Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-10-2011) 19-10-2011, n. 37937

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli ricorre nei confronti di B.R., e gli imputati V. N., e D.G., a mezzo dei loro difensori, ricorrono avverso l’ordinanza 11 aprile 2011 del Tribunale del riesame di Napoli (che ha confermato l’ordinanza 14 marzo 2011, con la quale il G.I.P. del Tribunale di Napoli aveva disposto nei confronti dei prevenuti la misura cautelare della custodia in carcere, rigettando il riesame nei confronti di V.N. e D.G., accogliendo invece il riesame in favore di B.R.), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) i fatti contestati e le argomentazioni delle successive decisioni cautelari.

Consta agli atti che la vicenda riguardante l’omicidio di D.F. A., detto "(OMISSIS)", è stata collocata nell’ambito della guerra per il predominio sul territorio fra i due gruppi camorristici dei "Tavoletta-Ucciero" e dei "Bidognetti". entrambi confederati nel clan dei Casalesi ed attivi nella zona di (OMISSIS), le cui tappe sono state segnate da una serie di omicidi fra contrapposti affiliati, analiticamente descritte nella ordinanza cautelare, alla cui ricostruzione rilevante apporto hanno offerto le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia.

L’omicidio del D.F.A., avvenuto in data (OMISSIS), è stato dettagliatamente ricostruito, al pari dei precedenti attentati del (OMISSIS), da D.F. detto " S.F." già affiliato nel gruppo camorristico dei Tavoletta e passato nell’anno 2002 nel sodalizio avverso, divenendo il capo-zona di (OMISSIS), arrestato il 12 febbraio 2005 e divenuto collaboratore di giustizia in data 4 settembre 2009.

Per la gravata ordinanza le dichiarazioni di D.F. hanno trovato puntuale conferma in quelle rese da G.L., reggente del gruppo Bidognetti di (OMISSIS) negli anni 2001-2005 e divenuto anch’egli collaboratore di giustizia, nonchè nelle circostanze riferite da altri "pentiti", I.M., I. G., D.C.E., V.A. e V.E., tutti elementi di spicco del citato sodalizio criminoso, i quali, pur avendo appreso l’episodio dai citati collaboratori, hanno ricostruito l’accaduto in tempi non sospetti ( I.M. e I.G. nell’aprile (OMISSIS) e D.C.E. nel gennaio (OMISSIS), tutti in epoca antecedente alla collaborazione degli odierni delatori) ed in termini sostanzialmente analoghi a quelli poi riferiti da questi ultimi agli organi inquirenti.

Da ultimo, ha assunto veste di collaboratore di giustizia anche il G.L., indicato dal D. e dal G. come membro del "gruppo di fuoco" che ebbe a commettere l’omicidio D.F., il quale ha confermato in ogni parte il racconto dei precedenti collaboratori, auto-accusandosi dell’omicidio e ribadendo i termini del concreto coinvolgimento di tutti gli altri complici, così come individuati nella ordinanza impositiva.

La ricostruzione offerta dai citati collaboratori di giustizia è stata considerata analitica, dettagliata ed affidabile, sia per ciò che concerne la genesi dell’omicidio, sia per ciò che concerne la organizzazione logistica e la concreta esecuzione del delitto, con specifica indicazione dei ruoli assunti dai relativi protagonisti, dei rispettivi apporti causali e dei contributi offerti alla realizzazione dell’evento.

In sintesi, per la gravata ordinanza:

a) la decisione di eliminare il D.F.A., dedito alle estorsioni per conto del gruppo avversario dei Tavoletta-Ucciero ("recandosi presso gli stessi commercianti di (OMISSIS) ove chiedevamo anche noi la tangente" dich. G.), maturò nel corso delle varie riunioni con le quali veniva ciclicamente pianificata l’attività del gruppo;

b) in proposito, ha riferito il D., "vi furono diverse riunioni a seguito dell’uccisione di M.M., C.G. ed U.D. nel corso delle quali si discusse che le ulteriori persone che dovevano essere uccise erano il predetto D.F. e U.V.";

