Cons. Stato Sez. IV, Sent., 18-11-2011, n. 6110 Silenzio-accoglimento, silenzio-rifiuto e silenzio-rigetto della pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 7033 del 2010, E. M., F. M. e R. M. propongono appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sezione seconda, n. 5574 del 11 giugno 2010 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da V. M. contro il Comune di Cervia per l’accertamento dell’illegittimità della mancata conclusione entro i termini di legge del procedimento avviato d’ufficio dal Comune di Cervia per la rimozione coattiva delle opere abusivamente realizzate dai controinteressati e per la condanna dell’Amministrazione a provvedere all’effettiva conclusione del procedimento e per la contestuale nomina del Commissario ad acta. nonché per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’inosservanza del termine di conclusione del procedimento.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso di essere residente in uno stabile condominiale vicino ad un’area appartenente al demanio pubblico sul quale sono state realizzate varie opere abusive.

Il Comune, dopo varie sollecitazioni e diffide scritte da parte del ricorrente in primo grado, emanava il provvedimento datato 8 maggio 2009, prot. 24850 avente ad oggetto "avvio del procedimento amministrativo ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 241 del 1990", con il quale, a seguito del sopralluogo dell’ufficio polizia edilizia del 9/1/2007 che aveva accertato "la realizzazione di una nuova pavimentazione di porzione di area prospiciente il civico 104, con gettata in cemento dello spessore di alcuni centimetri e realizzazione di una recinzione", comunicava che avrebbe dato corso agli atti sanzionatori successivi predisponendo la procedura coattiva di demolizione delle opere ed il ripristino dello stato dei luoghi con recupero delle relative spese nei confronti dei responsabili degli abusi edilizi.

A seguito della successiva inerzia del comune l’interessato adiva il T.A.R. presentando un ricorso con lo speciale rito del silenzio rilevando la mancata conclusione del procedimento e chiedendo la condanna del comune a provvedere, oltre al risarcimento dei danni.

Si costituivano in giudizio i controinteressati eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in quanto vi era già stata una controversia tra le parti conclusasi con una sentenza del Tribunale di Ravenna.

Si costituiva altresì in giudizio il comune intimato che contestava la sussistenza dell’inerzia stessa e rilevando che erano in corso le valutazioni da parte di una apposito gruppo di lavoro costituito per quanto concerne le attività da espletare per la relativa sistemazione con riferimento a detta area e ad altre nella medesima situazione e, quindi, concludeva per la reiezione del ricorso.

Il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione alla mancata conclusione del procedimento amministrativo. Disponeva quindi che il Comune provvedesse in tal senso, ordinando altresì la rimozione delle opere abusivamente realizzate e nominando il commissario ad acta, secondo le richieste della parte ricorrente.

Contestando le statuizioni del primo giudice, le parti appellanti evidenziano l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, nonché l’adozione di una decisione espressiva di poteri non attribuiti in sede di rito del silenzio.

Nel giudizio di appello, si è costituita la parte controinteressata, V. M., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Dopo l’accoglimento della domanda di adozione di misure cautelari inaudita altera parte, avutosi con decreto presidenziale n. 3858 del 3 agosto 2010, all’udienza del 31 agosto 2010, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 3930/2010.

All’udienza in camera di consiglio del 25 ottobre 2011, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

Motivi della decisione

1. – L’appello è parzialmente fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. – Con il primo motivo di diritto, gli appellanti evidenziano violazione di legge, in relazione all’art. 21 bis della legge T.A.R. e all’art. 2 della legge sul procedimento, nonché in rapporto agli art. 24 e 113 della Costituzione. L’argomentazione difensiva ruota intorno all’affermazione che, sulla scorta della disciplina normativa applicabile ratione temporis alla fattispecie, il potere del giudice amministrativo non poteva estendersi fino ad ordinare all’amministrazione di procedere alla riduzione in pristino e fino a nominare un commissario ad acta nell’ambito del rito per l’accertamento del silenzio amministrativo.

2.1. – La censura è fondata.

Occorre rilevare come, secondo l’interpretazione maggiormente accolta in sede giurisdizionale e riferita al rito del silenzio come disegnato dall’art. 21 bis, comma 2, l. 6 dicembre 1971 n. 1034, introdotto con l’art. 2 l. l. 21 luglio 2000 n. 205, qui applicabile ratione temporis, nella sentenza che accoglie il ricorso proposto avverso il silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza del privato il giudice amministrativo ordina alla stessa amministrazione di provvedere, essendo prevista la nomina di un Commissario ad acta solo in caso di inadempimento a quanto ordinato con la decisione, e su richiesta di parte (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 14 aprile 2009, n. 2291).

Infatti, secondo una ricostruzione piuttosto diffusa, il rito speciale previsto dall’art. 2 l. n. 205 del 2000, relativo all’obbligo di provvedere, cumulava in sé tre tipi di procedimenti: una fase cautelare o comunque accelerata; una fase di cognizione della condanna ad adempiere all’obbligo di provvedere in seguito al silenzio dell’amministrazione; una ultima fase di ottemperanza, caratterizzata, tra l’altro, dalla possibilità, prevista dal comma 2, di nominare un commissario ad acta che provveda in luogo dell’amministrazione pervicacemente inadempiente, pur a seguito della condanna a provvedere, perché si è accolto il ricorso avverso il silenzio (vedi Consiglio di Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 578).

È quindi evidente, nella scansione giuridica e cronologica delle vicende, che una sentenza tesa a fondere più fasi ontologicamente separate e disciplinate in maniera processualmente diversa, tanto da imporre presupposti e condizioni differenziate, non faccia corretta applicazione delle sopra ricordate regole di giudizio, sovrapponendo aspetti decisori spettanti al giudice a momenti attuativi riservati all’amministrazione e unificando il momento conformativo, dato dall’accertamento dell’obbligo di provvedere, con la solo successiva ed eventuale fase sostitutiva dell’amministrazione inadempiente.

Peraltro, tale assetto d’ordine non pare sconfessato nemmeno dal nuovo codice di rito amministrativo, atteso che anche nella nuova procedura, la domanda tesa ad ottenere l’indicazione, da parte del giudice amministrativo, del contenuto di merito del provvedimento amministrativo, esula dai limiti dell’azione verso il silenzio e dai poteri conferiti in sede giurisdizionale, in quanto, al di fuori dei limitati casi di giurisdizione c.d. di merito, il giudice amministrativo non può sostituirsi alla pubblica amministrazione in accertamenti e scelte ad essa riservati, e non può in nessun caso "pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati" (art. 34, comma 2, c.p.a.) (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. VI, 16 febbraio 2011, n. 996).

La censura proposta va quindi accolta, dovendosi ritenere esorbitante la pronuncia del T.A.R. dell’Emilia Romagna nella parte in cui ha imposto all’amministrazione il contenuto concreto dell’atto da adottare, contestualmente nominando il commissario ad acta per il caso dell’eventuale successivo inadempimento.

3. – Con i successivi motivi di diritto, numerati dal due al cinque, cinque, gli appellanti si soffermano sull’infondatezza sostanziale della pretesa azionata in primo grado.

Si tratta, tuttavia, di una serie di questioni che devono considerarsi irrilevanti sulla base dell’accoglimento del primo motivo di ricorso. Infatti, accertata l’erroneità della decisione del T.A.R. nella parte in cui individua il contenuto dell’atto amministrativo da emanare, le censure proposte sono caducate ipso iure, atteso che spetterà all’amministrazione comunale procedere alla valutazione dell’assetto degli interessi all’interno della fase di completamento del procedimento già avviato.

In tale ottica, l’amministrazione dovrà attenersi al contenuto conformativo della sentenza di primo grado che non viene intaccato dalla presente decisione di accoglimento parziale dell’appello. Infatti, ed indifferentemente dal fatto che gli appellanti chiedano l’annullamento totale della sentenza gravata, non vi è dubbio (e non è peraltro fatto motivo di censura in appello), che l’amministrazione avesse il compito di concludere il procedimento amministrativo iniziato con atto di avviso del giorno 8 maggio 2009. Entro tale ambito, la sentenza, dichiarando l’obbligo del Comune di concludere il procedimento, si rivela del tutto immune da vizi e va confermata.

4. – L’appello va quindi parzialmente accolto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla parziale reciproca soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Accoglie l’appello n. 7033 del 2010 nei limiti di cui in motivazione;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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