Cons. Stato Sez. V, Sent., 18-11-2011, n. 6070 Operazioni elettorali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in appello in esame i sigg.ri D. T. e M. F. D. R. hanno premesso che il turno suppletivo delle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale e per l’elezione del Sindaco del Comune di Roseto Valfortore è stato illegittimamente indetto, in quanto l’esito della prima tornata elettorale del 28 e 29 marzo 2010 non era di 434 voti per ciascuna delle due liste in competizione, bensì di 432 voti a favore della lista n. 2 "Obiettivo Roseto" e di 435 a favore della lista n. 1 "Il Popolo della Libertà Berlusconi per Roseto".

Hanno quindi chiesto l’annullamento della sentenza in epigrafe indicata, di reiezione del ricorso giurisdizionale proposto per l’annullamento e la rettifica di detto risultato elettorale (nel sostanziale assunto che alla lista n. 2 sarebbero stati attribuiti illegittimamente due voti che avrebbero dovuto essere annullati, avendo segni di riconoscimento, mentre alla lista n. 1, non sarebbe stato attribuito un voto espresso chiaramente in favore di candidato di detta lista), deducendo i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 71 del d. lgs. n. 267/2000. Violazione e falsa applicazione dell’art. 64 del d.P.R. n. 570/1960.

Erroneamente il T.A.R. avrebbe affermato, con riguardo alla circostanza che nella sezione n. 2 era stato ritenuto valido ed attribuito alla lista n. 2 il voto relativo ad una scheda su cui era riportata la preferenza "G." (che non corrispondeva ad alcun candidato alle elezioni comunali), che l’indicazione di un nome di preferenza inesistente tra i candidati non comporta la riconoscibilità del voto.

Nel caso di specie la riconoscibilità del voto di preferenza ha reso quindi nullo l’intero voto.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 71 del d.lgs. n. 267/2000 e dell’art. 64 del d.P.R. n. 570/1960.

Erroneamente il Giudice di prime cure ha ritenuto che in presenza di una valida espressione di preferenza la scheda va annullata per difetto di crocesegno sul relativo simbolo.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 71 del d. lgs. n. 267/2000 e dell’art. 64 del d.P.R. n. 570/1960.

Il T.A.R., pur avendo affermato che la deformazione del cognome o la incertezza del nome espresso nelle schede non porta all’annullamento del voto, ha poi ritenuto correttamente annullato il voto contenente la scritta "M." nel riquadro riservato sulla scheda alla lista n. 1, perché non riportante l’indicazione di voto per la lista.

Viceversa, doveva essere considerata valida la scheda riportante la preferenza sopra indicata, chiaramente riferibile al candidato M..

4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 71 del d. lgs. n. 267/2000 e dell’art. 64 del d.P.R. n. 570/1960, disparità di trattamento.

Il Giudice di prime cure, nel ritenere nulla la scheda riportante la scritta "M." (riferibile al candidato M.) ha adottato un metro di giudizio diverso da quello adottato con riferimento alla scheda riportante la scritta "G.", nonostante che i voti fossero stati espressi con le medesime modalità.

5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 71 del d. lgs. n. 267/2000 e dell’art. 64 del d.P.R. n. 570/1960.

Erroneamente è stata ritenuta valida una scheda elettorale recante tre puntini posti a mezza altezza dopo in nome "S.", nell’assunto che essi stavano forse ad indicare il nome proprio del candidato, che l’elettore non ricordava.

Con ordinanza 7 aprile 2011, n. 2150 la Sezione ha disposto adempimenti istruttori.

Alla pubblica udienza del 7.6.2011 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza dell’avvocato della parte appellante come da verbale di causa agli atti del giudizio.

Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in appello in esame i deducenti hanno chiesto l’annullamento della sentenza in epigrafe specificata, di reiezione del ricorso proposto per l’annullamento delle operazioni elettorali per l’elezione del Sindaco e del Consiglio comunale del Comune di Roseto Valfortore.

2.- Con il primo motivo di appello è stata dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 71 del d. lgs. n. 267/2000 e dell’art. 64 del d.P.R. n. 570/1960 in quanto il

T.A.R. avrebbe erroneamente affermato, con riguardo alla circostanza che nella sezione n. 2 era stato ritenuto valido ed attribuito alla lista n. 2 il voto relativo ad una scheda su cui era riportata la preferenza "G." (non corrispondente ad alcun candidato alle elezioni comunali), che l’indicazione di un nome di preferenza inesistente tra i candidati non comporta la riconoscibilità del voto.