c) le iniziali esitazioni, legate alla giovane età della vittima ed ai rapporti esistenti con il di lui padre D.F.C. (con il quale si era riservato di avere un incontro chiarificatore lo stesso B.R.), vennero superate dal "gesto di spavalderia" posto in essere dal giovane D.F. che "di rimando, andò a sparare insieme ad U.V. fuori il portone del municipio di (OMISSIS)": da ciò si decise la sua definitiva l’eliminazione.. "Infatti, il giorno successivo alla esplosione dei colpi nella piazza del comune di (OMISSIS), … ci recammo presso l’abitazione del D.F. con due macchine … bussammo con il clacson ma, come era prevedibile, egli non uscì dall’abitazione peraltro provvista di telecamere. A quel punto sia il G. che il M. esplosero tutti i colpi dei caricatori delle due armi in loro possesso, poi ci allontanammo tutti ";

d) sempre il D.F. ha riferito che dopo qualche giorno si riunirono nuovamente e si decise di organizzare "per bene" l’uccisione del D.F.A.;

e) su tali episodi vi è la conforme versione dell’altro collaboratore di giustizia ( G.L.) il quale in particolare ricorda di essersi "arrabbiato con D.F. dopo che questi aveva raccontato che avevano invano tentato di uccidere D.F. A. sparando invece nel portone dell’abitazione":

da ciò la sua decisione di prendere personalmente parte all’operazione e al successivo agguato dell’11 maggio 2004, descritto con dovizia di particolari avendovi il collaboratore personalmente partecipato, così come poi partecipò direttamente a quello rivelatosi letale del (OMISSIS);

f) le autovetture utilizzate vennero preparate la sera precedente presso il deposito del V.N. in (OMISSIS), le armi in parte erano già nascoste all’interno delle autovetture in parte vennero consegnate dallo stesso V.; un complice aveva il compito di verificare che la strada fosse libera; un altro ( P. M.) faceva da "specchiettista", con il compito di "avvisare" in caso di avvistamento del D.F.;

g) il "gruppo di fuoco" era composto da D.F., S. S. e G.L., a bordo dell’Alfa 166, e da Gr.

L., D.M.F. e Ve.Lo., a bordo della Volvo;

h) dal deposito di (OMISSIS) le autovetture si spostarono in un’area adiacente alla macelleria dei D.G., in posizione strategica per intervenire in caso di "chiamata" da parte dello specchiettista; appena avuta notizia del passaggio dell’autovettura con a bordo di D.F. le due macchine (Alfa 166 e Volvo) partirono e raggiunsero la vittima sotto la sua abitazione scaricando, con esito letale, entrambi i caricatori in direzione del D.F.A. ancora a bordo della propria autovettura;

i) a sparare furono D.F. e G.L., rispettivamente armati di pistola e Kalashnikov, nonchè Ve.

L. che esplose alcuni colpi di arma da fuoco in direzione del padre accorso sul posto dopo gli spari.

Il Tribunale del riesame, premesso che nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza da parte del G.I.P. procedente hanno svolto un ruolo decisivo le dichiarazioni di soggetti inseriti a vari livelli all’interno del gruppo camorristico, ha richiamato in proposito, quali regole di valutazione della gravità indiziaria, le sentenze S.U. Spennato (30.5.2006, n. 36267) ed Alleruzzo (Cass. Pen., Sez. 6, 31.1.1996, n. 7627), concludendo nel senso che tutti gli odierni prevenuti, con la sola eccezione del B.R., sono stati raggiunti da una pluralità di chiamate di correo individualizzanti, in ordine al delitto loro "contestato", idonee ad integrare per ciascuno di loro il requisito dei gravi indizi di colpevolezza.

L’ordinanza ha quindi nell’ordine valutato l’attendibilità intrinseca ed estrinseca dei dichiaranti, il valore autoaccusatorio di talune loro affermazioni, la spontaneità, precisione, completezza della narrazione dei fatti, la loro coerenza e costanza, nonchè l’assoluta convergenza dei collaboratori nell’indicare le ragioni che condussero a decidere la soppressione del D.F.A. e nel descrivere l’esecuzione dell’omicidio, secondo un modulo organizzativo, caratterizzato dalla partecipazione di una pluralità di persone con compiti diversi.

