Cass. civ. Sez. VI, Sent., 03-04-2012, n. 5299 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che P.C., con ricorso del 17 maggio 2010, ha impugnato per cassazione – deducendo cinque motivi di censura – il decreto in data 15 febbraio 2010, con il quale la Corte d’appello di Napoli, pronunciando sul ricorso del P. volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, ha rigettato la domanda;

che il Ministro dell’economia e delle finanze ha resistito con controricorso;

che, in particolare, l’equa riparazione del danno non patrimoniale era stata richiesta per l’irragionevole durata di un giudizio di pubblico impiego iniziato con ricorso depositato il 3 luglio 1997 e definito con sentenza del TAR Campania 16 maggio 2007;

che la Corte d’appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato, ha respinto il ricorso, osservando che nel processo presupposto erano mancate istanze di prelievo, volte ad ottenere la più sollecita definizione del procedimento, e che la domanda aveva avuto esito negativo per prescrizione della pretesa azionata.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;

che, con i motivi di censura, illustrati con memoria, viene denunciata come illegittima, anche sotto il profilo dei vizi di motivazione, l’esclusione del riconoscimento del diritto all’equa riparazione;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito precisati;

che, in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, ed in fattispecie cui non è applicabile, ratione temporis, il D.L. 25 gennaio 2008, n. 112, convertito nella L. 6 agosto 2008, n. 133, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, è riscontrabile davanti al giudice amministrativo con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che la decorrenza del termine di ragionevole durata possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo o alla ritardata presentazione di essa, atteso che tale evenienza può incidere esclusivamente sulla determinazione dell’indennità spettante, ai sensi dell’art. 2056 cod. civ., all’avente diritto, come ribadito dai più recenti orientamenti della Corte Europea dei diritti dell’uomo, secondo i quali è possibile al giudice nazionale modulare la quantificazione del risarcimento in considerazione della peculiarità del caso e scendere al di sotto dell’importo di mille Euro normalmente liquidate (Cass., Sez. 1, 18 giugno 2010, n. 14753);

che, d’altra parte, neppure rileva che la domanda nel processo presupposto sia stata rigettata;

che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, infatti, in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, il diritto all’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 spetta a tutte le parti del processo, indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti, costituendo l’ansia e la sofferenza per l’eccessiva durata del processo i riflessi psicologici del perdurare dell’incertezza in ordine alle posizioni in esso coinvolte, ciò ad eccezione dei casi in cui il soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire proprio il perfezionamento della fattispecie di cui al richiamato art. 2, e dunque in difetto di una condizione soggettiva di incertezza, nei quali casi l’esistenza di queste situazioni, costituenti abuso del processo, deve essere provata puntualmente dall’Amministrazione, non essendo sufficiente, a tal fine, la deduzione che la domanda della parte – come nella specie – sia stata dichiarata inammissibile (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 6^-1, 6 dicembre 2011, n. 26283);

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;

che il processo presupposto de quo ha avuto una durata complessiva di nove anni e dieci mesi, superiore alla durata media ragionevole di tre anni, secondo gli standard della Corte Europea dei diritti dell’uomo;

che questa Corte, sussistendo il diritto alla riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, considera equa, sulla base dei criteri applicati in casi analoghi, la liquidazione del danno non patrimoniale in Euro 6.250, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;

che le spese del giudizio – sia di legittimità che di merito – seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo, con distrazione in favore dell’Avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosene antistatario.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di Euro 6.250, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, in complessivi Euro 1.140, di cui Euro 50 per esborsi, Euro 490 per diritti ed Euro 600 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, e, per il giudizio di legittimità, in complessivi Euro 965, di cui Euro 100 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, spese distratte, per entrambi i gradi, in favore dell’Avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosene antistatario.

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