Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 30-06-2011) 19-10-2011, n. 37905

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 18.11.2010, la prima sezione di questa Corte ha annullato con rinvio l’ ordinanza 11.6.2010 del tribunale del riesame di Ancona; tale ordinanza aveva accolto l’appello del pubblico ministero avverso l’ordinanza 24.5.2010 del Gip della stessa sede, con la quale era stata rigettata la richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, nei confronti di P. A., in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, commi 1 e 3, lett. a) e d), commi 3 bis e 3 ter, lett. b), perchè accusato di aver favorito l’immigrazione clandestina di 11 cittadini afgani, occultati, a pagamento, in un vano appositamente ricavato nell’autocarro da lui guidato,dopo essere sbarcato da una nave proveniente da Igoumenitsa.

Il medesimo tribunale del riesame, in sede di rinvio, ha applicato al P. la misura cautelare della custodia in carcere, con ordinanza 25.1.2011.

Il difensore ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge e vizio di motivazione, in riferimento agli artt. 627 e 274 c.p.p., art. 275 c.p.p., comma 3.

La sentenza della Cassazione ha annullato il provvedimento coercitivo per contraddittorietà della motivazione, in relazione alla sussistenza dell’esigenza cautelare ex art. 274 c.p.p., lett. c), sotto più profili: l’ordinanza enunciava, ma non dimostrava l’esistenza di un rapporto con strutture organizzative, inferendo il dato esclusivamente dalle modalità di commissione di reato.

Inoltre non teneva conto di alcuni dati emersi dalle stesse indagini, che smentivano o non confermavano questo rapporto, con particolare riferimento alle dichiarazioni di uno dei clandestini e al dubbio sulla predisposizione di una modifica strutturale del veicolo, finalizzata a nascondere i clandestini.

Infine la Cassazione rilevava la mancanza di motivazione sulla scelta della misura coercitiva.

La nuova ordinanza, che ha applicato la misura cautelare di massimo rigore, non si è uniformata alla sentenza di annullamento per le questioni di diritto con essa decise.

Ha richiamato l’art. 275 c.p.p., comma 3, il cui contenuto è analogo a quello del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 3, comma 4 bis che impone l’applicazione della presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di assoluta adeguatezza della misura carceraria.

Il tribunale ha però erroneamente ritenuto che la difesa non avesse adempiuto all’onere di adduzione degli elementi idonei a vincere la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari.

Questi elementi (la deposizione di uno dei clandestini; la mancata prova della predisposizione nel veicolo di un vano strutturale) sono stati addotti, tanto che la nullità della prima ordinanza 11.6.2010 era stato disposta, a causa del disconoscimento del loro rilievo, da parte del giudice del riesame. Il tribunale ha ribadito l’irrilevanza di questi stessi elementi, tornando ad affermare apoditticamente la sussistenza del pericolo di reiterazione, sulla scorta delle modalità di commissione del reato e dei fatti preparatori (contatti con i futuri clandestini, organizzazione del viaggio) da collocare storicamente e logicamente a monte della consumazione del medesimo.

Questi elementi preparatori, come già rilevato dalla sentenza di annullamento, nulla aggiungono in chiave dimostrativa della sussistenza di stabili rapporti con strutture organizzate.

Il ricorso non merita accoglimento.

Correttamente il tribunale ha dato applicazione alla norma che canonizza la regola d’esperienza, secondo cui chi è raggiunto da gravi indizi in ordine al reato in esame – confermati dalla sentenza di condanna – è proteso alla reiterazione di fatti criminosi, che per la loro dimensione internazionale e specificamente transfrontaliera, non sono realizzabili in maniera estemporanea e improvvisata, nel quadro di rapporti occasionali e casuali.

Il tribunale di Ancona non ha negato rilievo agli elementi già forniti dalla difesa concernenti il vano in cui sono stati celati i clandestini e le dichiarazioni del cittadino curdo, M., che ha affermato di aver ricevuto la proposta di imbarcarsi la notte stessa della partenza.

Ha però rilevato che questi elementi non rivestono la spessore probatorio tale da vincere la presunzione legislativa sulla sussistenza dell’esigenza cautelare ex art. 274 c.p.p., lett. c), sulla base di elementi indizianti e di argomenti puntualmente elencati e razionalmente valutati.

Questi elementi sono:

il numero (11) di clandestini imbarcati dal P., i quali – indipendentemente da quanto vissuto e dichiarato dal M. – non possono essere stati reperiti nel breve spazio temporale di una notte;

la necessaria dimensione individuale delle dichiarazioni del M., che non possono razionalmente escludere l’usuale tempistica e la predisposizione di condotte preparatorie per gli altri clandestini, non estemporanee, ma già utilizzate secondo schemi collaudati;

la necessaria predisposizione di spazio per accoglierli, in maniera compatibile con il peso e con il volume della merce (arance) lecitamente trasportate, in quanto l’assenza di una modifica strutturale del veicolo non esclude che sia stata posta in essere un’attività funzionale alla predisposizione del rifugio dei viaggiatori clandestini, sia pure di spessore e di dimensione temporale più ridotti.

Sulla base di questo quadro indiziario, è pienamente conforme a una razionale valutazione la conclusione dell’ordinanza, secondo cui, in assenza di misura limitativa della libertà, il P. è nella condizione, nell’esercizio delle sue mansioni nell’ambito dei trasporti transfrontalieri, di avere comunque ulteriori contatti in Grecia con i protagonisti del trasporto in esame, il cui inserimento nel circuito del trasporto clandestino è di alto spessore, alla luce dell’elevato numero di stranieri che sono stati in grado di adunare, imbarcare e spedire in Italia, grazie a vettori che, come P., volontariamente e consapevolmente, approdano in tale circuito.

La presunzione relativa della sussistenza delle esigenze cautelari ex art. 274 c.p.p., lett. c) è stata razionalmente ritenuta non rimossa da elementi specifici, dedotti dalla difesa, in quanto tale efficacia non è stata coerentemente riconosciuta dal tribunale all’incensuratezza del P. e alla documentazione attestante la reale esistenza delle imprese di trasporto, per conto delle quali svolge lecita attività di trasporto.

Ugualmente incensurabile è la conclusione dell’ordinanza, in merito alla scelta della misura cautelare: non vi è alternativa alla misura della custodia in carcere, alla luce della presunzione assoluta di adeguatezza, sancita D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 12, comma 4 bis.

Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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