Quanto al profilo dei riscontri esterni, il Tribunale del riesame considera le chiamate di correo del D. e del G., in quanto convergenti su molteplici punti, sia essenziali che di contorno della vicenda delittuosa per cui si procede, reciprocamente riscontrate, in tale modo essendo realizzato il requisito dei gravi indizi di colpevolezza a carico degli odierni indagati, salva la posizione del B.R., chiamato in causa per il suo ruolo apicale all’interno della organizzazione.

2.) la posizione di V.N. nella motivazione dell’ordinanza impugnata.

Per il Tribunale del riesame anche in merito alla posizione di V.N. vi è sostanziale convergenza tra le dichiarazioni del D.F. e dei G.L. e la valutazione comparativa effettuata da conto della reale coincidenza del narrato nelle circostanze di rilievo nell’economia del crimine.

Il provvedimento analizza ed argomenta sulle osservazioni critiche della difesa del V., osservando tra l’altro che non può scagionare il V. dalle gravi accuse a suo carico, la deduzione difensiva secondo cui il V. "subiva" in realtà le pressioni del clan ed era pertanto "costretto" ad ospitare le autovetture all’interno del suo deposito.

Siffatta circostanza non soltanto è rimasta indimostrata ma risulta sconfessata dalle dichiarazioni di un altro "pentito" I. M..

Tale collaboratore, in tempo non sospetto (interrogatorio del 1/4/08), ebbe a dichiarare a proposito del V. che "si tratta di un altro personaggio vicino al clan dei Casalesi di Lusciano. E’ stato sempre disponibile per ogni necessità del gruppo, offrendoci in particolare la sua abitazione per nasconderci in occasione degli omicidi o per nascondere armi che a volte venivano nascoste anche presso il suo negozio di autoricambi in (OMISSIS). Era in grado di trovare per conto del clan munizioni di tipo militare. Non percepiva uno stipendio dal clan ma aveva una situazione economica moto agiata essendo anche proprietario di ville in (OMISSIS). A partire dagli anni 2002-2003 mi risulta che V. ha cercato di acquistare in (OMISSIS) terreni o case a poco prezzo spendendo il nome dei "Bidognetti" con i proprietari.

Inoltre a carico dello stesso V. risultano diversi precedenti penali e controlli di polizia e, tra le varie ordinanze cautelari a suo carico, figura quella avente n. 77946/01 relativa alla c.d.

Operazione Domitia, nella quale viene contestata al V. l’attiva partecipazione al gruppo.

2.1) i motivi di ricorso di V..

Vi sono in atti due successivi ricorsi del V.: il primo con il patrocinio dell’avv. Baldascino, il secondo con il patrocinio degli avv.ti Cola e Baldascino.

2.2) i ricorsi dell’avv. Baldascino e dell’avv. Cola-Baldascino.

Con un unico motivo di impugnazione l’avv. Baldascino prospetta violazione di legge con riferimento all’art. 192 c.p.p., ed in particolare omesso rispetto dell’art. 292 c.p.p., comma 2 ter in relazione alla mancata valutazione degli elementi a favore dell’indagato.

In particolare si lamenta:

a) che il conclusivo giudizio di sostanziale convergenza tra le dichiarazioni di D.F. e G.L., giudizio non sia stato preceduto da adeguata valutazione della loro attendibilità intrinseca ed estrinseca, autonomia e verosimiglianza;

b) che le riunioni finalizzate all’omicidio del D.F. si siano svolte assente il V. ed in località "altre" diverse dal deposito dell’indagato;

c) che il Tribunale abbia omesso di valutare le dichiarazioni talora liberatorie del G., di I.M., I.G., D. C.E. (questi ultimi tre diretti partecipanti all’omicidio).

Nell’impugnazione congiunta degli avv.ti Cola e Baldascino, si deduce – con un unico motivo di impugnazione – violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione all’art. 273 c.p.p., comma 1 bis per aver l’ordinanza contraddittoriamente, illogicamente e lacunosamente motivato in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del V.N., nonostante l’intrinseca genericità delle dichiarazioni accusatorie e l’assenza di riscontri estrinseci di natura individualizzante.

