607/11).

Sotto il secondo profilo, premesso che spetta solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, deve rilevarsi come la critica dei ricorrenti non tenda ad ottenere da questa Corte di legittimità il dovuto controllo, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, dell’esame e della valutazione compiuti dal giudice del merito, bensì solleciti la Corte stessa ad un autonomo riesame del merito della causa, precluso in questa sede.

3. Ricorso incidentale:

G.E., P. e M. censurano la statuizione sulle spese del doppio grado. Denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. e vizio di motivazione, deducendo: a) che la Corte di merito avrebbe erroneamente posto a loro carico le spese, in base all’esito finale della lite – che però non li vedrebbe soccombenti essendo stato accolto il loro primo motivo di appello – ed in base alla valutazione globale ed unitaria della lite, senza però esaminare il secondo e terzo motivo di appello, considerati assorbiti; b) che inoltre la sentenza impugnata ha erroneamente provveduto a riliquidare le spese di primo grado, aumentando la somma già liquidata dal tribunale, senza che vi fosse richiesta in tal senso delle controparti. 3.1 Tali doglianze sono prive di fondamento. La Corte di merito ha rettamente applicato, da un lato, il principio della c.d. soccombenza virtuale – stante la sopravvenuta cessazione della materia del contendere per essere stato nelle more estinto il credito azionato da Z. e B., e sciolta la società tra le parti – e, dall’altro, ha verificato tale soccombenza alla luce di una valutazione globale ed unitaria del processo, che dunque non consente nella specie di attribuire rilevanza decisiva all’accoglimento del primo motivo di appello dei G. diretto ad estendere alla domanda delle controparti la statuizione in ordine alla cessazione della materia del contendere, ed invece considera la fondatezza originaria di tale domanda e ne trae le dovute conseguenze anche in base al profilo della c.d. causalità delle spese. Quanto al nuovo regolamento delle spese del giudizio di primo grado, ad esso è tenuto, anche d’ufficio, il giudice di secondo grado che riformi, anche in parte, la sentenza di primo grado, e ciò in base al disposto dell’art. 336 cod. proc. civ. che prevede il c.d. effetto espansivo della riforma in appello (cfr. ex multis Cass. n. 5988/01; n. 26985/09; 17523/11).

4. La reciproca socconmbenza giustifica la compensazione tra le parti delle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi, compensando tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2012

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