Cons. Stato Sez. V, Sent., 18-11-2011, n. 6074 Controinteressati al ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto n. 199/PM del 30 gennaio 1998 le signore L. S. ed Elvezia Angelelli, proprietarie degli immobili siti nel Comune di Nardò (Lecce), frazione di S. Maria al Bagno, alla Via Emanuele Filiberto (Lungomare) nn. 136 e 134, venivano autorizzate ad installare a propria cura e spese due cartelli, all’inizio e alla fine della strada anonima inerpicantesi in salita tra i loro due immobili, con la dicitura "strada privata e divieto di accesso per i non residenti".

In seguito, tuttavia, con atto n. 640 dell’11.01.1999 emesso dal dirigente f.f. della locale polizia municipale su sollecitazione di corrispondenti istanze del 20.05.98 e del 2.10.1998 da parte del sig. M. M., e senza esperire particolari accertamenti istruttori, l’atto autorizzatorio veniva modificato, nel senso di consentire nel cartello esclusivamente la dicitura "strada privata", senza l’ulteriore scritta "divieto di accesso esclusi i residenti", che avrebbe dovuto essere quindi eliminata. Ciò sul rilievo che la strada in questione, pur mai acquisita al patrimonio del Comune, né formalmente destinata ad uso pubblico, sarebbe stata comunque adoperata da coloro le cui proprietà si trovavano a monte della medesima strada per collegarsi con Via E. Filiberto.

Avverso la riforma dell’atto la sig.ra S. proponeva ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Il suo ricorso trovava accoglimento con decreto del Presidente della Repubblica del 12.02.2002 dietro conforme parere del Consiglio di Stato, a sua volta reso sulla scorta di un’istruttoria con sopralluogo del Provveditorato alle Opere Pubbliche della Puglia.

Avverso il decreto presidenziale di annullamento dell’atto municipale dell’11/1/1999 insorgeva il sig. M., con ricorso notificato il 9, 11 e 12 novembre 2002 al TAR per la Puglia.

Del decreto veniva chiesto l’annullamento per i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione dell’articolo 4 del D. P. R. n. 1199/71 e del principio del contraddittorio: il ricorrente deduceva l’illegittimità del decreto presidenziale in quanto il relativo ricorso straordinario non gli era stato notificato, ai sensi del terzo comma dell’art. 10 del d.lgs. 24 novembre 1971 n. 1199, benché egli rivestisse al riguardo la qualità di soggetto controinteressato.

2) Eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e difetto di istruttoria: le circostanze fattuali sulle quali poggiava il provvedimento impugnato non avrebbero trovato riscontro nella realtà, dal momento che la strada in questione sarebbe stata idonea al pubblico transito e percorribile sia da parte dei pedoni, sia, per un certo tratto, anche da parte degli autoveicoli; ed essa avrebbe rappresentato un comodo passaggio per coloro (come, secondo quanto avrebbe ritenuto il T.A.R., lo stesso ricorrente) che avevano la possibilità, per suo tramite, di accedere alle rispettive proprietà collocate a monte.

Si costituivano in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, il Comune di Nardò e la sig.ra S., resistendo all’impugnativa.

Il TAR adito con la sentenza n. 2566/2004 in epigrafe accoglieva il ricorso.

La decisione riconosceva in capo al sig. M. veste di controinteressato. Di conseguenza, ai fini della valida presentazione del ricorso straordinario ne sarebbe stata necessaria la notificazione anche nei suoi confronti, ai sensi degli artt. 4 e 10 del d.P.R. n. 1199/71, con le forme previste per i ricorsi giurisdizionali.

Il Tribunale, non fermandosi a tale rilievo, estendeva inoltre il proprio sindacato anche al merito della controversia, ritenendo, contrariamente a quanto era stato accertato in sede giustiziale, che l’atto comunale ivi a suo tempo impugnato non fosse illegittimo.

Queste le considerazioni svolte in proposito dal Giudice salentino.