2.3) le ragioni della decisione di inammissibilità per il V..

I motivi dianzi esposti non superano il vaglio della ammissibilità.

Va invero rammentato che il controllo di legittimità esigibile da questa Corte è infatti circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnatoci fine di verificare che il testo di esso sia o meno rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di carattere negativo, la cui contestuale ed integrata presenza rende l’atto insindacabile: 1) l’esposizione coerente e completa delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza, nel testo dell’esposizione, di illogicità evidenti ed idonee a creare insuperabili linee di incongruenza delle argomentazioni utilizzate rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr.: Cass. pen. sez. 4, 2050/1996 Rv. 206104, Marseglia).

In definitiva, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se prospetta e sviluppa, in termini consequenziali, violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche – come avvenuto nella specie – quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti e/o che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Cass. pen. sez. 5, 46124/2003 Rv.241997, Pagliaro Massime precedenti Vedi: N. 11 del 2000 Rv.

215828, N. 1786 del 2004 Rv. 227110, N. 22500 del 2007 Rv. 237012, N. 22500 del 2007 Rv. 237012).

Quanto alla osservazione sub e), va ribadito che in tema di misure cautelari, nella nozione di "elementi a favore", che devono essere valutati dal giudice a pena di nullità dell’ordinanza, rientrano soltanto gli elementi di natura oggettiva e, di fatto, aventi natura concludente, mentre restano escluse le mere posizioni difensive negatone, le semplici prospettazioni di tesi alternative e gli assunti chiaramente defatigatori, così come non rientrano in tale nozione le interpretazioni alternative degli elementi indiziari, che restano assorbite nell’apprezzamento complessivo operato dal giudice della libertà (Sez.4, 29999/2006 Rv. 234820).

Il ricorso del V. va pertanto dichiarato inammissibile.

4.) la posizione di D.G. nella motivazione dell’ordinanza impugnata.

Il Tribunale del riesame rileva che il ruolo assunto da D. T. e D.G. in occasione dell’omicidio del D.F. A. è delineato dal D.F..

In proposito l’ordinanza impugnata ha evidenziato per la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza:

a) che il collaboratore D.F. ha precisato, tra l’altro, che fu lo stesso G.L. a rivolgersi al predetto D. T., detto "(OMISSIS)", ed al D.G., detto (OMISSIS)" cognato di M.G., "perchè sì incaricassero di trovare una base logistica ed uno specchiettista", evidenziando altresì che in quella circostanza D.T. disse che come base logistica si poteva chiedere al proprietario di una macelleria ubicata in prossimità della casa dei D.F., aggiungendo che probabilmente il predetto avrebbe dato la disponibilità in quanto era stato picchiato dal gruppo degli Ucciero";

b) che anche Gr.Lu. ha riferito al riguardo che "l’appoggio logistico venne individuato da D. detto (OMISSIS) insieme ad altra persona detta (OMISSIS) del quale in questo momento non ricordo il nome ma saprei assolutamente riconoscere in fotografia perchè entrambe erano persone, seppur non posso definire affiliati, sempre a disposizione del gruppo.

Mi sovviene in questo momento che (OMISSIS) è un parente di M.G.";

c) che tale ricostruzione ha trovato espressa conferma dal G. L. il quale ha dichiarato di "aver dato incarico al D. T. e al cognato di M.G. detto (OMISSIS) di trovare una base logistica e uno specchiettista per l’omicidio di D. F.A."; lo stesso G.L., poi, dopo avere letto le dichiarazioni rese da D.F., ha aggiunto di ricordare anche "di non aver trovato idonea l’abitazione del netturbino indicata da D.T.";

d) che sempre il G.L. ha ricordato che il "proprietario di un gregge che con un telefonino avvisava D.F. sulla presenza di D.F.A.", precisando pure che "detta persona non si recò da noi per ricevere il telefonino, ma già gli era stato consegnato dal D.T.". 3.1) i motivi di ricorso di D.G. e le ragioni della decisione della Corte di legittimità.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della mancanza e della illogicità.

