Cass. civ. Sez. V, Sent., 04-04-2012, n. 5400 Dazi doganali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società contribuente propose ricorso avverso avvisi di rettifica ed irrogazione sanzione, con i quali, in esito a controllo ai sensi del D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 11, l’Agenzia delle Dogane di Firenze aveva accertato, che partite di lampade compatte elettroniche a basso consumo (di cui alle bollette doganali (OMISSIS)), erano state dichiarate di origine preferenziale (rispettivamente:

indonesiana e di Singapore) ed aveva, conseguentemente, proceduto al recupero del dazio antiduping e della maggiore iva nonchè all’applicazione della sanzione di cui al D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 303, comma 3.

La rettifica si fondava sul rilievo che – benchè, le autorità emittenti indonesiane, avessero confermato l’autenticità dei certificati emessi e, quelle di Singapore, non avessero risposto – le lampade erano di origine cinese, poichè, nei Paesi emittenti i certificati di origine, erano state solo imballate.

L’adita commissione tributaria accolse il ricorso, con decisione che, in esito all’appello dell’Agenzia, fu, tuttavia, riformata dalla commissione regionale.

La decisione di appello è così testualmente motivata: "Dalla documentazione fornita dall’Ufficio della Dogane di Firenze, a seguito dell’invito di questo Collegio (documenti contabili tradotti in lingua italiana e tabella riepilogativa dei diritti dovuti, riscossi e da riscuotere), risulta dimostrata l’origine cinese delle lampade fluorescenti compatte elettroniche importate dalla Preqù Italia s.r.l. dall’Indonesia e da Singapore. In questi Paesi, le lampade, tenuto conto che non potevano essere lavorate in pezzi separati come può dedursi dalla documentazione fotografica, vennero soltanto imballate".

Avverso la sentenza la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi ed ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., con la quale ha, tra l’altro, dedotto l’incompetenza territoriale della Dogana di Firenze (in favore di quella di La Spezia) e ne ha inferito la nullità, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, della rettifica.

L’Agenzia ha resistito con controricorso ed illustrato le proprie ragioni anche con memoria.

Motivi della decisione

Preliminarmente, va rilevata l’inammissibilità dell’eccezione d’incompetenza territoriale della Dogana di Firenze sollevata dalla società contribuente solo con la memoria ex art. 378 c.p.c., in quanto non dedotta sin dal ricorso introduttivo della lite.

Al riguardo occorre, in primo luogo, osservare, che la stessa decisione richiamata dalla società ricorrente a sostegno dell’eccezione (Cass. 14786/11), configura gli atti compiuti dagli uffici locali delle Dogane in violazione delle norme attributive della competenza territoriale come atti "illegittimi" suscettibili di "annullamento".

Ciò posto, deve considerarsi che, secondo consolidato orientamento di questa Corte, il giudizio tributario – in quanto caratterizzato in base alla disciplina dettata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, art. 19 e art. 24, comma 2, da un meccanismo d’instaurazione di tipo impugnatorio (circoscritto alla verifica della legittimità della pretesa avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati), ha un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni mosse dal contribuente con i motivi specificamente dedotti nel ricorso introduttivo, in primo grado, onde delimitare sin dalla nascita del rapporto processuale tributario le domande e le eccezioni proposte dalle parti. Con la conseguenza che il mancato rilievo di un profilo d’illegittimità dell’atto di accertamento nel ricorso introduttivo rende l’atto medesimo definitivo, per quel profilo, e che la successiva deduzione del vizio, comportando l’esame di una nuova causa petendi, va dichiarata inammissibile, anche in sede di giudizio di legittimità (in assenza di precedente declaratoria), restando, peraltro, irrilevante anche l’eventuale accettazione del contraddittorio sul merito, dato il rilievo di ordine pubblico del divieto di ius novorum (v. Cass. 19337/11, 13934/11, 28.680/05, 12147/04, 9754/03).

Tanto premesso, va affermata l’infondatezza del primo motivo di ricorso, con il quale la società contribuente deduce "nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4".

In proposito, occorre rilevare che, ancorchè stringata, la motivazione della sentenza impugnata non può considerarsi del tutto omessa o soltanto apparente, giacchè, dando conto della ragione essenziale per cui è stato disatteso l’appello della società contribuente (documentata origine cinese delle lampade importate, peraltro insuscettibili di lavorazione in pezzi separati e successivo assemblaggio), le argomentazioni in cui si estrinseca risultano sufficienti (tanto più se relazionate alla diffusa narrativa) a consentire il controllo sulla decisione.

Infondato deve, altresì, ritenersi il secondo motivo di ricorso, con il quale, la società contribuente – deducendo "violazione e falsa applicazione dell’art. 83 del reg. Ce 2425/93" -censura la decisione impugnata per non aver considerato che, fino a quando le Autorità del Paese emittente non lo abbia annullato, il certificato di origine è idoneo a garantire all’importatore comunitario gli effetti dell’origine preferenziale, ossia l’esenzione o riduzione del dazio.

Al riguardo, deve osservarsi che dall’art. 26 del reg. C.e.e.

2913/1992 (Codice doganale comunitario) e dall’art. 94, par. 5, delle regolamento C.e.e. 2454/1993 (Disposizioni d’applicazione del Codice doganale comunitario) emerge chiaramente che il rifiuto del beneficio di misure tariffarie preferenziali o il relativo recupero non è subordinato all’annullamento del certificato d’origine da parte delle Autorità del Paese emittente,- essendo, in ultima analisi, le risultanze delle indagini effettuate dagli organi ispettivi comunitari (Olaf) a legittimare il recupero a posteriori dei dazi esentati o ridotti in base a certificazioni inidonee.

Deve, peraltro, considerarsi che, nell’ambito del regime tariffario preferenziale (che si pone come eccezione a quello della generale imponibilità: cfr. Cass. 5007/07), è di regola irrilevante che il dichiarante abbia agito "in buona fede", ignorando l’irregolarità da cui è derivata la mancata riscossione dei dazi che avrebbe dovuto pagare se tale irregolarità non fosse stata commessa, e lo è, in particolare, nel caso che le Autorità dello Stato di esportazione abbiano rilasciato il certificato di origine, senza aver effettuato alcun controllo preventivo per verificare l’origine effettiva delle merci (cfr.. C.G. 17.7.1997 in causa C-1995 e l’art. 220, comma 2 lett. b, reg. C.e.e. 2913/92 ). Ciò, in quanto il dichiarante della mercè importata è, in quanto tale, responsabile dell’obbligazione doganale, quand’anche si tratti di merce scortata da certificati inesatti o falsificati a sua insaputa.

Il terzo motivo di ricorso – con il quale la società contribuente deduce "omessa pronuncia sull’applicabilità dell’art. 303 T.U.L.D., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4" – è, invece, fondato.

La decisione impugnata infatti – pur avendo dato atto in narrativa della riproposizione in appello da parte dalla società contribuente (già pienamente vittoriosa in primo grado) della questione (in primo grado subordinatamente proposta) dell’inapplicabilità alla fattispecie della sanzione di cui al D.P.R. n. 43 del 1973, art. 303, comma 3 – non assume, in proposito, alcuna determinazione.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, si impongono, pertanto, il rigetto del primo e del secondo motivo di ricorso e l’accoglimento del terzo.

La decisione impugnata va, dunque, cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa, limitatamente all’esame della questione sottesa al motivo accolto, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Toscana. Il giudice del rinvio provvedere anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte: rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso e l’accoglie il terzo; cassa la decisione impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia della causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Toscana.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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