"…il provvedimento di modifica dell’atto autorizzatorio n. 199/PM del Comune di Nardò, limitandone la portata all’installazione di un cartello recante la dicitura di "strada privata", risulta sorretto da motivazione congrua ed adeguata rispetto agli accertati elementi fattuali. Ed, infatti, al di là delle questioni relative alla proprietà della strada e del suo assoggettamento ad uso pubblico, assume rilievo decisivo la constatazione operata dal Comune di Nardò secondo cui la stessa viene usata come collegamento con via E. Filiberto da parte di coloro le cui proprietà si trovano a monte della strada medesima. Si tratta di una circostanza in fatto che non presenta i denunciati profili di perplessità o di travisamento nei suoi presupposti valutativi: da un lato, infatti, una siffatta utilizzazione della strada, oltre a corrispondere ad oggettive esigenze evidenziate dall’odierno ricorrente, non si presenta manifestamente incompatibile con lo stato dei luoghi; per altro verso, gli accertamenti istruttori compiuti in sede di ricorso straordinario e le stesse controdeduzioni del Comune di Nardò non indicano una radicale ed assoluta inidoneità della strada a tale forma di impiego, limitandosi a segnalare una difficoltà di accesso in considerazione sia dell’ubicazione e delle caratteristiche dello stradone, sia della sua struttura e della sua collocazione in salita. Alla stregua di ciò, la contestazione del provvedimento sopra indicato, basato proprio sull’eccesso di potere in cui sarebbe incorsa l’A.C. per sviamento, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, inidonea istruttoria e perplessità, risulta priva di fondamento."

Contro la sentenza del TAR per la Puglia la sig.ra S. proponeva quindi il presente appello, a sostegno del quale articolava quattro motivi d’impugnazione e cinque ulteriori mezzi dedotti in via subordinata.

L’appellante contestava, in particolare, tanto la qualità di controinteressato dell’originario ricorrente, quanto le valutazioni espresse dal primo Giudice sul merito della causa già definita in sede straordinaria, allegando che la decisione appellata si basava sull’erronea supposizione che la proprietà del M. fosse ubicata a monte della strada in contestazione, e che per tale ragione egli se ne avvalesse come collegamento con via E. Filiberto.

L’appellante puntualizzava, inoltre: che la strada in questione, ripida e pericolosa, si sviluppava in senso perpendicolare al lungomare Via Filiberto, per una lunghezza totale di circa 50 metri; che su di essa si fronteggiavano le sole proprietà di essa appellante (con un garage) e della sig.ra Angelelli (con un cancello); che la strada era percorribile solo fino all’altezza del garage S. (posto circa a due terzi della salita), giacché nel punto più alto esistevano pendenze, sassi e punte di scogli che rendevano pericoloso il transito dei pedoni, ed ancor di più quello veicolare; che la pericolosità del suo tratto superiore era stata avvalorata dall’istruttoria condotta dal Provveditorato alle Opere Pubbliche della Puglia, che, dinanzi ad un piano stradale sterrato e dissestato in forte pendenza, aveva concluso per l’opportunità, ai fini della salvaguardia della pubblica incolumità, di interdire fisicamente l’accesso alla strada ai non residenti mediante sistemi fissi (tipo catena o cancello); che occorreva anche evitare che la parte più bassa della strada si tramutasse di fatto, specie d’estate, in un parcheggio, e ne venisse così ostacolato l’uso del garage e del cancello delle due proprietarie istanti; che il M. non poteva vantare alcun particolare collegamento con la strada, utilizzata da sempre unicamente dalle signore S. e Angelelli, poiché egli abitava in una delle villette del Lungomare e non risiedeva, quindi, né in un immobile prospiciente la strada privata, né nell’edificio ubicato a monte; quanto a quest’ultimo, che lo stesso era collegato al lungomare da una apposita e comoda strada asfaltata, onde i suoi proprietari non utilizzavano (né del resto avrebbero potuto farlo) lo stradone; infine, che l’autorizzazione originariamente assentita limitava solo l’accesso veicolare, e non anche quello pedonale.

L’appellante eccepiva, altresì, la carenza di interesse del M., facendo notare come, posto che i provvedimenti in questione non mettevano in discussione l’accesso pedonale, ma solo quello veicolare, rispetto a quest’ultimo lo stesso M. aveva ammesso che la strada era percorribile soltanto per un certo tratto.

Si costituivano in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, senza svolgere argomentazioni difensive, ed il Comune di Nardò, che depositava una memoria adesiva alle tesi e conclusioni dell’appellante.