In particolare si sostiene che il Tribunale del riesame abbia posto in essere una motivazione soltanto apparente in ordine alla credibilità delle fonti probatorie, costituite dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, valutata positivamente senza l’indicazione degli elementi oggettivi posti a fondamento di tale giudizio.

Con ulteriore critica si evidenzia l’insussistenza di riscontri individualizzanti a carico del D.G., senza tener conto che risulta paradossale la circostanza che il G., ai vertici del sodalizio, abbia affidato il compito omicidiario ad un estraneo all’organizzazione.

Il motivo va dichiarato inammissibile per le stesse ragioni dianzi indicate per il V. (cfr. .2.3) e qui da integralmente da richiamarsi.

Va infatti ribadito che, in materia di misure cautelari personali, la scelta e la valutazione delle fonti di prova rientrano tra i compiti istituzionali del giudice di merito e sfuggono al controllo del giudice di legittimità se adeguatamente motivate e immuni da errori logico-giuridici. Invero a tali scelte e valutazioni non può opporsi, laddove esse risultino, come nella specie, correttamente motivate, un diverso criterio o una diversa interpretazione, anche se dotati di pari dignità (Cass. Penale sez. 6, 3000/1992, Rv. 192231 Sciortino).

Con un secondo motivo si lamenta vizio di motivazione e violazione di legge in ordine all’attualità delle esigenze cautelari ed al pericolo di reiterazione della condotta / valutata favorevolmente la condizione di "non-affiliato" del ricorrente.

Anche questa doglianza è inammissibile in quanto si risolve in una diversa lettura delle emergenze cautelari, quali apprezzate dal Tribunale del riesame e sostenute con una motivazione lineare, chiara, indenne da vizi logico-giuridici, incensurabile in questa sede di legittimità. 4.) la posizione di B.R. nella decisione del Tribunale del riesame.

Rigettato il riesame per tutti tali ricorrenti la gravata ordinanza è giunta invece a diverse conclusioni con riferimento alla posizione di B.R..

L’argomentare del giudice cautelare si snoda attraverso i passaggi motivazionali che seguono.

D.F. riferisce che alle varie riunioni, "compresa quella ove si decise di predisporci per uccidere D.F. ed U., erano presenti le solite persone ossia oltre me: … B. R…." e che, "avendoci il proprietario del gregge comunicato che D.F.A. si recava presso l’abitazione di U. V. accompagnato da suo padre", B.R. "…ci disse di temporeggiare". Aggiunge però che "dopo circa una settimana ci incontrammo nuovamente ed il G. rappresentò che non si poteva più attendere, si doveva intervenire, perchè il padre accompagnando il D.F.A. era evidentemente consapevole delle azioni di quest’ultimo. A seguito di questa decisione del G., B.R. che era presente alla riunione non manifestò alcuna obiezione, avendo evidentemente anche lui condiviso che non era più il caso di attendere".

G.L., viceversa, – dichiara al riguardo: "Sin dall’epoca della mia scarcerazione, avvenuta nel mese di agosto dell’anno 2001, il mio gruppo decise di uccidere D.F.A..a.i.

Di.Fr. era molto giovane, credo che avesse 17 anni. Quindi indirizzai i predetti L.G. e F. dal padre del D.F. perchè parlasse con il figlio…. Malgrado questo colloquio, il D.F.A. continuò a frequentare il gruppo U., pertanto appoggiai la decisione del mio gruppo, ossia di ucciderlo. In questa prima fase che ora ho riferito non compare ancora B.R. che all’"epoca era detenuto".

Sempre il G.L., con riferimento alla riunione successiva al "mancato" attentato al D.F., dichiara di non ricordare con certezza "la presenza di B.R. come invece riferito da D.F.", non escludendo però di aver incontrato successivamente il B. e di avergli raccontato l’accaduto e precisando comunque "che il B.R. veniva messo al corrente di qualsiasi attività delittuosa che il gruppo commetteva comunicandogli le nostre intenzioni prima di agire e notiziandolo poi dell’esito delle azioni".