Seguendo la tesi fatta propria dal T.A.R. si addiverrebbe alla incondivisibile conclusione che ogni elettore, dopo aver segnato il contrassegno sulla lista, potrebbe apporre sulla scheda il proprio nome e cognome, senza che ciò comporti l’annullamento del voto, come pure nell’ipotesi che venga apposto sulla scheda un nome preventivamente concordato ai fini della sua riconoscibilità.

Nel caso di specie la riconoscibilità del voto di preferenza avrebbe reso quindi nullo l’intero voto.

2.1.- Osserva al riguardo la Sezione che l’art. 64, d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, nello stabilire la nullità del voto contenuto in schede che presentino scritture o segni tali da far ritenere in modo inoppugnabile la volontà dell’elettore di far riconoscere il proprio voto, deve essere inteso in senso oggettivo, ossia considerando nulle quelle schede che rechino scritte o segni estranei alle esigenze di espressione del voto e che non trovino ragionevoli spiegazioni nelle modalità con cui l’elettore ha inteso esprimere il voto stesso (Consiglio Stato sez. V, 22 giugno 1996, n. 790).

Al principio generale del "favor voti" enunciato dal primo comma di detto art. 64 fanno infatti eccezione i casi di nullità previsti dal comma seguente, tra i quali rientra al n. 2 la fattispecie denunciata, consistente in "scritture o segni tali da far ritenere, in modo inoppugnabile, che l’elettore abbia voluto far riconoscere il proprio voto"; pertanto le mere anomalie del tratto, le incertezze grafiche, l’imprecisa collocazione dell’espressione di voto rispetto agli spazi a ciò riservati ovvero indicazioni di incerta identificazione della volontà o suscettibili di spiegazioni diverse non invalidano di per sé il voto espresso (Consiglio di Stato, Sezione V, 28 settembre 2005, n. 5187).

Nel caso di specie la indicazione del nominativo inesistente è verosimilmente da ascriversi ad inesatta informazione o ad una difficoltà di scrittura, restando invece non acclarata l’intenzione inequivocabile di violare la regola della segretezza del voto.

Diverso invero è l’isolato episodio in questione dalle ipotetiche fattispecie cui è fatto cenno nel motivo in esame, come l’apposizione delle generalità dell’elettore sulla scheda, in cui la riconoscibilità del voto sarebbe assolutamente ed inequivocabilmente palese, o del nome preventivamente concordato al fine di riconoscere il voto, stante la insussistenza nel caso concreto del benché minimo indizio di un tale surrettizio intento.

Aggiungasi che, ai sensi dell’art. 64 del d.P.R. n. 570/1960, nei Comuni con popolazione fino a quindicimila abitanti la nullità del voto di preferenza a favore del candidato a consigliere comunale non comporta la nullità del voto di lista, che resta quindi valido (Consiglio Stato, sez. V, 18 gennaio 2006, n. 109).

La scheda, come quella de qua, che riporta un valido crocesegno sul simbolo della lista e la indicazione della preferenza per un candidato inesistente ha quindi, comunque, validità, anche se, ovviamente, soltanto per la lista; infatti l’elettore nel vigente sistema esprime una duplice ed autonoma manifestazione di volontà, quella (esplicita) rivolta alla scelta del candidato, e quella (anche implicita) diretta alla scelta della lista; pertanto la inefficacia della preferenza espressa in favore del candidato e non costituente segno di riconoscimento non può mai ripercuotersi sul voto di lista, data appunto l’autonomia della relativa manifestazione di volontà.

La censura in esame non può quindi essere condivisa.

3.- Con il secondo motivo di gravame è stato dedotto che l’affermazione del T.A.R., che la scheda riportante la scritta "M." nello spazio delle preferenze della lista n. 1 era stata annullata non perché ciò costituiva segno di riconoscimento ma perché la scheda era priva di crocesegno sul simbolo della lista e non vi erano elementi da cui desumere la volontà dell’elettore, sarebbe difforme dal consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, secondo il quale nei Comuni sino a quindicimila abitanti i voti di lista sono validi sia se espressi con segno sul simbolo di lista o solo con l’indicazione di preferenza, perché non è previsto il voto disgiunto, nonché quando l’elettore non ha indicato alcun contrassegno di lista, ma ha scritto una o più preferenze per candidati compresi tutti nella medesima lista.