Con ordinanza n. 2902 del 22 giugno 2004 la domanda cautelare dell’appellante veniva accolta, sulla base della seguente motivazione: "Ritenuto che ad un primo esame il ricorso appare fondato sia con riferimento alla dubbia qualificazione di controinteressato attribuibile all’appellato sia con riferimento agli aspetti procedurali".

Con successiva memoria l’appellante illustrava ulteriormente le proprie tesi, insistendo per l’accoglimento dell’impugnativa.

Alla pubblica udienza del 4 novembre 2011 l’appello è stato trattenuto in decisione.

L’appello è fondato.

1 Ai fini di causa è dirimente verificare se il M. rivestisse effettivamente veste di controinteressato.

Giova allora ricordare le considerazioni che hanno condotto il Tribunale a dare risposta affermativa al quesito: "il tenore letterale dell’atto impugnato in sede di ricorso straordinario, il significativo ruolo promozionale e partecipativo assunto dall’odierno ricorrente all’interno del relativo procedimento ed, infine, la titolarità in capo allo stesso di una pretesa sostanziale differenziata e qualificata al corretto esercizio della funzione amministrativa in esame ed immediatamente incisa dall’atto in questione depongono, senz’altro, nel senso della sua riconduzione nel novero dei soggetti direttamente interessati ed individuabili sulla base dell’atto impugnato, con conseguente assegnazione del ruolo di controinteressato, in quanto in posizione tendente alla conservazione dell’atto impugnato e di portatore di un interesse contrario rispetto a quello posto a fondamento della richiesta di annullamento avanzata con il ricorso straordinario."

Il Tribunale muoveva, quindi, dalla premessa che il Comune si fosse determinato a modificare la precedente autorizzazione (e consentire l’installazione di un cartello recante la sola dicitura di "strada privata") in quanto tale strada, che pure non risultava acquisita al patrimonio comunale, né assoggettata ad uso pubblico, sarebbe stata usata come collegamento con via E. Filiberto da parte di coloro (come, in tesi, il M.) le cui proprietà si trovano a monte della strada medesima.

Il TAR, dunque, ha deciso sul presupposto che il M. abitasse in un immobile a monte, servito dalla strada in discorso, e fosse quindi in qualche modo pregiudicato dai cartelli in discussione.

Tale presupposto, tuttavia, è errato.

In primo grado l’originario ricorrente si era in realtà limitato: nel proprio ricorso, non senza ambiguità, ad affermare che la strada "rappresenta un comodo passaggio per chi, come il sig. M., ha la possibilità, tramite essa, di accedere alle rispettive proprietà collocate a monte della stessa" (pagg. 78); nel prosieguo del giudizio, con la memoria del 9/3/1994, lungi dal fornire elementi più precisi, a riferire soltanto, in modo del tutto generico, di avere percorso, in precedenza, "comodamente la suddetta strada per raggiungere la propria abitazione, ubicata nelle vicinanze".

Il fatto è che lo stato dei luoghi avrebbe richiesto da parte sua una ben maggiore puntualità di allegazioni e di elementi di prova, atteso il suo essere residente sul Lungomare, al civico 126 della Via Filiberto, e stante il fatto che l’attuale appellante, in precedenza, nel proprio ricorso straordinario (accolto) aveva già dedotto: che non era esatto che lo stradone fosse utilizzato dagli abitanti a monte, usando essi altra strada, precisamente indicata; e che il M., che non abitava affatto nella parte più alta della collina, agiva mosso solo da risentimenti personali.

D’altra parte, l’appellato, nelle proprie due istanze che avrebbero indotto alla modifica dell’iniziale autorizzazione, non aveva delineato alcun proprio specifico interesse personale, bensì dava mostra di volersi adoperare a difesa della mera -asserita- fruizione pubblica della strada, dichiarando che questa era "stata sempre aperta ed ininterrottamente utilizzata in modo pacifico ed indisturbato per il pubblico transito di persone e mezzi, particolarmente nel periodo estivo" (istanza del 20/5/1998).

Né poteva valeva a fargli guadagnare la qualità di controinteressato il mero fatto dell’avere inoltrato le suddette istanze.

