Cons. Stato Sez. V, Sent., 18-11-2011, n. 6075

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 La A. s.p.a., azienda municipalizzata del comune di Foggia per i servizi d’igiene urbana, con bando di gara del 20 ottobre 2006 aveva indetto una procedura ristretta per l’appalto dei lavori di costruzione del sistema impiantistico complesso costituito dalla linea di biostabilizzazione e dalla discarica al servizio del bacino FG/3.

Classificatosi secondo, il Consorzio C. aveva impugnato l’aggiudicazione dell’appalto all’a.t.i. Agecos s.p.a.. Il ricorso era stato accolto dal locale T.A.R. con la sentenza n. 2486/2007, confermata dal Consiglio di Stato con decisione n. 1589/2009, in ragione dell’insufficienza della documentazione prodotta dal raggruppamento vincitore per dimostrare il fatturato per lavori analoghi nell’ultimo triennio.

A seguito della pubblicazione della sentenza di primo grado n. 2486/2007, il Consorzio vittorioso in giudizio aveva invitato A. s.p.a. a conformarsi all’annullamento e a provvedere alla nuova aggiudicazione dell’appalto, dapprima con formale istanza del 12 ottobre 2007 e poi con successive lettere di sollecito.

Ne era seguita una fitta corrispondenza tra la stazione appaltante ed il Consorzio originario ricorrente, che aveva ripetutamente diffidato la prima ad effettuare il rilievo della consistenza delle opere nelle more già realizzate dall’a.t.i. Agecos (che aveva sospeso i lavori in data 15 novembre 2007, dopo essere giunta ad uno stato di avanzamento pari a circa il 43%), adempimento a suo dire indispensabile per la redazione del progetto di completamento.

Lo scambio epistolare si era concluso con l’adozione da parte del comune di Foggia della deliberazione n. 198 del 23 ottobre 2008, con la quale la Giunta comunale aveva operato lo scorrimento della graduatoria di gara e l’approvazione del progetto della terza classificata cooperativa U., cui venivano affidati i lavori, sul rilievo "che la ditta C. nonostante sia stata interpellata non ha inteso accettare i lavori di completamento; che nonostante gli inviti del RUP non si è addivenuti alla redazione di un progetto di completamento; che l’imminente scadenza del finanziamento POR obbliga a soluzioni urgenti".

2 Tale delibera veniva indi impugnata da C. dinanzi al T.A.R. per la Puglia.

Il Tribunale respingeva il ricorso impugnatorio e dichiarava inammissibile la domanda di annullamento contrattuale.

La relativa sentenza veniva allora prontamente appellata dalla soccombente per errore di giudizio, in quanto la documentazione di cui alle note della stazione appaltante non avrebbe potuto consentire alla C. la redazione del necessario progetto di completamento, mancando sempre il rilevamento della consistenza delle opere realizzate da Agecos, pur più volte sollecitato dall’appellante.

L’appello veniva respinto con la sentenza n. 8087/2010 in epigrafe.

La Sezione rilevava come il Tribunale avesse rigettato il ricorso di C. sulla scorta delle seguenti, condivisibili osservazioni:

– nella riunione tenuta con l’impresa il 3 gennaio 2008, il responsabile del procedimento aveva illustrato lo stato di consistenza redatto dall’ing. Carlo Marconi e sollecitato il Consorzio a predisporre il progetto per l’utilizzo di quanto già eseguito, nelle more dell’acquisizione dei documenti necessari per la formalizzazione dell’aggiudicazione definitiva;

– con lettera del 16 gennaio 2008, il responsabile del procedimento aveva poi invitato il Consorzio a ritirare presso l’Ufficio tecnico comunale copia dei documenti relativi allo stato di consistenza, rinnovando l’invito a redigere il progetto di completamento;

– con successiva lettera del 23 gennaio 2008, lo stesso responsabile del procedimento aveva reiterato il sollecito e richiesto al Consorzio di consegnare la documentazione amministrativa attestante il possesso dei requisiti di partecipazione, al fine di stipulare il contratto;

– dopo l’ulteriore sollecito del 15 febbraio 2008, lo stesso responsabile, con lettera del 1° aprile 2008, aveva infine rappresentato al Consorzio di aver fornito tutti gli elementi necessari per la redazione del progetto ed avvertito che, decorsi dieci giorni e considerata l’urgenza di dare avvio ai lavori, il Comune avrebbe formalmente preso atto della rinuncia all’assunzione dell’appalto.

