Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-07-2011) 19-10-2011, n. 37754

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 18.11.2009 la Corte d’Appello di Genova, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Genova 9.02.2005, dichiarava non doversi procedere nei confronti di Z. S., T.G., T.R. e F. D. in ordine al reato di cui all’art. 416 cod. pen. perchè estinto per prescrizione e riduceva la pena della reclusione e della multa inflitta nel giudizio di primo grado ai primi tre quali colpevoli dei delitti di cui all’art. 81 cpv. cod. pen.; L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 8 e art. 4, nn. 1 e 7 per avere, cedendo in locazione numerosi immobili arredati per consentire la ricezione di clienti da parte di prostitute, favorito e sfruttato l’esercizio della prostituzione di alcune donne e a F.D. quale colpevole del delitto di cui agli art. 81 cpv. cod. pen.; L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 8 e art. 4, n. 7 per avere, presso la propria abitazione in (OMISSIS), sfruttato la prostituzione di S.C.R.d.P. e di C.R.A.d.

R. facendosi consegnare i proventi del loro meretricio.

Manteneva la statuizione di confisca di appartamenti utilizzati per la commissione dei reati.

Proponevano ricorsi per cassazione gli imputati denunciando Z. violazione di legge e mancanza di motivazione sul negato riconoscimento della continuazione tra il reato del presente procedimento e quelli giudicati con la sentenza della Corte d’appello di Genova 21.09.1997, irrevocabile 1.07.1998; sul diniego delle attenuanti generiche; sulla mancata esclusione della recidiva per il raggiungimento dell’ottantesimo anno; per la disposta confisca degli appartamenti di (OMISSIS), di cui erano proprietari i figli non imputati nel presente procedimento;

F.:

– nullità della sentenza per indecifrabilità della motivazione redatta a mano con grafia illeggibile;

– inosservanza di norme processuali stabilite a pena d’inutilizzabilità relativamente all’utilizzazione probatoria delle registrazioni audio (e delle relative trascrizioni) realizzate da una collaboratrice della PG, H.A.C.V. (sentita in dibattimento) che, dissimulando la sua qualità, era collegata con agenti di PG che seguivano a distanza le conversazioni che intratteneva con prostitute mediante apparecchiature fornite dagli organi investigativi. Le prove erano affette da inutilizzabilità in quanto assunte contro legem. Il tribunale aveva dichiarato la parziale inutilizzabilità del materiale probatorio sull’assunto che per alcune soltanto delle registrazioni era stata fornita la prova della loro effettuazione mediante apparecchiatura che consentisse l’ascolto dei dialoghi da parte della Polizia, ma l’assunto era illogico trattandosi, comunque, di prove illegittimamente acquisite dato che non era intervenuta autorizzazione del GIP;

– mancanza e manifesta illogicità della motivazione sull’affermazione di responsabilità per il delitto di sfruttamento della prostituzione perchè tanto non poteva desumersi dai frammenti di conversazione utilizzati dai giudici di merito, mentre era stato provato che l’abitazione, occupata dalla moglie gravemente ammalata, non poteva essere utilizzata per la commissione del reato;

violazione di legge e mancanza assoluta di motivazione sulla determinazione della pena;

T.G. e T.R.:

– violazione di legge e vizio di motivazione sull’affermazione di responsabilità confermata senza alcun valido tessuto argomentativo e senza dare risposta alle censure difensive basate sulla deposizione del teste d’accusa Sc. che aveva escluso che nei loro appartamenti fosse stata esercitata la prostituzione;

– violazione di legge e vizio di motivazione sulla conferma della statuizione di confisca degli appartamenti siti in (OMISSIS)2, non compresi nel provvedimento di sequestro;

– violazione dell’art. 240 c.p. e assoluta mancanza di motivazione sulla conferma della confisca degli appartamenti compresi nel decreto di sequestro perchè, trattandosi di confisca facoltativa, occorreva il conseguimento della prova dello stretto collegamento tra res e reato nel senso che la prima fosse indispensabile per l’esecuzione del secondo;

T.R.:

mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione sull’omesso espletamento di una perizia psichiatrica sulla sua persona richiesta dalla difesa al fine di ottenere la concessione della diminuente di cui all’art. 89 cod. pen., sulla scorta dalle prodotte consulenze psichiatriche, effettuate da due CT del PM nell’ambito di altri procedimenti penali a suo carico, che avevano concluso nel senso che fosse notevolmente scemata la sua capacità d’intendere e di volere.

I ricorrenti T. presentavano motivi aggiunti con allegata documentazione. Tutti i ricorrenti chiedevano l’annullamento della sentenza.

L’obbligo generale della motivazione, imposto per tutte le sentenze dall’art. 426 c.p.p., richiede la sommaria esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata e va rapportato al caso in esame, alle questioni sollevate dalle parti e a quelle rilevabili o rilevate dal giudice.

Tale obbligo è assolto quando il giudice esponga le ragioni del proprio convincimento a seguito di un’approfondita disamina logica giuridica di tutti gli elementi di rilevante importanza sottoposti al suo vaglio, sicchè, nel giudizio d’appello, occorre che la corte di merito esponga compiutamente i motivi d’appello e, sia pure per implicito, le ragioni per le quali rigetti le doglianze.

Il giudice d’appello è, quindi, libero, nella formazione del suo convincimento, d’attribuire alle acquisizioni probatorie il significato e il peso che egli ritenga giusti e rilevanti ai fini della decisione, con il solo obbligo di spiegare, con motivazione priva di vizi logici o giuridici, le ragioni del suo convincimento.

Nel caso in esame, nel giudizio d’appello è stato ritenuto che gli elementi probatori acquisiti avessero spessore tale da giustificare l’affermazione di responsabilità degli imputati F., T. G. e T.R..

Questi ultimi, però, contestano l’affermazione di responsabilità per i delitti di favoreggiamento della prostituzione (per avere dato in locazione numerosi immobili arredati per consentire la ricezione di clienti da parte di prostitute) e di sfruttamento della prostituzione (per avere conseguito canoni esorbitanti rispetto a quelli di mercato), confermata senza alcun valido tessuto argomentativo e senza dare risposta alle censure difensive basate sulla deposizione del teste d’accusa Sc. che aveva escluso che negli appartamenti dei T. si esercitasse la prostituzione.

Inoltre, i ricorrenti T. denunciavano la violazione dell’art. 240 cod. pen. asserendo che nella sentenza impugnata mancava qualsiasi giustificazione sulla confisca degli appartamenti di loro proprietà compresi quelli non sottoposti a sequestro siti in (OMISSIS).

Nel caso di confisca facoltativa il giudice è sempre tenuto a motivare le ragioni per cui ritiene di dover disporre la confisca di specifici beni sottoposti a sequestro ovvero, subordinatamente, le ragioni per cui non possono reputarsi attendibili le giustificazioni eventualmente addotte in merito dall’interessato.

La corte territoriale ha opposto all’assunto difensivo la mera asserzione che "le risultanze processuali forniscono la prova del fatto con riguardo ai singoli appartamenti e alle singole prostitute che li frequentavano" e che ciò sarebbe supportato da "attività d’indagine da parte della polizia".

I ricorsi, quindi, colgono nel segno essendo evidente che il provvedimento impugnato, non solo non possiede un valido apparato argomentativo (stante che è privo di specifici riferimenti a concreti dati fattuali su cui verificare le accuse enunciate nella contestazione), ma non ha preso in esame le obiezioni difensive che erano specifiche ad eccezione di quelle riconducibili al diniego al T.R. della diminuente di cui all’art. 89 cod. pen. basato sulla confutazione, adeguatamente argomentata, dei giudizi espressi dai CT del PM, in altri procedimenti penali, sullo stato psichico dell’imputato, donde il corretto rigetto del relativo motivo.

Pertanto, la rilevata lacuna motivazionale impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, per nuovo esame, anche in ordine all’applicazione della misura di sicurezza patrimoniale.

Col primo motivo il ricorrente F. sostiene che la sentenza d’appello sia pressochè illeggibile, eccetto che in alcuni isolati grafemi che non consentono di cogliere il senso compiuto delle frasi nelle quali sono inseriti, e che non sono percepibili le complessive sequenze dell’impianto motivazionale.

La censura è infondata perchè il provvedimento, sia pure con relativa difficoltà, è leggibile e le parole usate sono decifrabili alla stregua dell’esperienza forense, sicchè non sussiste l’assoluta impossibilità di comprendere il senso dei motivi posti a fondamento della decisione avendo avuto la difesa la possibilità di redigere il ricorso senza muovere alcuna riserva su specifici punti della motivazione sicuramente incomprensibili.

Per il delitto ascritto al predetto F. la corte d’appello ha confermato l’affermazione di responsabilità basandola prevalentemente sulle registrazioni audio in cui erano riportate dichiarazioni di due sorelle ritenute dedite alla prostituzione ottenute da una collaboratrice della Polizia dissimulando la sua qualità.

Il ricorrente ha eccepito l’inutilizzabilità di tali atti perchè acquisiti cantra legem.

Il motivo, in cui sono assorbiti quelli relativi al contenuto delle conversazioni, alla dosimetria della pena e alla disposta confisca, è fondato.

Puntualizzato, in fatto, che una collaboratrice della Polizia, munita di apparecchiature per captazioni audio collegata all’unità centrale, ha contattato donne latino americane per accertare se in loro danno fossero commessi reati in materia di prostituzione da parte del F., va osservato che le intercettazioni ambientali sono inutilizzabili, unitamente alle registrazioni audio nelle quali sono state riprodotte, perchè acquisite illegittimamente in violazione del diritto di difesa.

