Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-07-2011) 18-10-2011, n. 37695

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – M.M. – condannato nei giudizi di primo e secondo grado alla pena di un anno di arresto, in quanto ritenuto colpevole di aver portato fuori dalla propria abitazione un coltello a serramanico con lama della lunghezza di cm. 10,50 – ricorre per cassazione, per il tramite del suo difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli deliberata il 17 agosto 2010 che aveva confermato quella di prime cure, pronunciata il 6 febbraio 2008, prospettando due motivi d’impugnazione.

1.1 – Col primo di essi il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione dappoichè, a suo avviso, i giudici del merito erroneamente hanno ritenuto che il coltello trovato in suo possesso era da considerarsi un’arma bianca propria "per cui non è ammessa licenza". In particolare da parte ricorrente si sostiene che la Corte territoriale incongruamente descrive il coltello sequestrato come "un coltello del tipo a scatto o molletta, ovvero a serramanico vero e proprio", desumendosi al contrario, dal verbale di sequestro in atti, che quello trovato in possesso dell’imputato era sì un "coltello a serramanico, ma privo di meccanismi di apertura automatica, e dunque privo di molletta".

Tale circostanza avrebbe dovuto comportare, secondo il ricorrente, in via principale, il proscioglimento dell’imputato, ovvero, in subordine l’erogazione di una pena minima, in quanto, esclusa la configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 699 c.p., comma 1, nel caso in esame non era configurabile neppure il meno grave reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, emergendo dagli atti processuali l’esistenza di un giustificato motivo per il porto del coltello, ove si consideri che lo stesso era stato rinvenuto, durante una perquisizione effettuata nella stazione ferroviaria di Napoli, all’interno di una borsa da viaggio ed ancora chiuso nella confezione di vendita; circostanze queste che rendevano evidente che le ragioni del porto erano quelle di trasferire il coltello dal luogo di acquisto a quello della propria abitazione.

1.2 – Denuncia altresì il ricorrente, vizio di motivazione, relativamente al mancato accoglimento del motivo di appello relativo alla richiesta riduzione della pena inflitta ovvero di applicazione di una sanzione di tipo diverso.

Al riguardo da parte del ricorrente si sostiene che le motivazioni addotte sul punto dalla Corte territoriale – la già operata esclusione della recidiva; le complessive circostanze nelle quali la condotta si colloca; la negativa personalità del M. evincentesi dall’intero contesto della condotta contestata – risultano assolutamente incongrue, all’uopo evidenziando: a) che è facoltà del giudice escludere la applicabilità della recidiva; b) che i giudici di appello non hanno specificato in sentenza, a cosa intendevano riferirsi con l’espressione "le complessive circostanze nelle quali la condotta si colloca", così come non hanno chiarito perchè la personalità del M. sia negativa ed in che senso tale negatività "sia desumibile dall’Intero contesto".

Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta nell’interesse del M. è inammissibile in quanto le censure prospettate nel ricorso risultano generiche ovvero si risolvono nella riproposizione di argomenti difensivi adeguatamente presi in esame e confutati dalla sentenza impugnata e si rivelano pertanto, alla luce anche degli argomenti illustrati nella sentenza di primo grado, manifestamente infondate.

1.1 – Con riferimento all’esattezza della qualificazione del coltello rinvenuto nella disponibilità dell’imputato come arma propria, risulta assorbente il rilievo che – a prescindere dalla mancata allegazione, in violazione del generale principio di autosufficienza del ricorso, di elementi concreti e verificabili che consentano di escludere la presenza di meccanismi di apertura automatica – sta di fatto che tale qualificazione, come espressamente chiarito nella sentenza di primo grado, non si ricollega tanto alla contestata esistenza di un siffatto meccanismo, quanto, piuttosto, alle caratteristiche intrinseche del coltello rinvenuto nel bagaglio dell’imputato ed in particolare alla lunghezza della sua lama (di cm 10,5), in corretta applicazione del principio di diritto ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui "il coltello a serramanico con lama di oltre nove centimetri assume le caratteristiche di un pugnale o stiletto e va, quindi, qualificato come arma bianca che, per la sua naturale pericolosità e destinazione all’offesa alle persone, non può in assoluto essere oggetto di licenza da parte della competente autorità", con la conseguenza che "il porto di tale coltello fuori della propria abitazione integra, pertanto, il reato, di cui all’art. 699 c.p., comma 2" (in termini, Sez. 1, Sentenza n. 9372 del 08/06/1994, dep. il 31/08/1994, Rv. 200135, imp. Natllla; Sez. 1, Sentenza n. 49746 del 15/12/2009, dep. il 29/12/2009, Rv. 245986, imp. Flamini).

1.2 – Inammissibile perchè rlsolventesi in censure su valutazioni di merito, insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente giudizio di legittimità, deve ritenersi, infine, anche il secondo motivo d’impugnazione, concernente il trattamento sanzionatorio giacchè la motivazione della impugnata sentenza, pure su tali punti conforme a quella del primo giudice, e per ciò integrantesi con la stessa, si sottrae ad ogni sindacato, per avere adeguatamente richiamato la negativa personalità dell’imputato (tossicodipendente con reiterati precedenti penali relativi a reati contro il patrimonio) e la condotta complessiva dell’imputato (trovato in possesso, oltre che del coltello, anche di un apprezzabile quantitativo di metadone, sia pure non destinato con certezza ad un uso non personale) – elementi sicuramente rilevanti ex art. 133 cod. pen. nonchè per le connotazioni di complessiva coerenza dei suoi contenuti nell’apprezzamento della gravita dei fatti. Nè il ricorrente, del resto, indica elementi non considerati in positivo decisivi ai fini di una diversa valutazione.

2. – Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000) – al versamento alla cassa delle ammende di una somma congruamente determinabile in Euro 1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso a condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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