Secondo il Tribunale del riesame nella fattispecie l’incriminazione del B. risulterebbe essenzialmente connessa al ruolo "apicale" da questi rivestito all’interno del gruppo che, viceversa, non vale ex se a giustificare la specifica responsabilità per i singoli reati-fine".

Nè d’altronde la chiamata in correità effettuata dal D. F. può dirsi in qualche modo riscontrata dal G.L. che, come visto, non ha escluso ma nemmeno ha confermato la diretta partecipazione dello stesso alle riunioni ove venne deliberato l’omicidio.

D’altronde – prosegue ancora il provvedimento impugnato – lo stesso D.F., a proposito del primo attentato al D.F., riferisce delle esitazioni avute dal B.R. e della di lui volontà di evitarne l’uccisione parlandone con il padre che era vicino al "nostro gruppo" avendo messo "a nostra disposizione un locale di autorivendita sito sulla domiziana…".

Successivamente, a seguito del gesto di spavalderia del D.F. (che ebbe a sparare nella piazza del Comune) si decise, secondo la stessa ricostruzione offerta dal D. (a proposito del tentato omicidio) la sua definitiva eliminazione, essendosi ritrovati in (OMISSIS) "presso l’abitazione del cognato di M. M. di nome R. detto nuvola bianca, precisamente presso la masseria di quest’ultimo, e insieme a me e al predetto nuvola bianca erano presenti: G.D., E.M., A.N., A.M. e Gr.Lu.".

Orbene, nemmeno in questa riunione, all’esito della quale ebbe luogo la sparatoria sotto l’abitazione del D.F., vi è riferimento alcuno al B.R. la cui posizione rimane pertanto, con riguardo alla presente vicenda, assolutamente relegata in un ambito di profonda equivocità.

Su tali premesse la conclusione dell’ordinanza cautelare è stata quella dell’annullamento con riferimento appunto al solo B..

Per il Tribunale del riesame, invece, la conferma nei confronti degli altri prevenuti, a fronte del descritto quadro indiziario connotato dal requisito della gravità, conseguirebbe alla assoluta gravità degli addebiti, indice di personalità trasgressiva e proclive al delitto, a ragione della quale si impone la misura della custodia inframuraria, unica cautela idonea a preservare la collettività contro il rischio di reiterazione del reato 4.1) i motivi di impugnazione del P.M. avverso B.R. e le ragioni della decisione della Corte di legittimità.

La parte pubblica ricorrente, dopo aver genericamente premesso che la decisione appare viziata nella motivazione e nell’inosservanza delle norme penali, all’effetto di giustificare il suo assunto, ha ripreso e confrontato le dichiarazioni di D.F. e G.L., per trame una diversa e contraria valutazione, utilizzando in proposito anche le affermazioni rese da un altro collaboratore, I.M. il quale ha riferito di un avere scritto un biglietto da consegnare al predetto B. o G.L., quali massimi referenti all’epoca in cui era detenuto (marzo 2004), perchè provvedessero ad uccidere proprio D.F.A. altrimenti si sarebbe pentito.

Il ricorso ha poi evidenziato:

a) che il B.R., proprio all’epoca degli agguati ai danni del D.F.A. e dell’omicidio dello stesso, ricopriva una posizione apicale in seno al clan come da ordinanza cautelare nella c.d. Operazione Liternum emessa in data 10.6.2008 nel proc. pen. N.51129/03 R.G. (confermata dal Tribunale della Libertà);

b) che G.L. ha dichiarato che su ogni azione delittuosa egli riferiva personalmente a B.R., in quanto capo del sodalizio, precisando che lo informava "prima di agire", nonchè gli comunicava l’esito delle azioni;

c) che dette dichiarazioni pur da sole insufficienti per provare il coinvolgimento di B.R. nelle vicende in contestazione, quale persona che dette l’assenso perchè il gruppo uccidesse D.F.A., rappresentano un decisivo riscontro alle dichiarazioni di D.F. che riferisce invece dettagliatamente sulla responsabilità del B. quale mandante dei fatti illeciti in contestazione;