Sul punto è costante l’orientamento di questa Corte secondo cui "non sono utilizzabili, in assenza di un provvedimento motivato di autorizzazione del giudice o del P.M., le registrazioni fonografiche di conversazioni occultamente effettuate da uno degli interlocutori d’intesa con la polizia giudiziaria e attraverso strumenti di captazione dalla stessa forniti" (Sezione 6 n. 23742/2010 RV. 247384;

Cassazione Sezione 6, n. 13623/2003 Ventre RV. 224741; conforme Cassazione Sezione 6, n.3846/2001 Finini ed altri, RV. 218412;

Cassazione SU n. 36747/2003, Torcasio ed altro, RV. 225467: "Non è acquisibile al processa nè, ove acquisito, è utilizzabile come prova la registrazione fonografica realizzata occultamente da appartenenti alla polizia giudiziaria, nel corso di operazioni investigative, durante colloqui da loro intrattenuti con indagati, confidenti o persone informate sui fatti quando si tratti rispettivamente: di dichiarazioni indizianti raccolte senza le garanzie indicate all’art. 63 c.p.p.; di informazioni confidenziali inutilizzabili per il disposto dell’art. 203; di dichiarazioni sulle quali sia preclusa la testimonianza in applicazione dell’art. 62 e art. 195, comma 4. (A sostegno di tale principio la Corte ha osservato che la registrazione di una comunicazione da parte di soggetto che ne sia stato partecipe, per quanto astrattamente suscettibile di produzione come documento, non può sostituirsi, in violazione dell’art. 191 c.p.p., a fonti di prava delle quali la legge vieta l’acquisizione)"; Cassazione Sezione 1 n. 3458/1999, Di Cuonzo ed altri RV. 213251).

Le stesse, inoltre, non possono formare oggetto di testimonianza da parte dell’agente di PG che le ha raccolte (cfr. Cassazione Sezione 2, n. 5141/1994, Orofini, RV. 198489).

Ne consegue che delle dichiarazioni, comunque riprodotte, non può tenersi conto essendo colpite da sanzione d’inutilizzabilità.

La sentenza impugnata che ha utilizzato prove illegittimamente acquisite va annullata perchè le stesse hanno avuto una determinante efficacia dimostrativa nel ragionamento giudiziale, nel senso che la scelta di una determinata soluzione, nella struttura argomentativa della motivazione, non sarebbe stata la stessa senza l’utilizzazione di quelle prove.

Nella specie, la sentenza d’appello e quella, richiamata, di primo grado hanno basato l’affermazione di responsabilità per il reato di sfruttamento della prostituzione prevalentemente sulle suddette dichiarazioni senza segnalare altri validi elementi probatori.

Pertanto, la sentenza deve essere annullata per nuovo esame con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova che rivaluterà i fatti, escludendo le prove illegittimamente acquisite, con piena libertà di giudizio, alla stregua di altri elementi di sicura utilizzabilità e di autonoma sufficienza.

Il ricorso di Z.S. è infondato.

La corte territoriale ha rigettato l’istanza proposta al fine di ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato rilevando che non è ravvisabile un preesistente disegno criminoso unitario per mancanza di elementi idonei a giustificare la richiesta declaratoria.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato denunciando violazione dell’art. 81 c.p. perchè la Corte ha effettuato una valutazione superficiale dei reati da esaminare che erano stati commessi nella stessa zona e con le stesse modalità.

La censura non è puntuale perchè la decisione è sorretta da logico e coerente apparato argomentativo in ordine all’insussistenza, alla stregua delle emergenze in atti, di qualsiasi nesso tra i fatti delittuosi richiamati dal ricorrente avendo la Corte succintamente indicato gli elementi che non consentono di ravvisare la continuazione.

Le attenuanti generiche hanno lo scopo di adeguare la pena in senso favorevole al reo in considerazione di particolari circostanze o situazioni che effettivamente incidano sull’apprezzamento dell’entità del reato e della capacità a delinquere, sicchè le stesse possono essere riconosciute quando siano provati elementi favorevoli all’imputato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti di fare emergere sufficientemente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo.

Il giudice, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive, non è tenuto a un’analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, valutando globalmente i dati processuali, è sufficiente che indichi quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri.

Nella specie, il Tribunale, in mancanza di elementi positivi, ha dedotto prevalenti significazioni negative dalla personalità dell’imputato gravato da negativi precedenti penali.

Rilevato che nell’irrogazione della pena non si è tenuto conto della recidiva, va dichiarato inammissibile il motivo sulla confisca degli appartamenti di (OMISSIS) per mancanza d’interesse stante che è stato dedotto che degli immobili sono proprietari i figli dell’imputato i quali potranno eventualmente far valere le loro ragioni in sede esecutiva.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Genova nei confronti di F.D., T.G. e T.R..

Rigetta il ricorso di Z.S. che condanna al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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