Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-04-2012, n. 5441 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.P. ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso il decreto in data 26 maggio 2009, con il quale la Corte di appello di Firenze ha condannato detto Ministero al pagamento in suo favore della somma di Euro 3.700,00, pari ad Euro 300,00 per ogni anno di ritardo, a titolo di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio da lei promosso davanti al Tar Toscana con ricorso del giugno 1992 e definito con sentenza dell’ottobre 2007.

Il Ministero intimato ha resistito con controricorso. Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Motivi della decisione

Parte ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo due motivi di ricorso, con i quali lamenta:

– vizio di motivazione, per avere la Corte di appello diminuito l’entità dell’indennizzo in considerazione della mancata presentazione dell’istanza di prelievo, senza però tener conto che nella specie detta istanza era stata depositata il 30 maggio 2007 (primo motivo);

– l’inosservanza dei parametri europei ai fini della quantificazione dell’equo indennizzo (secondo motivo).

E’ manifestamente fondato il secondo motivo. Infatti la determinazione dell’indennizzo nella misura di Euro 300,00 per anno di ritardo, pur se motivata con la mancata presentazione dell’istanza di prelievo e quindi con "un minor grado di pressione psicologica" sul soggetto interessato in conseguenza della pendenza della lite, è irragionevolmente inferiore a quella calcolata in base ai parametri stabiliti dalla CEDU, come interpretati e recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte (Euro 750,000 per i primi tre anni di durata non ragionevole ed Euro 1.000,00 per ogni anno successivo;

cfr. Cass. 2010/17922).

Resta assorbita l’ulteriore censura sollevata dalla ricorrente. Il ricorso merita pertanto accoglimento nei termini sopra precisati e il decreto impugnato deve essere annullato in ordine alla censura accolta. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2. Determinata in dodici anni e quattro mesi la durata non ragionevole del giudizio svoltosi davanti al Tar Toscana – secondo l’accertamento compiuto dalla Corte di appello, non censurato dalla ricorrente -, va considerato che, in ordine al criterio per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto, la CEDU, in due decisioni (Volta et autres c. Italia, del 16 marzo 2010; Falco et autres c. Italia, del 6 aprile 2010) ha ritenuto che potessero essere liquidate, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale da eccessiva durata del processo, in relazione ai singoli casi e alle loro peculiarità, somme complessive d’importo notevolmente inferiore a quella di mille/00 Euro annue normalmente liquidata, con valutazioni del danno non patrimoniale che consentono al giudice italiano di procedere, in relazione alle particolarità della fattispecie, a valutazioni più riduttive rispetto a quelle in precedenza ritenute congrue (v. Cass. 2010/14753; 2010/15130).

Nel caso di specie – considerati i margini di valutazione equitativa adottabili in conformità dei criteri ricavabili dalla sopra menzionata giurisprudenza della CEDU e valutate le specificità del caso in relazione al protrarsi della procedura dinanzi al Tar Toscana oltre i limiti ragionevoli di durata, tenuto altresì conto, in particolare e del mancato (o comunque tardivo, secondo la prospettazione della stessa ricorrente) deposito, nel giudizio presupposto, di istanze sollecitatorie di parte – alla M. va liquidata in via equitativa, per danno non patrimoniale, la somma di Euro 7.500,00 con gli interessi legali dalla domanda, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero soccombente.

Le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397;

2008/25352).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 7.500,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo.

Condanna inoltre il Ministero soccombente al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di merito che si liquidano in Euro 1.140,00 di cui Euro 600,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 665,00 di cui Euro 565,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

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