Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-10-2011) 19-10-2011, n. 37935

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.F. ricorre per cassazione contro la sentenza in data 18.10.2010 con la quale la Corte di appello di Salerno ne confermava la penale responsabilità e la correlata condanna penale e civile in ordine al reato di cui all’art. 371 c.p., per avere, come parte in un giudizio civile, giurato il falso in data (OMISSIS), negando di essere debitore di B.I. della somma di L. 23.150.000, quale residuo della maggior somma di L. 41.650.000, dovuta per lavori edili svolti nella officina di esso M..

Deduce:

1.- che i giudici di merito hanno illegittimamente conferito priorità a dichiarazioni interessate rispetto a risultanze documentali (fatture quietanzate);

2.- che la Corte d’appello si è pedissequamente richiamata alla motivazione del primo giudice, senza rispondere alle censure mosse dalla difesa;

3.- vizio di motivazione sulla valutazione delle risultanze processuali, in relazione in particolare ai diversi aspetti di inverosimiglianza della versione del B., confermata dai suoi familiari, e alla totale svalutazione delle risultanze e deposizioni contrarie;

4.- in subordine, illegittimo diniego dell’indulto, ritenuto erroneamente incompatibile con la sospensione condizionale.

Nello stesso ricorso l’imputato, assumendo la quantificazione eccessiva del danno risarcibile riconosciuto alla parte civile, suscettibile di produrgli grave e irreparabile danno in relazione alla sua situazione economica, ha instato per la sospensione dell’esecuzione della condanna civile.

Motivi della decisione

Va premesso che nella specie non è decorso il termine massimo di prescrizione del reato, pur commesso in data (OMISSIS), in quanto ai sette anni e mezzo previsti, scadenti il 23.11.2010, deve aggiungersi il periodo di sospensione dal 19.11.2009 al 18.10.2010 statuito ex L. n. 125 del 2008, art. 2 ter.

Ciò chiarito, rilevasi che il ricorso, pur diffuso e denso di riferimenti ai principi dell’ordinamento processuale, è destituito di fondamento. Esso, invero, in punto responsabilità, in quanto si risolve in larga misura nella contestazione del percorso valutativo adottato dai giudici di merito in maniera immune da vizi di manifesta illogicità. Giova al riguardo solo specificamente annotare che la concreta prassi del rilascio di fatture quietanzate indipendentemente dall’effettivo saldo è stata confermata dal teste S., e che non presenta aspetti di oggettiva inverosimiglianza la versione del B., secondo cui la richiesta di un simile rilascio fu motivata dal prevenuto con la necessità di agevolare la concessione di finanziamenti da parte della banca (guadagnando tempo rispetto al "buon fine" degli assegni che si era impegnato a rilasciare subito dopo). Non illogica appare poi la sequenza dei fatti ricostruita dai giudici di merito, che vide il B. prima sollecitare per lettera un saldo ridotto e poi, a fronte dell’insistita indisponbilità del M., iniziare un giudizio civile per il saldo integrale.

Quanto alla dedotta illegittimità del diniego dell’indulto, siccome ritenuto erroneamente incompatibile con la sospensione condizionale, si osserva che la Corte di merito ha lasciato aperta la possibilità di far valere l’istanza in sede esecutiva, esprimendo quindi sul punto un mero parere, peraltro conforme al recente arresto delle Sezioni unite n. 36837 del 2010.

Quanto alla istanza per la sospensione dell’esecuzione della condanna civile, la stessa – basata fra l’altro sul presupposto, non dedotto in appello, di un quantum risarcitorio eccessivo, non presentata a parte nè oggetto di richiesta di anticipata trattazione – appare superata dall’odierna decisione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile B.I., liquidate in complessivi Euro 2400,00, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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