Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-04-2012, n. 5240 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 7 luglio 2009 la Corte d’Appello di Salerno rigettava il gravame svolto da I.G. con la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta nei confronti della s.p.a. Poste italiane per la dichiarazione della nullità del termine apposto al contratto stipulato interpartes dal 2.9.1999 al 30.10.1999, per esigenze eccezionali, sul presupposto della risoluzione del rapporto per mutuo consenso.

2 Come si evince dalla sentenza impugnata il lavoratore è stato assunto con contratto a termine (con la decorrenza sopra indicata) stipulato a norma dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994 e, in particolare, in base alla previsione dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997 che prevede, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di "esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane". 5. La Corte territoriale, premessa la validità della clausola apposta all’unico contratto di lavoro a tempo determinato stipulato tra le parti, riteneva risolto il rapporto il lavoro per mutuo consenso, per intervenuta acquiescenza del lavoratore alla cessazione del rapporto, in considerazione del notevole lasso di tempo trascorso (circa sei anni) tra la fine del rapporto e la proposizione della domanda (21 giugno 2006) e tenuto conto sia dell’esigua durata del rapporto di lavoro (due mesi), sia della condotta del lavoratore, il quale non aveva messo le energie lavorative a disposizione della società e aveva accettato il T.F.R. senza formulare riserve, nonostante la promozione del tentativo obbligatorio di conciliazione non seguita subito dal deposito del ricorso.

4. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, I. Gerardo ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c., L’intimata ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

5. Con il ricorso in esame, articolato in tre motivi, il ricorrente, denunciando violazione dell’art. 1372 c.c., comma 1 e art. 2697 c.c., omessa motivazione in relazione alla violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, artt. 1 e 2 della L. n. 56 del 1987, art. 23 e in relazione alla violazione dell’art. 8 c.c.n.l. 26.11.1984 e degli accordi sindacali del 1997, 1998 e 2001, sul termine di durata del rapporto e vizio di motivazione, contesta, sotto vari profili, l’accertamento dei fatti e l’apprezzamento della loro rilevanza, posti dalla Corte territoriale a base della decisione.

6. In particolare, con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per l’erroneo accoglimento dell’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo consenso, assumendo che la società non aveva provato le circostanze dalle quali evincere la volontà delle parti di porre fine ad ogni rapportò e si era limitata a dedurre la mera circostanza del decorso del tempo e dell’accettazione del TFR senza riserva, richiedendo accertamenti d’ufficio sulla posizione lavorativa nel periodo intercorrente tra la cessazione del rapporto con la società e la proposizione dell’azione. Assume, inoltre, il ricorrente che il tentativo obbligatorio di conciliazione, diversamente da quanto ritenuto dai giudici del gravame, è stato esperito nel maggio 2006 e il ricorso risulta depositato nel successivo mese di giugno. La società, in definitiva, nulla avrebbe provato o chiesto di provare sulle ulteriori circostanze significative che devono affiancarsi all’inerzia del lavoratore, nè può assumere rilievo il reperimento di altra occupazione, nè dall’accettazione del TFR può desumersi l’accettazione della risoluzione del rapporto.

7. Il motivo è meritevole di accoglimento.

8. Come più volte affermato da questa Corte (cfr, ex plurimis, Cass., 16287/2011, Cass. 23554/2004), nel giudizio instaurato per il riconoscimento di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato (sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale scaduto) è configurabile la risoluzione del rapporto per mutuo consenso ove sia accertata – per il tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto, nonchè, per le modalità di tale conclusione, per il comportamento tenuto dalla parti e per altre eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà di porre fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della portata di tali elementi compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto.

9. Al riguardo è stato, peraltro, reiteratamente affermato che la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto non può ritenersi sufficiente a far ritenere la sussistenza dei presupposti della risoluzione del rapporto per mutuo consenso (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 5887/2011; 65/2011; 26935/2008; 20390/2007).

