Cass. civ. Sez. I, Sent., 02-04-2012, n. 5247 Amministratori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Nel gennaio 1997 il Curatore del fallimento della E.D.G. s.r.l. in liquidazione convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano G.G. per sentirlo condannare al risarcimento dei danni per atti di mala gestio dal medesimo compiuti quale amministratore e poi liquidatore della società fallita, danni quantificati in oltre L. 6,9 miliardi. Il G. dedusse l’infondatezza della domanda ed eccepì in compensazione propri crediti verso la società fallita, per complessive L. 2.658.849.054, per somme pagate, in qualità di garante, a diversi Istituti di credito ad estinzione di posizioni debitorie della società fallita.

Il Tribunale, espletata c.t.u., condannò il G. al pagamento della somma complessiva di Euro 2.204.466,27 e respinse l’eccezione di parziale compensazione, rilevando in particolare su quest’ultimo punto: a) che il preteso rimborso, per complessive L. 2.376.849.054, del finanziamento concesso alla E.D.G. dal Mediocredito Lombardo non riguardava pagamenti provenienti dal G., ma da un soggetto – Gruppo Bea – estraneo al processo;

b) che inoltre tali pagamenti, ad eccezione del primo, erano successivi alla data della sentenza di fallimento, con conseguente inammissibilità della compensazione, eccepita dalla curatela; c) che altrettanto valeva per il pagamento di L. 32 milioni alla Cariplo; d) che per i versamenti alla Banca Popolare di Milano ed alla Banca Nazionale dell’Agricoltura non vi erano elementi certi di riferibiiità degli importi alla posizione di E.D.G..

2. L’appello proposto dal G. è stato rigettato dalla Corte d’appello di Milano, che, con riferimento alla eccezione di compensazione, ha osservato: a) che l’appellante ha inammissibilmente ampliato l’eccezione ad ulteriori pagamenti rispetto a quelli evidenziati in primo grado, dei quali non può dunque tenersi conto, al pari dei nuovi documenti prodotti in appello; b) che, per quanto riguarda l’importo complessivo eccepito in compensazione in primo grado, la pronunzia del Tribunale appare del tutto condivisibile ed immeritevole di censure, dovendo convenirsi che non sussistono, per i pagamenti effettuati a terzi, certi e non contestabili elementi di riferibilità alla posizione di E.D.G.; e che non provato risulta il presunto accordo con il Curatore per la compensazione di parte del rimborso del finanziamento con altro debito del G. verso la società fallita.

3. Avverso tale sentenza, depositata il 28 maggio 2005, G. G. ha proposto ricorso a questa Corte affidato ad un motivo.

Resiste la Curatela del Fallimento E.D.G. con controricorso.

Motivi della decisione

Il ricorrente censura la pronuncia di rigetto della eccezione di compensazione, denunciandone l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione. Sostiene che per alcuni dei pagamenti eccepiti – quelli in favore del Mediocredito Lombardo e della Carialo – sussisterebbero ictu oculi, nella documentazione prodotta in primo grado e richiamata in appello, certi ed incontestabili criteri di riferibilità alla posizione di E.D.G., che l’apodittica sentenza impugnata non avrebbe considerato. La censura è inammissibile.

Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, cui il Collegio aderisce, il ricorrente che in sede di legittimità denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di documenti ha, da un lato, l’onere di precisare, trascrivendolo, il contenuto dei documenti in questione indicando specificamente gli elementi che il giudice di merito avrebbe trascurato (o erroneamente interpretato), dall’altro l’onere di evidenziare se, e con quali espressioni, abbia dedotto in atto di appello tali elementi non considerati (cfr. ex multis Cass. n. 13085/07; n. 6023/09; n. 17915/10; n. 15607/11). Ciò al fine di consentire alla Corte la verifica sulla decisività delle prove sulla base delle deduzioni contenute nel ricorso senza ricorrere ad inammissibili indagini integrative, e di impedire che la denuncia del vizio di motivazione si risolva in una inammissibile richiesta di riesame del contenuto dei documenti in atti e di verifica dell’esistenza di fatti decisivi non (o non sufficientemente) considerati nella motivazione del provvedimento impugnato.

Ciò posto, poichè l’esposizione del motivo di ricorso in esame non assolve ad alcuno degli oneri sopra indicati, la declaratoria di inammissibilità si impone.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in Euro 7.500,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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