Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-07-2011) 18-10-2011, n. 37692 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

T.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in data 14 febbraio 2011 del Tribunale di Firenze – Sezione del riesame – con la quale, è stato dichiarato inammissibile per tardività il ricorso in appello del T. avverso il provvedimento con cui, tra l’altro, è stata ordinata la restituzione del bene in sequestro (Trittico del XIV secolo raffigurante "Madonna con bambino tra S. Jacopo e S. Andrea" del Maestro della predella dell’Ashmolean all’Arcidioeesi di Firenze.

A sostegno del ricorso il ricorrente ha dedotto:

a) Violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. e). Errata pronunzia di inammissibilità per presunta tardività dell’impugnazione.

Il ricorrente lamenta l’assoluta incongruenza del giudizio formulato dal Tribunale in ordine alla ritenuta tardività dell’impugnazione proposta. In realtà, secondo il ricorrente l’impugnazione doveva considerarsi tempestiva in quanto ritualmente presentata entro il termine di dieci giorni dall’avvenuta conoscenza, della revoca del sequestro e del provvedimento di restituzione del bene all’Arcidiocesi. Il ricorrente deduce, infatti, di non aver mai avuto conoscenza, non essendogli stato notificato, del provvedimento di revoca del sequestro preventivo da parte del p.m. in data 11 giugno 2010 con conseguente restituzione del trittico all’Arcidiocesi.

Soltanto in data 20 ottobre 2010 il ricorrente avrebbe avuto piena conoscenza del provvedimento del p.m., che dopo il provvedimento emesso in data 12 maggio 2010, di affidamento in custodia del trittico all’Arcidiocesi, ne ha disposto la successiva restituzione appunto in data 11 giugno 2011, previa revoca del sequestro preventivo. Il T. contesta dunque la fondatezza dell’affermazione del TDR secondo il quale gli sarebbe stato regolarmente notificato il provvedimento del 12 maggio 2010, che peraltro non faceva, nè poteva fare, alcun riferimento al dissequestro e alla restituzione ma riportava esclusivamente il mutamento nella persona del custode del bene; nè da tale evento il T. avrebbe potuto inferire l’adozione del successivo provvedimento di dissequestro e restituzione nè comunque potrebbe ipotizzarsi a carico del medesimo un obbligo a impugnare il primo provvedimento in via preventiva.

B) Violazione di legge. Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità.

Il T. lamenta la violazione nei suoi confronti dell’art. 321 c.p.p., che al comma 3 prevede la notifica del decreto del p.m. che dispone la revoca della misura a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione; facoltà di cui il T. era titolare sia in ragione della sua qualità di destinatario del provvedimento di sequestro, che di soggetto titolare del diritto alla restituzione del bene.

C) Violazione di legge in ordine alla ritenuta inammissibilità dell’impugnazione per carenza di interesse.

Il ricorrente sottolinea l’esistenza di un suo interesse all’impugnazione essendo possessore e proprietario legittimo del bene in sequestro, avendolo regolarmente acquistato presso una casa d’aste di primaria importanza ((OMISSIS)). In ogni caso il TdR, preso atto della contestazione sulla proprietà del bene avrebbe dovuto rinviare la decisione al giudice civile ai sensi dell’art. 324 c.p.p., comma 8. D) Carenza totale di motivazione (art. 325 c.p.p., comma 1).

Il ricorrente censura la assenza di motivazione in ordine alla prospettata insussistenza dei requisiti del sequestro preventivo, alle ricadute derivanti dall’annullamento del sequestro probatorio e in ordine all’affermazione dei giudici del riesame, secondo la quale, in base agli accertamenti istruttori il bene doveva essere ritenuto di proprietà dell’Arcidiocesi. Nè sotto tale profilo poteva ritenersi rilevante la intervenuta modifica della persona del custode dell’opera.

E) Illogicità della motivazione.

Secondo il ricorrente sarebbe illogica l’affermazione del TDR secondo la quale non porterebbe alcun vantaggio nei suoi confronti l’eventuale revoca del provvedimento di restituzione e il conseguente ripristino del provvedimento di sequestro preventivo, in costanza di affidamento del bene stesso all’Arcidiocesi; infatti l’impugnazione proposta concerne proprio il dissequestro e la restituzione del trittico all’Arcidiocesi, con conseguente pronuncia sul fumus boni iuris che assisterebbe la sua condizione di proprietario, e comunque sulla richiesta di trasferimento della controversia sul punto al giudice civile.

F) Erroneità della motivazione in ordine alla proprietà del bene.

Il ricorrente censura l’affermazione del TdR secondo la quale l’Arcidiocesi dovrebbe essere riconosciuta come unico Ente proprietario del bene; in realtà non vi sarebbe prova alcuna di tale diritto, mentre al contrario sarebbe evidente la prova dell’acquisto del bene da parte del ricorrente.

G) Sulla proprietà del dipinto.

Il ricorrente sottolinea come da tutta la documentazione prodotta, atti notarili, atti catastali e guide turistiche, la Chiesa di S. Andrea a Rigoni, ove era custodito il dipinto, non risulta di proprietà dell’Arcidiocesi ma di proprietà privata, circostanza che non potrebbe essere superata dalla relazione dei CC del gennaio 2010, redatta senza alcun supporto probatorio documentale, ma in base ad una relazione dell’Avvocatura dello Stato e ad alcuni documenti della Soprintendenza.

Il ricorso è fondato.

Osserva la Corte che preliminarmente deve essere riconosciuto al T. la legittimazione a proporre sia il ricorso davanti al TdR che per cassazione, in quanto, in tema di restituzione di cose sequestrate, la qualifica di "interessato" legittimato a ricorrere avverso il provvedimento del giudice che ha provveduto sulla richiesta deve essere riconosciuto non solo a chi ne ha attivato l’intervento, ma anche a coloro nella cui sfera soggettiva il provvedimento richiesto può produrre conseguenze dirette (v. Cass., sez. 4^, 7 marzo 2008, n. 17044, CED Cass., n. 239540). In questo senso avverso il provvedimento di sequestro preventivo, e degli altri provvedimenti ad esso conseguenti e connessi, devono ritenersi legittimati a proporre impugnazione oltre al soggetto cui le cose sono state sequestrate o a cui dovrebbero essere restituite, anche l’imputato o l’indagato, sempre che abbia un concreto interesse alla proposizione del gravame. In sostanza la legittimazione alla partecipazione all’udienza di fronte al TdR, con diritto alla notifica dell’avviso dell’udienza camerale, o il diritto alla notifica di provvedimenti quali quelli di revoca del sequestro e restituzione del bene, può ritenersi insussistente esclusivamente nei confronti di soggetti titolari di un interesse meramente eventuale, occasionale e inattuale. Tale circostanza deve essere esclusa nel caso in esame, dovendosi ritenere che il T. rientri tra le persone aventi diritto alla restituzione del bene sequestrato, per quanto sopra specificato, per la sua qualità, allo stato, di proprietario; infatti, seppur i non meglio precisati accertamenti dei Carabinieri dimostrerebbero il contrario secondo il TdR e la qualifica di proprietario debba ritenersi sub indice, può essere riconosciuta al T., in base all’acquisto effettuato e certificato presso una casa d’aste di primaria importanza, comunque la qualità di soggetto che abbia il possesso formalmente legittimo o la detenzione del bene, la cui contestazione impone eventualmente la trasmissione degli atti al giudice civile, (v. anche Cass., sez. 3^, 22 aprile 2010, n.26196, CED Cass., n. 247693). Orbene se dunque rientra tra i poteri dell’A.G. procedente, ed anche del TdR, la modifica della parte del provvedimento riguardante la nomina del custode delle cose in sequestro, è innegabile, per quanto sopra affermato, che il T. per la qualifica sostanziale e processuale rivestita, aveva diritto alla notifica del provvedimento di revoca del sequestro e di restituzione del bene all’Arcidiocesi per l’esercizio di una tempestiva impugnazione. Sulla base di queste considerazioni la pacifica omessa comunicazione al ricorrente del provvedimento con cui il P.M. ha disposto in data 11 giugno 2010 la revoca del sequestro e la restituzione del bene all’Arcidiocesi di Firenze nella sua qualità di proprietario comporta una violazione che non può non avere incidenza sulla valutazione della tempestività del ricorso avverso il suddetto provvedimento di fronte al TdR in sede di appello. Nè appare rilevante la circostanza che fosse stato notificato al T. in data 10 giugno 2010 il provvedimento di modifica del custode con l’affidamento del dipinto all’Arcidiocesi, e il suo relativo spostamento dall’abitazione dello stesso T., ove era custodito in virtù del provvedimento di sequestro preventivo del 16 aprile 2010.