Secondo un consolidato insegnamento della giurisprudenza, infatti, i soggetti che presentano un esposto alla P.A. per influire sull’esercizio del potere amministrativo non assumono, solo per questo, la qualità di controinteressati, in quanto l’esposto si atteggia soltanto come notizia per l’Amministrazione, la quale poi attiva i poteri che l’ordinamento le attribuisce. Essi, pertanto, non sono destinatari necessari della notifica del ricorso contro il provvedimento conclusivo del relativo procedimento (C.d.S., IV, 15 novembre 2004, n. 7417; V, 9 ottobre 2002, n. 5411; anche più recentemente, ribadisce a fini simili la necessità che il denunciante sia portatore di un interesse particolare e differenziato VI, 16 febbraio 2011, n. 986).

E la stessa impostazione vale anche per gli atti di denuncia, che consistono nell’esposizione e segnalazione alla P.A., da parte di un privato, di una situazione dalla quale non emerge una specifica pretesa al compimento dell’atto, ma nella quale è comunque legittimo e opportuno un intervento dell’autorità. Anche la denuncia, di per sé, non manifesta un interesse qualificato, ma un interesse semplice alla legittimità e convenienza dell’azione amministrativa, con la conseguenza che neanche il denunciante in quanto tale riveste la qualifica di controinteressato (V, 24 dicembre 2001, n. 6389).

Nel processo amministrativo, invero, la qualità di controinteressato in senso tecnico deve essere riconosciuta a coloro che, oltre ad essere nominativamente indicati nel provvedimento stesso o comunque agevolmente individuabili in base ad esso (c.d. elemento formale) (V, 1° dicembre 1999, n. 2032; 9 ottobre 2002, n. 5411), si presentino come portatori di un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione dell’atto (in quanto questo di norma attribuisce loro in via diretta, appunto, una situazione giuridica di vantaggio), interesse che deve essere di natura eguale e contraria a quello del ricorrente (c.d. elemento sostanziale), non essendo qualificabili, invece, come controinteressati i soggetti la cui posizione sia incisa solo in modo indiretto e riflesso, e tantomeno coloro i quali non possano subire alcuna sorta di pregiudizio.

Per converso, a sostegno della rivendicazione del titolo di contraddittore necessario da parte dell’originario ricorrente esisterebbero solo degli indici puramente formali, quali l’essere stato l’atto modificativo assunto proprio su sollecitazione del M., ed il fatto che l’atto medesimo menzioni tale circostanza citando anche il suo nome e sia stato comunicato anche a lui (ricorso di primo grado, pag. 5; memoria del 9 marzo 2004).

Da qui l’impossibilità di accreditare il M. come controinteressato, e dunque l’insussistenza del vizio in procedendo che la sentenza appellata aveva ascritto all’impugnato d.P.R. 12/2/2002 di decisione del ricorso straordinario.

2 Per completezza, infine, si può qui aggiungere, sul merito, quanto segue.

L’assunto del M. che la strada sarebbe percorribile anche nel suo tratto più alto riceve smentita dalle precise conclusioni del Provveditorato alle Opere Pubbliche (confermate dall’Ispettorato generale del Ministero), mai contraddette sul piano tecnico e corroborate, oltretutto, dalla univoca condotta processuale del Comune.

L’Ente locale sin dal primo stadio del presente contenzioso ha preso difatti posizione in favore del ripristino dell’originario tenore dell’autorizzazione del 1998. In occasione delle controdeduzioni al ricorso straordinario, più ampiamente, l’Amministrazione ha del resto precisato: che mai la strada aveva avuto alcuna manutenzione da parte pubblica, né segnaletica od illuminazione comunale; che essa non risultava destinata a pubblico transito, né oggettivamente esistevano gli elementi per una simile destinazione; che lungo la strada non esistevano altri accessi privati oltre al garage della S. e al cancello della Angelelli, e che la stessa non costituiva via di comunicazione.

E l’indicata convergenza di elementi istruttori, che era stata posta in chiara luce nel parere del Consiglio di Stato, Sezione II, del 27/6/2001, favorevole all’accoglimento del ricorso straordinario della S., è stata in seguito posta nel nulla dalla sentenza appellata senza poter disporre di alcuna nuova risultanza istruttoria.

Donde la necessità di una integrale riforma della pronuncia in epigrafe.

3 In conclusione, per le ragioni esposte l’appello deve trovare accoglimento, con conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado per carenza di legittimazione e di interesse.

Sussistono, tuttavia, motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie, e per l’effetto, in riforma dell’impugnata decisione, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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