Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-10-2011) 19-10-2011, n. 37933

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

K.E. e M.A. ricorrono, a mezzo dei loro difensori, avverso la sentenza 17 dicembre 2010 della Corte di appello di Bologna (che ha confermato la sentenza 8 gennaio 2010 del G.I.P. del Tribunale di Bologna, di condanna: del primo, ad anni 6 di reclusione ed Euro 26 mila di multa; e, del secondo, alla pena di anni 6 e mesi 2 di reclusione ed Euro 28 mila di multa, per il reato ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante ex art. 80 e per il M. anche alla recidiva), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) Il capo di imputazione:

I ricorrenti sono accusati del delitto p. e p dall’art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, art. 80, comma 2, perchè, in concorso tra loro, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17 ed al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 75 del citato decreto, illecitamente detenevano a fini di spaccio, sostanza stupefacente del tipo marijuana per un peso complessivo netto di Kg 287,140, suddivisa in distinti panetti ed occultata in un doppio fondo, ricavato sotto il pavimento della cella frigorifera dell’autocarro marca MAN tg (OMISSIS) a bordo del quale viaggiavano;

con l’aggravante dell’ingente quantità.

Fatto commesso in (OMISSIS).

Con l’aggravante della recidiva specifica per M.A. (così modificato all’udienza del 3/12/09).

2.) i motivi di impugnazione.

Vi sono in atti due distinti ricorsi, quello del K. limitato alla sanzione irrogata e quello del M. che ha contestato invece la pronuncia di responsabilità. 2.1) il ricorso di K.E. e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un primo motivo di impugnazione si prospetta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato giudizio di prevalenza delle riconosciute circostanze attenuanti generiche, avuto riguardo alla diversa posizione sostanziale del ricorrente rispetto al correo.

Il motivo non supera la soglia dell’ammissibilità.

E’ noto che il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti non è censurabile in sede di legittimità qualora, come nella specie, il giudice di merito abbia giustificato la soluzione adottata con la indicazione degli elementi ritenuti prevalenti ai fini del giudizio di comparazione, anche se non abbia confutato tutte le deduzioni delle parti volte a conseguire una diversa valutazione comparativa di tutte le circostanze del reato (Cass. Penale sez. 4, 11046/1984, Rv. 167072, Faenza, conf mass n 155605).

Pertanto le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p., sono censurabili in Cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. Penale sez. 3, 26908/2004 – Rv. 229298), nella specie assolutamente non ravvisabile, valutata la corretta e completa argomentazione dei giudici di merito.

Con un secondo motivo si lamenta la mancata revoca della decisione di espulsione.

La doglianza è inammissibile avendo i giudici di merito adeguatamente motivato sul punto collegando tale giudizio alla permanente pericolosità dell’imputato alla sua proclività a delinquere ed al tenace rifiuto di spezzare i contatti con l’illecito ambiente di riferimento.

2.1) il ricorso di M.A. e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della affermazione di responsabilità resa sulla base di motivazioni carenti e prive di supporti probatori, tali non potendosi considerare: il compenso percepito quale co-autista; la diversa qualità di conducente all’atto del controllo della Guardia di finanza, circostanza del tutto casuale; il forte odore di marjuana percepibile per chi si trovava a bordo del veicolo; i precedenti penali specifici; la massima di esperienza secondo cui nessun trasporto di droga di tale entità viene affidato a persone ignare del qualità reale del carico; l’ascolto delle telefonate in codice del K..

Il motivo è palesemente inammissibile.

La motivazione della Corte distrettuale sul punto è infatti priva dei vizi interpretativi e valutativi proposti dal ricorrente, considerati anche i limiti del sindacato di legittimità, che – come è noto – non possono consentire una reinterpretazione delle prove, all’effetto di dare credito ad una realtà dei fatti differente da quella che i giudici hanno nella specie ritenuto, motivandola in maniera giuridicamente corretta ed indenne da vizi logici.

Con un secondo motivo si lamenta il mancato riconoscimento della circostanza attenuante ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 7 dal momento che l’imputato facendo sì che il camion rimanesse senza carburante, aveva di fatto impedito che il camion giungesse nella sede di destinazione in (OMISSIS), e dando così prova di voler fermare l’azione criminosa del K..

Anche questa doglianza è inammissibile considerato che essa tende a suggerire una rivalutazione delle prove, le quali sono state diversamente apprezzate dai giudici di merito con contraria ed esaustiva argomentazione, incensurabile in questa sede.

Con un terzo motivo si prospetta insussistenza dell’aggravante ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, considerato i 287 kg di marjuana con percentuale media di THC da 0,4 a 13, sono entità non rilevante se raffrontata alle "proporzioni maestose" del mercato milanese.

Il motivo è palesemente infondato.

In tema di stupefacenti, ai fini del riconoscimento della circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, possono di regola definirsi "ingenti" i quantitativi di droghe "pesanti" (ad es., eroina e cocaina) o "leggere" (ad es., hashish e marijuana) che, sulla base di una percentuale media di principio attivo per il tipo di sostanza, siano rispettivamente al di sopra dei limiti di due chilogrammi per le prime sostanze e cinquanta chilogrammi per la marijuana e l’hashish (Cass. pen. sez. 6, 42027/2010 Rv. 248740; conformi: N. 20119 del 2010 Rv. 247374, N. 20120 del 2010 Rv. 247375) e questo a prescindere dalla variabile – incerta ed opinabile – del mercato di riferimento.

Nella specie 287 kg di marjuana. con percentuale media di THC da 0,4 a 13, realizza all’evidenza, in relazione alla contestata aggravante, tre precise rilevanti e negative connotazioni, correlate:

1) all’oggettiva eccezionalità del quantitativo sotto il profilo ponderale;

2) al grave pericolo per la salute pubblica che lo smercio di un tale quantitativo comporta;

3) alla possibilità di soddisfare le richieste di numerosissimi consumatori per l’elevatissimo numero di dosi ricavabili (cfr. in termini: Cass. pen. sez. 4, 9927/2011 Rv. 249076).

Da ciò la pacifica sussistenza della ritenuta aggravante e declaratoria di inammissibilità del corrispondente motivo attesa la sua palese infondatezza.

Con un quarto motivo sì evidenzia in ogni caso la carente motivazione in punto di mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alla ritenuta aggravante ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80.

Il motivo non supera la soglia della ammissibilità avuto riguardo alla precisa e logica motivazione dei giudici di merito e considerato che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p., sono censurabili in Cassazione soltanto laddove esse siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. Penale sez. 3, 26908/2004- Rv. 229298 imputato Ronzoni), nella specie non riscontrato nè evidenziato dal ricorrente.

Con un quinto motivo si sostiene vizio di motivazione in punto di determinazione della sanzione che non ha valorizzato la diversa condotta del ricorrente rispetto a quella del correo.

Il motivo non supera il vaglio della ammissibilità.

In tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito, con la enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 c.p., assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione: tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula una analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (Cass. Penale sez. 2, 12749/2008, Rv. 239754 Gasparri; conformi 56/1989 Rv. 180075), tenuto che, nella specie, correttamente i giudici di merito hanno posto sullo stesso piano di sostanziale disvalore le condotte dei due ricorrenti, attese le modalità dei fatti accertati ed il pari apporto causale degli accusati.

I ricorsi vanno pertanto dichiarati inammissibili ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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