Lo spostamento del luogo di custodia può infatti essere stato accettato indipendentemente dal riconoscimento, assolutamente provvisorio, in ordine al titolo di proprietà dell’opera, ma, ad esempio, per mere ragioni di opportunità e di sicurezza stante la controversia insorta. Ed appare una valutazione non condivisibile sotto il profilo logico – consequenziale l’affermazione secondo la quale la prospettazione dell’adozione del successivo provvedimento di revoca doveva essere presunta dall’interessato in base agli esiti delle indagini svolte. Sotto questo aspetto, ad esempio potrebbe assumere valore la volontà di resistenza del T., con riferimento al ricorso proposto avverso il sequestro probatorio di cui ha ottenuto l’annullamento in data 12 febbraio 2010, ed in seguito al quale, incidenter tantum, allo stesso è stata riconosciuta la qualità di proprietario. In ogni caso, al di là della potenziale capacità previsionale del T., conta l’adozione dei provvedimenti formali previsti secondo le scansioni del codice e, nel caso di specie, al ricorrente non risulta essere stata eseguita la notifica prevista dall’art. 321 c.p.p., comma 3.

Per valutare l’incidenza di tale omissione ai fini della decorrenza del termine per la presentazione dell’appello ai sensi dell’art. 322 bis c.p.p., occorre, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, fare riferimento al momento dell’esecuzione del provvedimento o della sua effettiva conoscenza, e non al dato formale della notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento (in materia di esecuzione del sequestro, Sez. Un., 11 luglio 2006 n. 27777, (dep. 03/08/2006) C.E.D. Cass., n. 234213)". In tema di riesame, infatti, l’art. 324 c.p.p., comma 1, disciplina autonomamente e compiutamente la decorrenza del termine prevedendo che questo decorra "dalla data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il sequestro o dalla diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuto sequestro". La norma dunque, sul punto della decorrenza, appare esaustiva e diretta a indicare un unico termine iniziale. E tali principi devono ritenersi applicabili, mutatis mutandis, anche al caso di specie. Sotto questo profilo deve aggiungersi peraltro che, nella fattispecie in esame deve trovare applicazione il principio di diritto in base al quale l’eventuale omessa notifica del decreto di (revoca) del sequestro preventivo nei confronti della persona interessata alla restituzione del bene non è sanzionata con la nullità, difettando un’espressa previsione della relativa causa d’invalidità ed essendo il diritto di difesa garantito dalla facoltà di proporre appello entro il termine di dieci giorni dalla data in cui si è avuta conoscenza dell’atto (sempre in tema di sequestro, Cass., Sez. 6^, 8 gennaio 2009 (dep. 09/04/2009), n. 15501, C.E.D. Cass., n. 243572) la cui decorrenza, nel caso di specie, in base agli elementi di tatto acquisiti, documentali e sostanzialmente riconosciuti dallo stesso Tribunale, deve essere, con ragionevole certezza, individuata nella data del 14 ottobre 2010, con la conseguente tempestività dell’appello presentato in data 22 ottobre 2010 (v. anche Sez. 6^, 16 settembre 2004, n. 40807,(dep. 20 ottobre 2004, C.E.D. Cass. n. 229926). Nè può considerarsi al di fuori del sistema la previsione di un termine che inizi a decorrere senza che il titolare del diritto di impugnazione ne abbia formale conoscenza, in quanto la coerenza sistematica va ricercata all’interno del sistema stesso che disciplina le misure cautelari reali, dove vige il principio della valorizzazione degli elementi sostanziali e fattuali rispetto a quelli formali (v. Cass., sez. 3^, 2 luglio 2003 n. 36178, Turchetti, C.E.D. Cass. 226397; v. ancora Sez. Un., 11 luglio 2006 n. 27777, (dep. 03/08/2006) C.E.D. Cass., n. 234213), anche in considerazione della natura devolutiva dell’impugnazione.

Alla luce delle suesposte considerazioni il provvedimento deve essere annullato sussistendo il vizio di violazione di legge in presenza di una base fattuale correttamente individuata.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Firenze.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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