Alle riferite comunicazioni era seguita la risposta del Consorzio, il cui difensore aveva replicato all’ultima nota del Comune con lettera del 4 aprile 2008, ribadendo ancora una volta l’insufficienza dei dati messi a disposizione dall’Ufficio tecnico comunale per la redazione del progetto di completamento.

Tanto premesso, notava la Sezione che non avrebbe certo potuto addebitarsi la responsabilità del mancato affidamento dell’appalto a quella delle parti in causa che avesse omesso di rispondere all’ultima delle comunicazioni ricevute, per il solo fatto del suo finale silenzio.

Stante la interminabile durata della corrispondenza intercorsa tra le parti, osservava quindi la Sezione che il C. non aveva tenuto quella condotta diligente e collaborativa che sarebbe stata necessaria per la proficua gestione della fase successiva all’annullamento dell’originaria aggiudicazione, tenuto conto del fatto che il subingresso nei lavori già iniziati determina normalmente, di per sé, l’esigenza che la stazione appaltante e l’impresa subentrante cooperino nella ricerca delle giuste condizioni tecniche ed economiche per l’ultimazione ed il buon esito dell’appalto.

Ciò posto, si rilevava che il Consorzio non aveva sufficientemente assecondato le esigenze manifestate dal comune di Foggia, che a più riprese aveva messo a disposizione, quantomeno, una bozza di stato di consistenza delle opere esistenti.

La decisione di affidare l’appalto alla terza classificata, fondata anche sulle concorrenti ragioni di urgenza, appariva pertanto correttamente motivata.

3 Avverso la sentenza n. 8087/2010 di questo Consiglio la C. proponeva, infine, il presente ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ…

Assumeva la ricorrente che il Giudice d’appello avesse obliterato un documento decisivo ai fini della soluzione della controversia: il verbale stilato tra esso Consorzio ed A. in data 25 febbraio 2008, successivamente ai fatti richiamati dalla sentenza revocanda (l’ultimo dei quali sarebbe stato risalente al precedente 15 febbraio).

Da tale verbale sarebbe risultato che A. si era assunta l’impegno di redigere il rilievo di consistenza delle opere realizzate e di trasmetterlo alla ricorrente, che solo allora sarebbe stata tenuta a redigere il progetto di completamento.

Da qui il presunto errore della Sezione di ritenere che fosse C. a dover effettuare lo stato di consistenza, e l’ignorata circostanza che A. avesse reputato insufficienti a consentire la redazione del progetto di completamento i rilievi fino ad allora trasmessi alla ricorrente.

Poiché, inoltre, A. non aveva in seguito provveduto alla redazione del documento indicato, nessuna responsabilità avrebbe potuto in definitiva essere ascritta al Consorzio.

C. concludeva, dunque, affinché, revocata la decisione della Sezione n. 8087/2010, venisse annullata la sentenza del T.A.R. per la Puglia n. 1701/2010, e per l’effetto accolto il proprio originario ricorso di merito.

Le ragioni della ricorrente venivano precisate ed illustrate con una successiva memoria, con la quale si insisteva per l’accoglimento del nuovo ricorso.

A questo resistevano la A. s.p.a. (ormai in liquidazione) ed il comune di Foggia, che ne deducevano l’inammissibilità e comunque l’infondatezza, richiedendone il rigetto.

Alla pubblica udienza del 4 novembre 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

4 Il ricorso è inammissibile.

Vale la pena di ricordare, in termini generali, che l’errore di fatto che può dar luogo alla revocazione si sostanzia in una falsa percezione da parte del giudice della realtà risultante dagli atti di causa, consistente in una svista materiale che abbia indotto ad affermare l’esistenza di un fatto incontestatamente inesistente, oppure a considerare inesistente un fatto la cui verità, al contrario, risulti positivamente accertata. In ambo i casi ciò vale, tuttavia, solo se il fatto (erroneo) sia stato un elemento decisivo della pronuncia revocanda (l’errata percezione deve essere stata determinante sulla decisione, nel senso che occorre un rapporto di necessaria causalità tra l’erronea supposizione e la pronuncia stessa: cfr. Cons. Stato, Sez. V: 20/10/2005, n. 5896; 31/7/2008, n. 3816; Sez. IV: 19/6/2009, n. 3296; 21/4/2009, n. 2414), e se esso non attenga ad un punto controverso sul quale la sentenza abbia pronunciato, perché in tale diverso caso sussiste, semmai, un errore di diritto (C.G.A., 3 marzo 1999, n. 83), e con la domanda di revocazione si verrebbe in sostanza a censurare la valutazione e l’interpretazione delle risultanze processuali (Cons. Stato, A.Pl., n. 2 del 17\5\2010).

L’errore, inoltre, deve apparire con immediatezza ed essere di semplice e concreta rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche. Esso non può perciò consistere in un preteso inesatto od incompleto apprezzamento delle risultanze e documenti processuali, ovvero in un’anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, vertendosi in questo caso in un’ipotesi di errore di giudizio attinente all’attività valutativa del giudice, che come tale esula dall’ambito della revocazione, pena la trasformazione dello strumento revocatorio in un inammissibile terzo grado di giudizio (cfr., tra le più recenti, Cons. St., Sez. V, 18 settembre 2008 n. 4495; 29 gennaio 2008, n. 241). Da ciò la pacifica inammissibilità della domanda di revocazione che si fondi sull’erroneo apprezzamento delle risultanze del fatto stesso, e quindi su di una inesatta valutazione o interpretazione dei fatti (Cons. Stato, Ad. plen., 10 giugno 1980, n. 27, e 17 maggio 2010, n. 2; Sez. IV, 13/4/2005, n. 1735; per il giudizio civile v. Cass., 18 febbraio 1995, n. 1803 e Cass., 26 febbraio 1992, n. 2394, secondo cui l’errore che cade sull’apprezzamento delle risultanze processuali, in quanto errore di giudizio, non costituisce motivo di revocazione, ma piuttosto motivo denunziabile in Cassazione sotto il profilo della contraddittoria o insufficiente motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c.).

5 Alla luce di questo richiamo dei consolidati indirizzi giurisprudenziali riflettenti le condizioni di esperibilità del gravame revocatorio l’inammissibilità del ricorso in trattazione si rivela in maniera immediata sotto plurimi, convergenti profili.

Seguendo l’impostazione a base del ricorso, la mancata citazione nel testo della sentenza in epigrafe del verbale del 25 febbraio 2008 sarebbe un indice dell’avvenuta obliterazione di tale fonte nel processo formativo del convincimento della Sezione.

E tale obliterazione, a sua volta, avrebbe generato un errore di fatto sui dati che tale documento rispecchiava, non permettendo al Collegio di avvedersi della consapevolezza, emersa in tale sede, che le informazioni messe fino a quel momento a disposizione di C. erano insufficienti ai fini della redazione da parte sua del progetto di completamento: onde lo stato di consistenza delle opere della precedente aggiudicataria, che non poteva perciò dirsi ancora compiuto, sarebbe stato fatto nei giorni successivi da A., e solo dopo di ciò C. avrebbe dovuto redigere il progetto di completamento.

6 La concatenazione argomentativa così proposta è però fallace sin dal suo primo passaggio logico.

Come è noto, nessuna regola impone agli organi giurisdizionali di citare analiticamente gli estremi di tutti i documenti di cui tengono comunque conto ai fini delle loro decisioni.

La ricorrente, conscia di tanto, per munire di una consistenza le proprie argomentazioni tese a dimostrare l’esistenza di una svista assume, allora, che nella sentenza impugnata si troverebbero menzionati solo documenti anteriori al verbale del quale si tratta, quasi che il Collegio, nel corso della propria ricognizione dei documenti di causa, si fosse prematuramente arrestato, omettendo di vagliare quelli posteriori ad una certa soglia temporale.

Una simile illazione è però smentita per tabulas dalla circostanza (rimarcata dalla difesa municipale) che la decisione impugnata menziona, in realtà, anche documenti successivi al predetto verbale. Vi si cita, in particolare (alla pag. 6), il fatto che il responsabile del procedimento, con lettera del 1° aprile 2008, "aveva infine rappresentato al Consorzio di aver fornito tutti gli elementi necessari per la redazione del progetto ed aveva avvertito che, decorsi dieci giorni e considerata l’urgenza di dare avvio ai lavori, il comune avrebbe formalmente preso atto della rinuncia all’assunzione dell’appalto."

Vale poi notare come tale lettera, posteriore al verbale valorizzato qui dalla ricorrente, recasse l’affermazione: "All’uopo è stato fornito alla S.V. in varie fasi, l’ultima con mail del 17 marzo 2008, tutti gli elementi necessari a tale scopo" (la redazione del progetto di completamento).

La lettera del 1° aprile 2008 sul quale si è concentrata l’attenzione della Sezione si presentava, dunque, tanto per la propria posteriorità rispetto al verbale, quanto per i propri contenuti, come un superamento di quanto lo stesso recava.

Ne consegue che l’assunto di parte circa la svista che vizierebbe la decisione non risulta sorretto da alcun fondamento. Se il verbale non è stato menzionato nel corpo della decisione (così come, del resto, la maggior parte dei documenti dei fascicoli processuali non viene menzionata nel testo delle sentenze che definiscono le relative vicende), ciò è avvenuto semplicemente perché il giudicante non ha ritenuto essenziale farlo.

7 Solo per completezza si aggiunge che la ineluttabile conclusione della inammissibilità del ricorso è imposta anche da ulteriori profili argomentativi.

L’ipotetico errore non possiederebbe nemmeno carattere essenziale, e quindi decisivo al sostegno della decisione revocanda, ed in ogni caso verterebbe sul merito delle valutazioni compiute dalla Sezione. Onde neppure sotto questi aspetti esso potrebbe integrare un motivo di revocazione.

7a Dal primo punto di vista, infatti, si può notare come, diversamente da quanto assume la ricorrente, la Sezione non ha affatto ritenuto che lo stato di consistenza pervenuto a C. fosse necessariamente completo.

La ratio decidendi a base della sentenza era più ampia e profonda, affondando le proprie radici in una valutazione complessiva, alla luce delle risultanze disponibili, della condotta tenuta da C.. Nella detta prospettiva la Sezione, posta dinanzi alla tesi dell’appellante che in difetto dello stato di consistenza delle opere della precedente appaltatrice non sarebbe stato possibile, per C., redigere il progetto di completamento, ha osservato (pagg. 67): da un lato, che il comune di Foggia "a più riprese aveva messo a disposizione, quantomeno, una bozza di stato di consistenza delle opere esistenti" (e non pare dubbio, è appena il caso di esplicitarlo, che proprio nulla impediva a C. di collaborare per integrarne le eventuali lacune); dall’altro, e complessivamente, che nella situazione data, e avuto riguardo "alla interminabile durata della corrispondenza intercorsa tra le parti", la stessa appellante non risultava avere tenuto "quella condotta diligente e collaborativa che sarebbe stata necessaria, per la proficua gestione della fase successiva all’annullamento dell’originaria aggiudicazione".

7b Sicché, venendo alla seconda prospettiva accennata, dovrebbe essere agevole comprendere anche come nella specie, sotto la forma dell’errore di fatto ipotizzato, si agisca oggettivamente per chiamare in causa, in realtà, la complessiva interpretazione data dal Collegio alle risultanze di causa, e dunque il merito della sua valutazione circa la negligenza imputabile a C., con la conseguenza che una disamina del merito dell’impugnativa si tradurrebbe in un abnorme terzo grado di giudizio.

8 Per quanto esposto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese sono liquidate secondo soccombenza dal seguente dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe.

Condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali, liquidate in parti uguali alle resistenti nella complessiva misura di quattromila euro, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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