T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 18-11-2011, n. 931 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con il ricorso principale le signore A. e M.G. hanno impugnato, nella qualità di proprietarie di suoli confinanti, i titoli edilizi indicati in epigrafe che il comune di S. Giovanni Incarico ha rilasciato ai signori G.G. e A.M.S. nel corso degli anni per la realizzazione e/o sanatoria di vari manufatti realizzati (o da realizzare) sul lotto di loro proprietà.

2. Esse premettono che sul suolo dei controinteressati – che ricade in zona agricola – è stata autorizzata la realizzazione di un fabbricato agricolo con concessione edilizia n. 4 del 1988 (i relativi lavori non sarebbero stati mai ultimati); con concessione n. 28 del 1990 "più volte prorogata" fu poi autorizzata la realizzazione di una stalla, di un silos e di una concimaia. Con la concessione edilizia n. 3 del 2002 (e successiva variante assentita con permesso di costruire n. 11 del 30 giugno 2005) è stato assentito un progetto avente a oggetto la "ristrutturazione parziale e la costruzione di un balcone ad un fabbricato rurale" (in ricorso si precisa che questo manufatto, realizzato in periodo anteriore al 1967 ha beneficiato di concessione edilizia a sanatoria n. 117 del 2000). Infine con il permesso di costruire n. 12 del 6 settembre 2009 il comune ha assentito un progetto di "ristrutturazione edilizia previa demolizione e successiva ricostruzione di un annesso agricolo".

3. Con il ricorso viene anzitutto denunciata l’illegittimità del permesso di costruire del settembre 2009 (i cui lavori non sarebbero stati nemmeno iniziati).

3.1. In primo luogo i ricorrenti sostengono che il progetto assentito con la concessione edilizia n. 4 del 1988 prevedeva che il manufatto in questione dovesse essere demolito; i controinteressati invece non hanno adempiuto all’impegno preso, con il risultato che il volume esistente sulla loro proprietà complessivamente eccede quello massimo consentito dalle vigenti norme urbanistiche. Ciò ad avviso delle ricorrenti non solo renderebbe illegittimo il permesso di costruire del settembre 2009 ma "a cascata" anche la concessione edilizia n. 4 del 1988 e la relativa successiva variante.

A ciò si aggiunge che il progetto assentito nel settembre 2009 si riferisce a un manufatto in muratura con caratteristiche completamente diverse da quelle del manufatto preesistente (quest’ultimo infatti era un manufatto in legno aperto sui lati mentre il progetto approvato dal comune si riferisce a un manufatto in muratura chiuso "di cui non si evince la futura destinazione d’uso").

3.2. Le ricorrenti denunciano inoltre l’illegittimità della concessione edilizia n. 4 del 1988 e n. 28 del 1990 sostenendo che, anche a prescindere dalla mancata demolizione dei manufatti lignei prevista dalla relazione tecnica allegata al progetto approvato nel 1988, risulterebbe comunque superata la volumetria massima realizzabile sulla superficie in questione. A ciò si aggiunge che la concessione era anche subordinata all’acquisizione di un parere/nulla osta/ autorizzazione della provincia in ordine ai distacchi dalla esistente strada provinciale che mai è stato acquisito; infine: a) non è stato presentato "il progetto di isolamento tecnico con nuovi calcoli" parimenti richiesto dal comune; b) sarebbero state violate le norme ambientali per quanto concerne il sistema di smaltimento di quanto proveniente dall’attività agricola; c) non sarebbe stato presentato il titolo di proprietà del richiedente; d) le concessioni sono state rilasciate a titolo gratuito nel presupposto non provato all’amministrazione della qualità di imprenditore agricolo della signora Spiridigliozzi.

3. Le ricorrenti chiedono inoltre l’accertamento della decadenza della concessione edilizia n. 4 del 1988, data la mancata conclusione dei lavori, e della concessione edilizia n. 29 del 1990 in quanto relativamente alla stessa è stata rilasciata una proroga del termine per l’ultimazione dei lavori quando il termine era già scaduto.

4. Si costituivano in giudizio i signori G.G. e A.M.S. che chiedevano la declaratoria di inammissibilità del ricorso per tardività e genericità dei motivi e, in subordine, il suo rigetto.

5. In data 31 gennaio 2011 la signora A.M.S. proponeva "motivi aggiunti" con cui impugnava un’ordinanza di sospensione dei lavori relativi al permesso di costruire n. 12 del 16 settembre 2009 e una successiva ordinanza di demolizione con cui il comune ingiungeva la demolizione dei manufatti realizzati in esecuzione del citato permesso di costruire nel presupposto che fosse risultato che di tali manufatti la concessione edilizia n. 28 del 1990 prevedeva la demolizione (che il concessionario non aveva eseguito).

Con i motivi aggiunti viene denunciato che i provvedimenti repressivi del comune di S. Giovanni Incarico sono intrinsecamente illogici e privi di presupposti in quanto, non essendo stato ritirato il p.d.c. del 16 settembre 2009, essi sanzionano opere edilizie legittime; ove poi il provvedimento dovesse intendersi come implicito ritiro del permesso di costruire risulterebbe violato l’articolo 21nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241

6. Con ordinanza n. 113 del 24 febbraio 2011 la sezione accoglieva l’istanza di tutela cautelare contenuta nei motivi aggiunti e fissava l’udienza per la trattazione del merito.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente occorre esaminare le eccezioni di inammissibilità del ricorso principale proposte dai controinteressati; questi, da un lato, eccepiscono la genericità del ricorso quanto meno con riguardo all’impugnazione della concessione edilizia n. 3 del 22 gennaio 2002, del permesso di costruire in variante n. 11 del 30 giugno 2005 e della concessione edilizia a sanatoria n. 117 del 13 gennaio 2000, evidenziando che nessuna specifica censura è indirizzata contro questi atti; d’altro lato essi eccepiscono la tardività del ricorso, evidenziando che le ricorrenti non possono pretendere, adducendo di aver esercitato il diritto di accesso solo nel marzo del 2010, di impugnare una serie di titoli edilizi risalenti a svariati anni prima e relativi a attività edilizie che da lungo tempo sono state ultimate. Essi richiamano la nota giurisprudenza che nega la possibilità di contestare titoli edilizi in epoca successiva all’ultimazione dei lavori; in ordine al permesso di costruire del 16 settembre 2009 (quello di rilascio più recente) si sostiene in particolare che la piena conoscenza del medesimo è stata conseguita dalle ricorrenti in epoca ben anteriore al marzo 2010 avendolo le stesse contestato con formali esposti al comune sin dall’ottobre dell’anno precedente.

Le eccezioni sono in parte fondate.

Effettivamente le censure recate nel ricorso investono solo una parte degli atti impugnati (essenzialmente i titoli edilizi rilasciati nel 1988 e nel 1990) e – sotto questo profilo – va anche sottolineata l’intrinseca contraddittorietà delle allegazioni delle ricorrenti dato che la principale censura proposta avverso il permesso di costruire del settembre 2009 (vale a dire la circostanza che esso si riferisce a un manufatto di cui i progetti assentiti nel 19881990 prevedevano la demolizione) presupporrebbe la validità e persistente efficacia di quei titoli.

Per quanto riguarda in particolare il profilo relativo alla tardività, l’eccezione deve essere accolta senz’altro relativamente ai titoli edilizia anteriori al permesso di costruire del 16 settembre 2009; si tratta infatti di titoli remoti che si riferiscono a attività edilizie da lungo tempo eseguite per cui può trovare applicazione la giurisprudenza secondo cui il completamento dei lavori segna l’estremo limite per la decorrenza del termine di impugnazione; del resto, se così non fosse, ogni titolo edilizio sarebbe esposto sine die all’impugnazione da parte di terzi che potrebbero differire la decorrenza del termine semplicemente rimanendo inerti e non prendendo alcuna concreta iniziativa al fine di ottenere conoscenza del progetto approvato dall’amministrazione.

Il discorso è diverso solo per l’eccezione di tardività dell’impugnazione del permesso di costruire del settembre 2009: la documentazione depositata dai controinteressati prova infatti che la ricorrente A.G. aveva piena conoscenza del titolo in questione almeno dal mese di ottobre 2009; tuttavia non è stata fornita analoga prova per l’altra ricorrente, cioè la signora M.G. per cui almeno per quest’ultima l’impugnazione del permesso di costruire del 16 settembre 2009 è ammissibile.

2. Nel merito quest’ultima impugnazione è fondata dato che condivisibile è l’assunto secondo cui il manufatto di cui il permesso di costruire n. 12 del 16 settembre 2009 ha autorizzato la demolizione e ricostruzione avrebbe dovuto essere demolito in base al progetto (o meglio in base ai progetti) approvati dal comune nel 1988 e nel 1990; entrambi i progetti infatti indicavano come "da demolire" i preesistenti manufatti in legno (indicati in apposita planimetria); in particolare la relazione tecnica datata 5 giugno 1989 alla variante alla concessione edilizia n. 4 del 1988 espressamente affermava che i manufatti in legno presenti sul suolo e indicati in apposita planimetria sarebbero stati demoliti; analogamente nella tavola 4 del progetto approvato con la concessione edilizia n. 28 del 1990 i medesimi manufatti sono indicati come "da demolire"; sul punto i controinteressati sostengono che nessun effettivo impegno alla demolizione di quei manufatti fu preso in occasione del rilascio delle concessioni edilizie del 1988 e del 1990, tanto che il relativo volume è indicato nel "riepilogo" del "computo volumetrico" della già citata tavola 4.

Deve però osservarsi in contrario che la relazione tecnica costituisce elemento integrante del progetto approvato con la concessione e pertanto l’indicazione che i manufatti in legno esistenti sul suolo sarebbero stati demoliti non può esser considerata come la manifestazione non vincolante di un intento futuro ma come l’oggetto di uno specifico impegno facente parte integrante del progetto complessivamente approvato; del resto, se così non fosse, non si comprenderebbe il senso di quella dichiarazione della relazione.

In questa prospettiva le allegazioni del ricorso colgono nel segno, non potendosi ritenere che la decadenza della concessione edilizia del 1988, senz’altro verificatasi relativamente ai lavori non ultimati, abbia caducato l’impegno assunto.

3. Il ricorso principale è quindi in parte inammissibile e in parte fondato, con conseguente annullamento del permesso di costruire n. 12 del 16 settembre 2009.

4. Può ora passarsi all’esame dei "motivi aggiunti" proposti dalla signora Spiridigliozzi.

Le ricorrenti principali ne hanno sostenuto l’inammissibilità evidenziando che, nel sistema previsto dal codice del processo amministrativo, i motivi aggiunti costituiscono lo strumento con cui i ricorrenti, principali o incidentali, propongono nuove domande; nella fattispecie i motivi aggiunti in questione sono stati invece proposti da uno solo dei controinteressati che, quindi, avrebbe avuto l’onere di proporre un autonomo ricorso.

L’eccezione è infondata.

Benchè non possa contestarsi che i motivi aggiunti siano proponibili solo dai ricorrenti principali o incidentali come stabilisce l’articolo 43, comma 1, cod. proc. amm., non può non rilevarsi che l’articolo 32 cod. proc. amm. prescrive che l’azione proposta debba essere qualificata in base ai suoi elementi sostanziali e che possa sempre disporsi la conversione delle azioni; nella fattispecie la controinteressata ha sì proposto un atto formalmente qualificato come "motivi aggiunti", che avrebbe dovuto essere proposto in forma di ricorso autonomo, ma tale atto dell’autonomo ricorso presenta gli elementi formali e sostanziali e in esso può pertanto essere convertito in applicazione dei principi "antiformalistici" tradizionalmente affermati dalla giurisprudenza amministrativa cui il citato articolo 32, comma 2, cod. proc. amm. chiaramente si ispira. Del resto, se i "motivi aggiunti" in esame fossero stati proposti in forma di ricorso autonomo, evidenti esigenze di connessione delle vicende cui si riferisce a quelle oggetto del ricorso proposto dalle signore G. avrebbero reso necessario una riunione non foss’altro per evitare il rischio di decisioni anche solo logicamente contraddittorie.

5. Si può quindi passare al merito dei "motivi aggiunti".

Anzitutto va premesso che il provvedimento che ha ingiunto la sospensione dei lavori ha ormai perduto i suoi effetti; rispetto a tale impugnazione quindi è venuto meno l’interesse alla decisione (fermo restando che l’ingiunzione alla sospensione dei lavori, atto cautelare, in presenza del dubbio in ordine alla legittimità del permesso di costruire, era senz’altro giustificata).

Il provvedimento del comune che ha ingiunto la demolizione è invece intrinsecamente illogico in quanto effettivamente ordina la demolizione di opere che non possono essere definite abusive, essendo le stesse state autorizzate dal permesso di costruire n. 12 del 16 settembre 2009; quest’ultimo infatti non è mai stato formalmente annullato dall’amministrazione (benché l’avviso di procedimento inviato alla signora Spiridigliozzi menzionasse come oggetto del procedimento la verifica della legittimità o meno del citato permesso); né potrebbe ritenersi che l’ingiunzione alla demolizione contenga un implicito annullamento del preesistente permesso perché esso presupporrebbe le valutazioni prescritte dall’articolo 21nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241; in altri termini delle due l’una: o il provvedimento impugnato si limita a ingiungere la demolizione e allora è illegittimo perché si riferisce a opere assistite da titolo o il provvedimento reca anche un preventivo e implicito annullamento del titolo e allora, come sostenuto nei motivi aggiunti, esso è illegittimo per violazione dell’articolo 21nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, non esistendo motivazione in punto di "termine ragionevole", comparazione degli opposti interessi etc…..

Va poi aggiunto che la circostanza che il permesso di costruire sia effettivamente illegittimo e vada annullato in accoglimento del ricorso principale non elide l’interesse della controinteressata a coltivare la sua (autonoma) impugnazione non foss’altro perché ella ha anche proposto una domanda di risarcimento dai danni.

6. A quest’ultimo riguardo la ricorrente ha chiesto il ristoro delle spese sostenute per ottenere il rilascio del permesso di costruire n. 12 del 16 settembre 2009 e delle spese sostenute per i lavori eseguiti.

La domanda così proposta tuttavia non può essere accolta.

Premesso che la giurisdizione in materia di risarcimento del danno attribuita al giudice amministrativo ha ad oggetto il danno derivante da atti illegittimi, da un lato va osservato che, se anche l’importo delle spese citate andasse perso, tale perdita non sarebbe causalmente ricollegabile all’ingiunzione alla demolizione (di cui oltretutto la ricorrente ha ottenuto prontamente la sospensione da parte della sezione per cui deve escludersi che l’atto annullato abbia prodotto effetti lesivi) ma piuttosto all’annullamento pronunciato da questa sezione su ricorso delle signore G.; se ci si pone in questa prospettiva il danno è anche futuro e eventuale perché – a parte il possibile appello avverso la pronuncia della sezione – il comune si dovrà comunque rideterminare sulla questione; dall’altro lato va anche detto che quel danno è stato comunque concausato dalla signora Spiridigliozzi dato che ella era ben consapevole degli impegni illo tempore assunti con i titoli assentitile nel 19881990 per cui, se è vero che il comune ha compiuto un errore nel rilasciare il permesso di costruire del 2009, non è men vero che tale errore è stato provocato dalla stessa ricorrente che ben conosceva la situazione dei manufatti esistenti sul suo fondo. Insomma alla fattispecie è applicabile l’articolo 1227 c.c. che esclude il risarcimento dei danni che siano stati causati dallo stesso danneggiato.

7. Conclusivamente i motivi aggiunti vanno accolti solo in parte. La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie in parte il ricorso principale e, per l’effetto, annulla il permesso di costruire n. 12 del 16 settembre 2009; accoglie in parte i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla l’ordinanza n. 66 del 8 novembre 2010.

e respinge la domanda di risarcimento dei danni.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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