d) che infine, di assoluta rilevanza e coincidenza con le dichiarazioni rese da di D.F., risultano le dichiarazioni di Gr.Lu. (che ha iniziato a collaborare con la giustizia in data 4 aprile 2011) il quale ha ricordato, in perfetta concordanza con le dichiarazioni di D.F., che B.R. venne ragguagliato sul mancato esito dell’agguato ai danni di D.F.A. avvenuto in data (OMISSIS);

e) che, in proposito, sia D. che Gr. hanno riferito che il gruppo di fuoco cercò di giustificarsi con il predetto B., in particolare G.L. gli promise una partecipazione diretta nella prossima occasione, come poi avvenuto dato che il (OMISSIS) a sparare alla vittima è stato direttamente G. insieme a D.F.;

f) che le dichiarazioni del Gr.Lu. sono state utilizzate dal Tribunale della Libertà, quale ulteriore conferma delle dichiarazioni rese da D.F. e G.L. con riguardo alle posizioni dei coindagati D.G., Di.Ga. e P.M., ma non sono state valorizzate per l’esame della posizione di B.R..

In conclusione per il P.M. la chiamata in correità diretta di B.R. da parte di D.F. troverebbe riscontro nell’altra chiamata in correità diretta proveniente da Gr.Lu., riferendo sui fatti e sui partecipi a vario titolo in termini sostanzialmente coincidenti tra loro ed emergendo da entrambe la diretta partecipazione di B.F. nelle vicende in contestazione, quale mandante sia dell’agguato che dell’omicidio del D.F..

Infine, dette dichiarazioni riceverebbero ulteriore conferma dalle dichiarazioni rese da G.L. il quale ha riferito che, all’epoca dei fatti in contestazione, comunicava personalmente a B.R. ogni attività delittuosa del gruppo prima della commissione, nonchè lo notiziava sull’esito relativo.

Il ricorso del P.M. è fondato per quanto di seguito motivato.

Nell’ordinanza genetica, il B. era stato considerato il mandante dell’omicidio D.F., insieme a G.L., in particolare avuto preminente riguardo alle dichiarazioni dello stesso G.L. e di D.F., affermazioni confermate anche dalla posizione apicale, ricoperta dal B., in seno al clan negli anni in questione, come riconosciuto nell’ordinanza cautelare 10 giugno 2008 nell’Operazione Liternum; nonchè apprezzate le conformi asserzioni del collaboratore I.M. che riferiva di un avere scritto un biglietto da consegnare a B. R. o G.L., quali massimi referenti all’epoca in cui era detenuto (marzo 2004), perchè provvedessero ad uccidere D. F.A. altrimenti lui si sarebbe pentito.

Il Tribunale del riesame, peraltro, nello svalorizzare le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, nei termini dianzi trascritti al 4), ha omesso di considerare -non motivando affatto sul punto- le rilevanti dichiarazioni (punti sub d – e – f del ricorso del P.M.) rese (ed acquisite agli atti) dal collaboratore di giustizia Gr.Lu., il quale ha iniziato a collaborare in data 4 aprile 2011, e che hanno offerto inoppugnabili elementi di rilievo nel quadro probatorio della complessiva valutazione della vicenda.

Elementi che, per la loro pregnanza e palese sinergia con il narrato degli altri collaboratori di giustizia, imponevano al giudice dell’annullamento una precisa "argomentazione di neutralizzazione e contrasto" nella disamina della posizione del B., tanto più necessaria, considerata la circostanza che le affermazioni accusatorie del Gr. sono state invece efficacemente utilizzate dallo stesso giudice per delineare il quadro probatorio conclusivo dei coindagati D.G., D.G. e P.M..

Il gravato provvedimento va quindi annullato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli il quale, nella piena libertà delle valutazioni di merito di competenza, porrà rimedio al rilevato deficit argomentativo.

Per concludere: l’ordinanza impugnata va annullata limitatamente alla posizione di B.R. con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli; i ricorsi di D.G. e V. N. vanno dichiarati inammissibili e gli interessati condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 ciascuno in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla posizione di B.R. e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli. Dichiara inammissibili i ricorsi di D.G. e V.N., che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 ciascuno in favore della cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *