Cass. civ. Sez. VI, Sent., 03-04-2012, n. 5294 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che con decreto del 26 gennaio 2010, la Corte di appello di Perugia ha rigettato la domanda di equa riparazione proposta da L.V. nei confronti del Ministero della giustizia per la violazione del termine di ragionevole durata di un processo penale per falso e truffa che lo vide denunciante e parte civile;

che la Corte d’appello ha rilevato che il tempo processuale – dal giugno 2002, data prima della quale il denunciante non poteva assumere la veste di parte del processo, al giugno 2008 – non ha superato quello ragionevolmente necessario alla definizione dei quattro gradi del procedimento svoltosi (primo grado, appello, cassazione e giudizio di rinvio);

che avverso il predetto decreto l’istante propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi;

che il Ministero resiste con controricorso.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che il primo motivo (violazione e falsa applicazione della L. 24 novembre 2001, n. 89, art. 2, e 6, par. 1, della CEDU) lamenta che la Corte d’appello abbia escluso un primo periodo iniziale dal 1993 al 2002 antecedente all’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero nonchè il periodo di un anno relativo al giudizio di cassazione a seguito di impugnazione del provvedimento del giudice di rinvio, essendo il processo terminato nell’aprile 2009;

che il motivo è infondato;

che, nell’escludere la computabilità del periodo antecedente all’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero, la Corte d’appello si è attenuta al principio secondo cui, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la persona offesa dal reato che al fine di conseguire il risarcimento del danno si sia costituita parte civile nel processo penale instaurato dal pubblico ministero contro l’autore di detto reato, ha diritto alla ragionevole durata del processo, con le connesse conseguenze indennitarie in caso di violazione, soltanto a partire dal momento della costituzione di parte civile, senza che possa darsi alcun rilievo al fatto che essa persona offesa dal reato abbia, comunque, dovuto attendere lo sviluppo del procedimento per potersi costituire parte civile (Cass., Sez. 1, 29 settembre 2005, n. 19032);

che, per il resto, il decreto territoriale si è attenuto alla costante giurisprudenza in punto di determinazione del periodo di ragionevole durata, in base alla quale è congruo, per un processo di media complessità come quello di specie, il periodo di tre anni in primo grado, due per l’appello, uno per la cassazione ed uno per il giudizio di rinvio;

che il secondo mezzo lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in merito al calcolo dell’indennità dovuta al ricorrente;

che l’esame della censura è assorbito, atteso il rigetto del motivo sull’an debeatur;

che il terzo motivo (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione), con cui si censura la condanna del ricorrente alle spese, è infondato, avendo il decreto impugnato fatto applicazione del principio della soccombenza;

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal Ministro controricorrente, liquidate in complessivi Euro 700 per onorari, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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