Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-06-2011) 19-10-2011, n. 37891

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica di Mantova avverso la ordinanza del tribunale del riesame di Brescia in data 1 marzo 2011 con la quale, in sede di appello ex art. 310 c.p.p., è stato accolto il gravame avanzato nell’interesse di J.A. e S.G. e per l’effetto è stata revocata la ordinanza di custodia cautelare in carcere loro applicata in relazione ai reati di violenza privata e tentato sequestro di persona commessi in danno di S.S..

La vicenda che aveva avuto come protagonisti i citati personaggi era stata quella di un violento alterco che aveva visto il denunciante certamente subire lesioni personali ad opera degli indagati.

Per tale reato, contestato al pari degli altri, la misura cautelare non era/stata richiesta nè emessa in ragione dei limiti della pena edittale che non lo consentivano.

Dopo la iniziale adozione della misura sulla base delle affermazioni della persona offesa, nonchè di quelle di coloro che l’avevano soccorsa pur senza assistere alla aggressione e del tenore del referto medico, era accaduto che la difesa aveva raccolto altre dichiarazioni di tre soggetti che avevano ammesso di avere assistito ai fatti.

Costoro avevano reso una ricostruzione dell’accaduto opposta a quella della persona offesa.

Quest’ultima, infatti,aveva riferito di essere stata aggredita degli altri due connazionali in quanto uno di essi, e in particolare J., nutriva nei propri confronti un serio rancore a causa del fatto che, essendo stato arrestato con esso, ragioni di spaccio di droga, aveva perso il lavoro a differenza della stessa persona offesa dell’odierno processo.

Invece i tre testi sentiti dalla difesa avevano sostenuto di avere assistito alla colluttazione alla quale, però aveva dato avvio proprio l’odierno denunciante, armato di un bastone.

Tale versione dei fatti era stata poi ribadita anche dagli odierni indagati, i quali, nelle fasi iniziali, si erano avvalsi della facoltà di non rispondere.

Ebbene gli indagati avevano riferito di avere effettivamente raggiunto il denunciante nei confronti del quale avanzavano ragioni di credito relativamente a beni loro sottratti; costui tuttavia li aveva accolti in compagnia di altri connazionali e armato di un bastone. Ne era seguita una colluttazione con colpi reciproci al volto.

Il Tribunale, adito dopo che il Gip aveva negato la revoca della misura non ritenendo i nuovi elementi capaci di sovvertire il quadro accusatorio già delineato, si esprimeva tuttavia in senso contrario.

Osservava che le affermazioni della persona offesa, pur avendo trovato riscontro quanto al particolare delle lesioni subite, presentava vistose incongruenze quanto alla intrinseca tenuta del racconto fornito relativamente alle altre ipotesi di reato. Per tale ragione il Tribunale riteneva non più sussistenti i gravi indizi di colpevolezza relativi ai delitti di violenza privata e tentato sequestro di persona e scarcerava.

Deduce il PM il vizio di motivazione nella forma della mancanza e della manifesta illogicità oltre che della contraddittorietà con atti del procedimento.

In particolare, ad avviso dell’impugnante, era mancata del tutto la valutazione sulla attendibilità dei testi indotti dalla difesa.

Questi avevano fatto la loro comparsa sulla scena processuale a distanza di più di un mese dai fatti ed avevano fornito una ricostruzione opposta a quella fino a quel momento accreditata, con la persona offesa nella parte dell’aggressore.

La inattendibilità dei tre testi dell’ultima ora era stata fatta emergere dallo stesso PM il quale li aveva fatti assumere a verbale dalla PG. Uno di essi aveva addirittura modificato le proprie affermazioni; il secondo le aveva in parte mutate e solo il terzo le aveva ribadite.

Ma soprattutto il PM denunciava l’uso del tutto improprio e non corretto della valutazione frazionata delle dichiarazioni della persona offesa. Questa, creduta dai giudici quanto alla affermazione di essere stata dolosamente colpita dagli indagati, era stata invece ritenuta, dai giudici del riesame, non attendibile in tutto il resto del proprio racconto: il tutto senza alcuna adeguata motivazione e senza considerare lo stretto legame di inferenza logica esistente tra le accuse relative alle lesioni e quelle relative agli altri reati, che essa assume commessi nelle medesime circostanze si tempo e luogo.

