Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-06-2011) 18-10-2011, n. 37705

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 19 ottobre 2010 il Tribunale di Ancona, costituito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha rigettato la richiesta di riesame presentata da S.Z. e R. Z., indagati in ordine ai delitti di tentata rapina impropria, tentato omicidio, resistenza a pubblico ufficiale e falso, avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 25 settembre 2010 dal G.i.p. del Tribunale di Pesare, che aveva confermato, ex art. 27 cod. proc. pen., l’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Pescara per i reati di tentata rapina impropria e tentato omicidio, contestualmente alla convalida del fermo ivi eseguito.

1.1. Sussistevano, secondo il Tribunale, gravi indizi di colpevolezza, per e ragioni dettagliatamente esposte nelle ordinanze genetiche e, in particolare, desumibili:

– dal riconoscimento degli indagati da parte del sovrintendente di P.S. G.M., che li aveva visti armeggiare alle finestre di un’abitazione vicina, e li aveva indicati come i soggetti che l’avevano minacciato con due grossi cacciaviti e, fuggendo prima a piedi e poi su un veicolo, avevano tentato di investirlo determinandogli lesioni giudicate guaribili in giorni venticinque;

– dalla condotta tenuta dai predetti il giorno successivo, quando fermati dalla Polstrada di Città Sant’Angelo, mentre erano a bordo di un’autovettura unitamente a due complici, si erano dati a fuga pericolosa per eludere i controlli, percorrendo strade contromano e guidando in condizioni di scarsa visibilità. 1.2. La versione degli indagati, che avevano ammesso il tentativo di furto in abitazione, avevano contestato di avere minacciato il G., di avere partecipato alle manovre del suo investimento e di avere incitato il conducente del veicolo, sfuggito alla cattura, a colpirlo, e avevano attribuito solo a quest’ultimo la forzatura del posto di blocco, era smentita dalle dichiarazioni del G., che aveva attribuito a entrambi le minacce iniziali con i cacciaviti e individuato con certezza nel R. il soggetto che aveva incitato il conducente dell’auto a investirlo e ucciderlo.

1.3. La configurabilità e la qualificazione giuridica della tentata rapina impropria trovavano sicuro fondamento nelle modalità della condotta, alla luce dei principi affermati da questa Corte, senza che la diversa qualificazione giuridica incidesse, in ogni caso, sulla sussistenza e gravità dei fatti storici globalmente considerati.

Quanto al tentato omicidio i reiterati atti volti a investire con l’auto la vittima erano ragionevolmente valutabili, con giudizio ex ante e in concreto, quali condotte volte inequivocamente a procurare la morte della persona offesa e idonee a produrla.

1.4. In merito alle esigenze cautelari, il provvedimento impugnato riteneva condivisibili le valutazioni del G.i.p., con riferimento al pericolo di reiterazione e di commissione di reati caratterizzati da violenza, avuto riguardo ai precedenti penali del R. e alla clandestinità e mancanza di occupazione lavorativa stabile di entrambi, al pericolo attuale e concreto di fuga e all’adeguatezza della misura cautelare applicata.

2. Avverso detta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, i due indagati con unico atto, con il quale chiedono l’annullamento dell’ordinanza sulla base di tre motivi.

2.1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano carenza di motivazione e violazione dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c), in ordine al primo motivo di riesame, con il quale si era dedotta la carenza della parte motiva dell’ordinanza genetica, richiamata dallo stesso immotivato provvedimento.

2.2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano carenza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla richiesta riqualificazione dei fatti loro ascritti di rapina impropria e di tentato omicidio, rilevando che:

– l’esatta qualificazione del reato ha un notevole rilievo giuridico nella fase cautelare, sia per il giudizio di probabilità in ordine alla commissione dei reati, sia in ordine al giudizio di necessarietà, proporzionalità e adeguatezza della misura;

– non sussistono elementi indiziari per individuare una responsabilità concorsuale in ordine al tentato omicidio neppure nelle forme del concorso anomalo ex art. 116 cod. pen., essendo alla guida del veicolo un terzo soggetto, non essendo individuabile in capo agli indagati una voluntas necandi, ma solo la volontà di darsi alla fuga, e non potendo gli indagati rappresentarsi il diverso reato di lesioni commesso dal conducente come sviluppo logicamente prevedibile del reato di furto dagli stessi voluto e posto in essere;

– non è configurabile il tentativo di rapina impropria, dovendo invece ritenersi integrato il delitto tentato di furto e l’autonomo reato avente come elemento costitutivo la violenza e la minaccia, non potendo il Tribunale richiamare a conforto isolate sentenze contrarie alla tesi difensiva in assenza di una pronuncia a sezione unite e senza motivare il proprio assenso alla giurisprudenza citata.

2.3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli art. 274 e segg. cod. proc. pen., rilevando che il Tribunale non ha preso in considerazione l’incensuratezza dell’indagato S., allo stesso traslando le argomentazioni riferibili al coindagato, e ha valutato unitariamente le due posizioni senza operare una differenziazione che tenesse conto delle loro diverse qualità personali.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato e/o inammissibile in tutte le sue deduzioni.

2. Deve premettersi che, in materia di misure cautelari personali, secondo giurisprudenza consolidata, questa Corte non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso il peso probatorio degli indizi, nè di verificare la rispondenza delle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata alle acquisizioni processuali, nè di rivalutare le condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame.