Erroneamente il Giudice di prime cure avrebbe quindi ritenuto che in presenza di una valida espressione di preferenza la scheda va annullata per difetto di crocesegno sul relativo simbolo.

3.1.- La tesi non è suscettibile di condivisione dalla Sezione, atteso che non sussisteva nel caso di specie alcuna valida espressione di voto, non esistendo alcun candidato rispondente al nominativo "M.", e non risultando essere candidato solo un altro candidato della lista n. 1, nel cui quadrante era stata apposta detta scritta, il cui nome o cognome iniziasse per "M.", ma almeno altri tre (M. F. D. R. e M. L. Luisi, della lista n. 1, e Mariano A. della lista n. 2), sicché legittimamente il Presidente del Seggio, in applicazione dei principi cui in precedenza è stato fatto cenno, non ha assegnato il voto ad alcuna lista, non risultando regolarmente apposto il relativo crocesegno sul simbolo di detta lista n. 1.

4.- Con il terzo motivo di appello è stato dedotto che il T.A.R., pur avendo affermato che la deformazione del cognome o la incertezza del nome espresso nelle schede non porta all’annullamento del voto, perché ciò può essere spiegato con la scarsa dimestichezza del votante con la scrittura o la defaillance della memoria e non con l’intento di farsi riconoscere, ha poi ritenuto correttamente annullato il voto contenente la scritta "M." nel riquadro riservato sulla scheda alla lista n. 1, perché non riportante l’indicazione di voto per la lista.

Viceversa, accertato che la mancata apposizione del crocesegno sulla lista non comporta alcun equivoco sull’espressione di voto, dovendosi questo intendere dato anche alla lista cui si riferisce la preferenza, applicando alla scheda di cui trattasi il criterio che trattasi relativo alla deformazione del cognome del candidato, doveva essere considerata valida la scheda riportante la preferenza sopra indicata, chiaramente riferibile al candidato M. della scheda votata con detto nominativo "M." segnato nel riquadro riservato alla lista di sua appartenenza.

Con il quarto motivo di gravame è stata dedotta violazione di legge e disparità di trattamento perché il Giudice di prime cure, nel ritenere nulla la scheda riportante la scritta "M." (riferibile al candidato M.) avrebbe adottato un metro di giudizio diverso da quello adottato con riferimento alla scheda riportante la scritta "G." (non riferibile ad alcun candidato), nonostante che i voti fossero stati espressi con le medesime modalità.

4.1.- La Sezione ritiene incondivisibili le censure perché basate sulla tesi, che in precedenza è stata valutata errata, che la scheda con indicato il nominativo "M." fosse chiaramente ed incontrovertibilmente riferita al candidato M..

5.- Con il quinto motivo di appello è stato dedotto che erroneamente il T.A.R. avrebbe ritenuto valida una scheda elettorale recante tre puntini posti a mezza altezza dopo in nome "S.", nell’assunto che essi stavano forse ad indicare il nome proprio del candidato, che l’elettore non ricordava.

Sarebbe infatti incomprensibile la connessione tra la apposizione di tre punti a mezza altezza dopo il nome del candidato, con la tesi del T.A.R. sopra indicata, mentre l’evento esprimeva chiaramente la volontà dell’elettore di far riconoscere il proprio voto.

5.1.- La Sezione non valuta come positivamente apprezzabile la tesi sopra riportata perché l’apposizione di detti tre puntini non può costituire segno di riconoscimento dal momento che all’evidenza consiste in una incertezza grafica suscettibile di spiegazione diversa dalla intenzione incontrovertibile di apposizione di un segno di riconoscimento e non invalida di per sé il voto espresso, essendo tipica espressione di incertezza su quanto si intenda scrivere il ticchettio della matita sul foglio bianco.

6.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

7.- Nessuna determinazione può essere assunta in ordine alle spese della presente fase del giudizio, stante la omessa costituzione delle controparti intimate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, respinge l’appello in esame

Nulla per le spese.

Spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:

Marzio Branca, Presidente

Roberto Chieppa, Consigliere

Eugenio Mele, Consigliere

A. Amicuzzi, Consigliere, Estensore

Nicola Gaviano, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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