Se le lesioni erano state inferte dolosamente dagli indagati, come riferito dalla persona offesa, non era logicamente sostenibile la versione di costoro e cioè quella secondo cui ad aggredire avrebbe dovuto essere la persona offesa, perchè in tale ultima ipotesi, cui il Tribunale sembrava assegnare credito, le lesioni inferte non potevano essere dolose ma scriminate dalla legittima difesa.

Vi sarebbe anche un contrasto tra tali dichiarazioni e la versione degli stessi indagati riguardo alle modalità di coinvolgimento di G..

Su tutto ciò il Tribunale aveva omesso di motivare.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Il PM censura la completezza e logicità della motivazione esibita dal Tribunale, motivazione che invece risulta completa e immune da censure ad opera del giudice della legittimità.

Occorre muovere infatti dal principio, di carattere generale quanto a limiti del sindacato della cassazione, secondo cui in tema di vizi della motivazione, il controllo di legittimità operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, ne1 deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (rv 215745).

Orbene, il provvedimento impugnato, di cui non si discute la opinabilità ma la sola rispondenza ai canoni della logica e completezza, risulta rispettoso di tali parametri contrariamente a quanto denunciato dal PM. Questi, in sintesi, lamenta una non consentita (nel caso di specie) valutazione frazionata delle affermazioni della persona offesa e una omessa valutazione della attendibilità delle dichiarazioni dei testi della difesa, che, altresì, afferma costituire la ragione fondante della revoca della misura cautelare.

Senonchè, e ribaltando l’ordine delle censure, occorre dare atto che il perno del ragionamento del Tribunale sembra essere costituito essenzialmente da una svalutazione della attendibilità di parte del racconto della persona offesa, piuttosto che dalla valorizzazione, in termini di decisività, del racconto dei tre nuovi testi della difesa.

Per tale ragione non può dirsi che colga nel segno la doglianza del Pm riguardo alla omissione di motivazione sul punto.

Le pagine della ordinanza presentano lo snodarsi di una motivazione tutta attenta a soppesare dal punto di vista oggettivo la credibilità del racconto del denunciante: e ciò dopo aver posto in risalto quelle che il Tribunale ha giudicato espressioni di intrinseca inattendibilità del suo racconto.

Sul punto non può dirsi che il ragionamento dei giudici del merito sia esposto a censure in sede di legittimità posto che la valutazione della attendibilità della denuncia della persona offesa costituisce un tipico giudizio di merito e quando, come nella specie, tale giudizio si presenti esaustivo e plausibile, ogni diversa opzione interpretativa non può trovare spazio e affermazione attraverso il giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione.

D’altra parte, il vaglio della credibilità della persona offesa è aggredito dall’impugnate con considerazioni che solo apparentemente puntano su vizi logici della motivazione mentre spesso costituiscono una non consentita incursione nel fatto. Così è per la censura alla non creduta possibilità di aggressione fallita, ad opera di un terzetto, in danno di un singolo soggetto, in pieno giorno e nel centro cittadino.

La valutazione in questione è espressa sulla base di massime di esperienza che, per quanto evidentemente sono la sintesi dell’id quod plerumque accidit, essendo state razionalmente utilizzate dal Tribunale nel contesto di un provvedimento basato anche su diversi elementi, non possono certo essere aggredite dall’impugnate sulla base del rilievo, generico, che esse ammettono eccezioni.

Infine deve ritenersi destituita di fondamento la censura che riguarda l’uso asseritamente non corretto della valutazione frazionata della dichiarazione del teste.

Il Tribunale, accreditando in sintesi il dubbio su quello che può essere stato l’effettivo sviluppo obiettivo degli eventi dopo la iniziale colluttazione, si è limitato a prendere atto del dato obiettivo delle lesioni riportate dalla persona offesa, asseverate dalla certificazione medica.

Nel sostenere che sotto tale aspetto la affermazione del denunciarne, di avere ricevuto colpi dagli indagati, è senz’altro credibile, il Tribunale non è caduto nella irrazionalità di sdoppiare ingiustificatamente il giudizio di credibilità della persona offesa.

Infatti l’accreditamento della versione del denunciante, relativamente alla configurazione di un delitto su cui il Tribunale era chiamato a dare un giudizio assolutamente incidentale (il delitto di lesioni non concorreva alla emissione della misura cautelare) non risulta incompatibile con un verdetto finale aperto, atteso che, per rimanere nella prospettazione del ricorrente, anche la eventuale prova dell’avere agito gli indagati per legittima difesa, ove mai fosse data, presupporrebbe la causazione di un evento comunque doloso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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