Il controllo di legittimità è, quindi, limitato all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica delle ragioni giuridicamente significative che l’hanno determinato e dell’assenza d’illogicità evidente, ossia dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le tante, Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012; Sez. 2, n. 9532 del 22/01/2002, dep. 08/03/2002, Borragine e altri, Rv. 221001; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, dep. 02/05/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 6, n. 3529 del 12/11/1998, dep. 01/02/1999, Sabatini G., Rv. 212565; Sez. 4, n. 2050 del 17/08/1996, dep. 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104; e da ultimo Sez. 1, n. 2687 del 17/11/2010, dep. 26/01/2011, non massimata), senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le tante, Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331; Sez. 1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; e da ultimo, Sez. 1, n. 1842 del 11/11/2010, dep. 21/01/2011, non massimata).

Il detto limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravita degli indizi riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della cautela valutare "in concreto" la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, dep. 14/03/1998, Martorana, Rv. 210019).

2.1. Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, in tema di misure cautelari, "l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro" (Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007, dep. 09/01/2008, Beato, Rv. 238903; Sez. 6, n. 3678 del 17/11/1998, dep. 15/12/1998, Panebianco R., Rv. 212685).

3. Alla luce di tali condivisi principi, è innanzitutto inammissibile il primo motivo, con il quale è denunciata carenza di motivazione e violazione dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c), sul rilievo che la carenza della parte motiva dell’ordinanza genetica, già oggetto del primo motivo di riesame, si riscontra anche nell’immotivato provvedimento impugnato.

Tale censura, che non appare correlata al contenuto degli atti che contesta, trascura di rilevare che l’ordinanza del Tribunale del riesame non solo ha richiamato legittimamente le ordinanze genetiche, emesse la prima dal G.i.p. del Tribunale di Pescara, contestualmente alla convalida del fermo, e la seconda dal G.i.p. del Tribunale di Pesaro a sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., ma ha specificatamente ricostruito il compendio probatorio e criticamente argomentato le ragioni della decisione, facendo oggetto di analisi sia le deduzioni relative alla ricostruzione dei fatti e delle responsabilità sia le osservazioni in ordine alla configurabilità e alla qualificazione giuridica dei delitti contestati.

All’aspecificità della censura consegue il rilievo della sua inammissibilità. 4. Quanto al secondo motivo, che attiene alla configurabilità e alla qualificazione giuridica dei delitti di rapina impropria e di tentato omicidio, si osserva che la ricostruzione del quadro indiziario a carico degli indagati, operata dal Tribunale, è coerente con le acquisizioni processuali richiamate nella decisione e congrua rispetto ai canoni della logica e della non contraddizione, e che l’inquadramento giuridico delle condotte contestate, e ritenute connotate da un grave quadro indiziario, è conforme alla esatta interpretazione e alla corretta applicazione dei principi di diritto in materia richiamati nell’ordinanza, e condivisi dal Collegio.

4.1. Il Tribunale, infatti, dando conto adeguatamente delle ragioni della propria decisione, ha richiamato le dichiarazioni del sovrintendente di P.S. G.; ha indicato le ragioni della non condivisa credibilità della versione degli indagati; ha ritenuto che è traibile dalla valutazione delle risultanze processuali un giudizio in termini di qualificata probabilità circa l’attribuzione dei reati contestati agli indagati; ha rappresentato che, senza che una diversa qualificazione giuridica incida comunque sulla sussistenza e gravita dei fatti contestati, è individuabile il delitto di rapina impropria, e non il diverso delitto di tentato furto seguito da minacce o percosse, nella condotta minacciosa o violenta tenuta a fini di impunità dall’agente, come avvenuto nella specie, dopo l’azione tentata di impossessamento della cosa altrui, non sottratta, e ha ravvisato il delitto di tentato omicidio, sorretto da dolo diretto, nella condotta dell’agente, come avvenuto nella specie, diretta reiterata mente a investire la vittima con l’auto, alla stregua della ragionevole valutazione condotta in base a un giudizio in concreto ex ante.

4.2. A fronte dell’articolato giudizio espresso dal Tribunale, i ricorrenti oppongono doglianze, inammissibili nella parte in cui esprimono un dissenso nel merito, opponendo un’alternativa, e non comprovata, lettura delle risultanze processuali a fondamento della contestata qualificazione dei fatti, e del tutto infondate, nella parte in cui oppongono alla applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte, operata dal Tribunale, un diverso orientamento, che affermano espresso con sentenza n. 22661 del 2010 (Sez. 2, n. 22661 del 19/05/2010, dep. 14/06/2010, Tushe, Rv.

247431), che invece ha confermato lo stesso orientamento condiviso dal Tribunale, e la mancanza di una decisione delle Sezioni Unite, che – in contrasto con il fondamento delle ragioni del suo intervento – renderebbe "sintomatiche di uno stato di dubbio" le isolate sentenze contrarie al principio di diritto, condiviso dai ricorrenti.

5. Anche sotto il profilo delle esigenze cautelari, il ricorso censura una corretta valutazione del giudice del riesame.

La doglianza, invero, attiene alla sola omessa differenziazione delle personalità dei due ricorrenti, uno solo dei quali è gravato da precedenti penali e di polizia, non traslabili al correo S., mentre il Tribunale ha adeguatamente valorizzato plurimi elementi, in essi compreso quello attinente ai pregiudizi penali, come legittimamente fondanti – per entrambi – una prognosi concreta di un attuale pericolo di reiterazione criminale, e integranti un rischio cautelare tale da rendere giustificata e adeguata la misura adottata.

6. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto del ricorso e in difetto dell’ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione dell’impugnazione – al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

La Cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento del Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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