10. Inoltre la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di rilevare che non appaiono indicative di un’intenzione risolutoria l’accettazione del TFR e la mancata offerta della prestazione, trattandosi di "comportamenti entrambi non interpretabili, per assoluto difetto di concludenza, come tacita dichiarazione di rinunzia ai diritti derivanti dall’illegittima apposizione del termine" (cfr., Cass. 15628/2001, in motivazione), ovvero la condotta di "chi sia stato costretto ad occuparsi o comunque cercare occupazione dopo aver perso il lavoro per cause diverse dalle dimissioni" (cfr., Cass. 839/2010, in motivazione, nonchè, in senso analogo, Cass. 15900/2005, in motivazione).

11. Tali principi vanno enunciati anche in questa sede, rilevando, inoltre che, come pure è stato precisato, "grava sul datore di lavoro, che eccepisca la risoluzione per mutuo consenso, l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e certa delle parti di volere porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro" (v., ex multis, Cass. 27059/2011).

12. Nella specie la Corte territoriale, confermando la sentenza del primo giudice, non ha correttamente e congruamente ritenuto che Poste italiane, a fronte della deduzione dell’intervenuta risoluzione del rapporto per mutuo consenso, avesse omesso di fornire, come pure sarebbe stato onere del datore di lavoro, ogni elemento utile, non potendosi arguire dal mero decorso del tempo, dall’accettazione senza riserva del TFR l’intenzione del lavoratore di abbandonare ogni iniziativa giudiziaria riguardo all’illegittimità della apposizione del termine al contratto di lavoro, avuto riguardo, in particolare, all’imprescrittibilità dell’azione di nullità, che esonera il soggetto legittimato a fare valere l’invalidità ed attivarsi entro un determinato limite temporale ovvero di far precedere l’iniziativa giudiziaria da un comportamento significativo della sua volontà di porre nel nulla il contratto.

13. In particolare, quanto al lasso temporale intercorso tra la cessazione del contratto a termine e la proposizione della domanda in sede giudiziaria ha tralasciato di esaminare se il comportamento in questione costituisse solo manifestazione di ordinario atteggiamento di condotta sociale e non anche evidenziazione di un comportamento negozialmente apprezzabile sul piano del comportamento giuridico (per la valutazione "della mancanza di operatività di un rapporto caratterizzato dal complesso intreccio di molteplici obbligazioni reciproche", quale il rapporto di lavoro, nel senso di vera e propria dichiarazione risolutoria, v., fra le altre, Cass. n. 23114 del 2008).

14. Per tali ragioni appare necessario, per la configurabilità di una risoluzione per mutuo consenso, manifestatasi in pendenza del termine per l’esercizio del diritto o dell’azione, che il decorso del tempo sia accompagnato da ulteriori circostanze oggettive le quali, per le loro caratteristiche di incompatibilità con la prosecuzione del rapporto, possano essere complessivamente interpretate nel senso di denotare "una volontà chiara e certa della parti di volere, d’accordo tra loro, porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo" (v. ex multis, Cass. 26590/2011).

15. Nè va sottaciuto che è onere della parte che faccia valere in giudizio la risoluzione per mutuo consenso allegare, prima, e provare, poi, le circostanze che si adducono a sostegno della relativa eccezione (v., ex multis, Cass. 2279/2010, Cass. 16303/2010).

16. Lo stesso Giudice, inoltre, valorizza l’oggettivo silenzio del lavoratore anche quanto all’omessa manifestazione del lavoratore, al datore di lavoro, della volontà di riprendere a lavorare trascurando di considerare l’eventuale rilevanza di tale condotta omissiva solo a fronte di un invito datoriale a riprendere servizio.

17. Tale carenza motivazionale comporta, pertanto, l’accoglimento del motivo in quanto la statuizione è principalmente fondata sul mero decorso del tempo e risulta accompagnata dalla valorizzazione di circostanze, come detto, non suscettibili di essere interpretate come sintomatiche della chiara e certa volontà di entrambe le parti di considerare definitivamente chiuso il rapporto lavorativo.

18. I restanti motivi sono inammissibili perchè imperniati su questioni ritenute assorbite dalla Corte territoriale.

19. Per quanto precede, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della impugnata decisione in relazione al motivo accolto e rinvio alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione, perchè proceda all’esame dei profili motivazionali sopra evidenziati.

20. Il giudice del rinvio procederà anche alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara inammissibili gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione.

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