Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-07-2011) 18-10-2011, n. 37691

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 27 gennaio 2011, il Tribunale di Milano, sezione per il riesame, confermava il decreto di sequestro preventivo del GIP in sede pronunciato il 23 dicembre 2010, sulla somma di denaro pari ad Euro 434.661,34 rinvenuta all’esito della perquisizione dell’appartamento e dell’esercizio commerciale di L.V., indagato in ordine al reato di associazione a delinquere finalizzata alla clonazione di carte di credito; tale somma era stata già sottoposta, nel corso delle indagini a sequestro probatorio. Il Tribunale riteneva sussistenti le condizioni per apporre il vincolo cautelare reale, ritenendo tale somma di denaro non riconducibile alle attività lecite svolte dal ricorrente e comunque essendo emerso dal contenuto delle intercettazioni che gli appartenenti al sodalizio criminoso inviavano gran parte degli illeciti proventi in Romania. Anche per tale ragione e cioè per evitare la dispersione del denaro, attraverso il suo invio all’estero, veniva ritenuta applicabile la ulteriore misura cautelare, con la contestuale apposizione del sequestro preventivo unitamente al vincolo derivante dal sequestro probatorio.

Il Tribunale, pertanto, riteneva l’insussistenza di ragioni ostative alla coesistenza dei due distinti vincoli e che, in considerazione delle motivazioni addotte dal GIP, il relativo provvedimento era riconducibile alla previsione di cui all’art. 321 c.p.p., comma 1, stante anche la chiara sussistenza del fumus commissi delicti.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’indagato, a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:

a) – inammissibilità del sequestro preventivo di cose già sottoposte a vincolo probatorio nella fase delle indagini preliminari, nella quale il pubblico ministero è investito del potere di restituzione, sicchè non sussisterebbe il pericolo paventato;

b) – erroneità della valutazione sulla sussistenza del periculum in mora in assenza dei requisiti della concretezza ed attualità del pericolo perchè nel caso concreto tutti i beni erano assoggettati a sequestro a fini di prova.

Il ricorso è infondato.

Osserva la Corte che la stessa difesa ha ripercorso il travaglio giurisprudenziale sulla possibile sovrapponibilità del sequestro preventivo al già disposto sequestro probatorio ed ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale (anche a sezioni unite, sent. N. 23/1995) secondo il quale il quadro normativo non esclude la possibilità di coesistenza di più vincoli di indisponibilità gravanti sullo stesso bene, per la coesistenza delle finalità di tutela. Ed invero la citata sentenza ha affermato il seguente principio di diritto: "E’ ammissibile il sequestro preventivo di cosa già soggetta a sequestro probatorio, purchè sussista un pericolo concreto e attuale della cessazione del vincolo di indisponibilità impresso da quest’ultimo, che renda reale e non solo presunta la prospettiva della riconduzione del bene nella sfera di chi potrebbe servirsene in contrasto con le esigenze protette dall’art. 321 cod. proc. pen.. In motivazione, peraltro, la S.C. ha chiarito: 1) – che, quantunque manchi, per le misure cautelari reali, una previsione esplicita come quella codificata, per le misure sulla libertà personale, dalla lett. c) – degli artt. 274 e 292 cod. proc. pen., è nella fisiologia del sequestro preventivo, come misura limitativa anch’essa di libertà protette costituzionalmente, che il pericolo debba presentare i requisiti della concretezza e dell’attualità e debba essere valutato in riferimento alla situazione esistente al momento dell’adozione della misura reale e non già nella prospettiva di un’astratta, oltre che incerta nell’"an" e nel "quando", futura possibilità di caducazione del sequestro probatorio; 2) – che un pericolo di tale natura è da escludere solo finchè il procedimento resti nella fase delle indagini preliminari, nella quale, spettando al pubblico ministero il potere-dovere di restituzione e quello della relativa esecuzione, lo stesso P.M. può ovviare al predetto pericolo, o rivolgendosi in tempo al giudice per le indagini preliminari per il sequestro preventivo, o emettendo direttamente, in via d’urgenza e salvo convalida, il relativo decreto, ma che, al di fuori di tale ipotesi e quando sia stata esercitata l’azione penale, è possibile che il P.M. – a causa della mancanza di un punto di saldatura tra i provvedimenti o dei tempi tecnici occorrenti per comunicazioni o notifiche – si venga a trovare nell’impossibilità di attivarsi prontamente per l’applicazione della misura preventiva; 3) – che in questi ultimi casi e in altri analoghi non è, ovviamente, richiesto, per l’adozione della misura cautelare reale, che la cessazione del sequestro probatorio e la restituzione delle cose non più necessarie a fini di prova siano già intervenute o già disposte, ma è sufficiente che sussista "in itinere" la probabilità che ciò accada e che l’imputato riacquisti la libera disponibilità del bene, fermo restando il concorso del pericolo attuale e concreto della protrazione dell’attività criminosa o dell’aggravamento dei suoi effetti) (Sez. U, 14/12/1994, n. 23, Cc. (dep. 01/03/1995) Rv.

200114; per una applicazione specifica v. Cass., sez. 2, 26 aprile 2006, n. 17578, CED 234759).

Il principio di diritto espresso, per quel che rileva in questa sede, resta quindi consolidato sotto il profilo della possibilità giuridica di coesistenza dei due vincoli (probatorio e cautelare) attraverso la previsione del discrimine dato dalla valutazione della concretezza del pericolo del verificarsi di uno iatus tra il provvedimento di cessazione del sequestro probatorio e quello di applicazione del sequestro preventivo, specie (come la ricordata sentenza ha evidenziato) nelle ipotesi in cui la condotta da prevenire sia consumabile con estrema rapidità (come nel caso in esame nel quale il sequestro ha ad oggetto danaro); in base a tale considerazione deve ritenersi che la esclusione che ciò possa accadere nella fase delle indagini preliminari è riferibile alla sola ipotesi in cui sia il pubblico ministero stesso ad aderire alla richiesta di restituzione. Ed infatti la disciplina dettata dall’art. 263 c.p.p. è collegata a tale evenienza. Ma laddove il pubblico ministero rigetti l’istanza di restituzione, la possibilità di intervento del giudice ripropone il rischio dello iatus tra il provvedimento di cessazione di sequestro probatorio e quello di applicazione del sequestro preventivo, ritenuto determinante per rendere concreto il pericolo che con il sequestro preventivo si deve presidiare. L’ipotesi in questione dunque concretizza uno degli altri casi analoghi individuati genericamente dalle Sezioni unite della Corte di cassazione nella citata sentenza.

Conseguentemente la circostanza che il procedimento si trovi ancora nella fase delle indagini non assume quel carattere decisivo che gli è stato attribuito. Nè a ben vedere appare sussistente un reale legittimo interesse da parte del soggetto al quale la disponibilità del bene è sottratta alla eliminazione del sequestro preventivo in costanza di sequestro probatorio. Ed invero, una volta accertato che la disponibilità del bene possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione di altri reati, l’interesse al venir meno del vincolo per il soggetto che lo subisce va individuato solo nell’aspettativa che al momento in cui vengono meno le esigenze probatorie (e quindi il diritto alla restituzione del bene sottoposto a sequestro probatorio) si realizzi quello iatus temporale che consenta di rientrare nella disponibilità del bene, quell’accadimento cioè che concretizza il pericolo che il sequestro preventivo deve scongiurare.

Alla luce di queste considerazioni il ricorso deve essere rigettato.

Il ricorrente deve in conseguenza essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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