Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-06-2011) 19-10-2011, n. 37886

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza dell’11 gennaio 2011, ha confermato l’ ordinanza del 7 dicembre 2010 del GIP del medesimo Tribunale con la quale veniva disposta la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di T. V., indagato per i delitti di estorsione e di rapina con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando:

a) una violazione di legge e una carenza di motivazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per gli ascritti reati;

b) una violazione di legge e una carenza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

2. Il primo motivo ha attinenza alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza con riferimento al capo M1 dell’imputazione (estorsione aggravata in danno di V.V. e V.S.).

Questa Corte, conformemente a quanto già affermato dal Tribunale del riesame, ritiene però che il quadro indiziario sia stato logicamente evidenziato, soprattutto sulla base delle dichiarazioni rese dalle stesse parti lese, da quelle dei collaboranti B.C. e Bo.Nu. e dai riconoscimenti fotografici.

A ciò si aggiunga come il Giudice di merito abbia vieppiù correttamente qualificato i fatti ascritti (v. pagine 24 e 25 della motivazione), secondo la contestazione di cui al capo d’imputazione per cui non è più ammissibile in questa sede di legittimità rileggere l’attività d’indagine allorquando non siano state evidenziate illegittime alterazioni delle norme sostanziali o processuali ovvero una motivazione manifestamente illogica che nella specie non è dato ravvisare (v. giurisprudenza pacifica a partire da Cass. Sez. Un. 24 dicembre 1999 n. 24).

3. Quanto al secondo motivo del ricorso, relativo alla sussistenza dell’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 (prevista per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416 bis c.p., relativo all’associazione per delinquere di tipo mafioso) si osserva come sia ius receptum che non sia necessario che l’agente appartenga a. predetto sodalizio occorrendo, tuttavia, accertare in concreto che l’attività criminosa sia stata posta in essere con modalità di tipo "mafioso" (v. Cass. Sez. 1, 18 ottobre 2007 n. 43663).

Il che è quanto in concreto correttamente affermato nell’impugnata ordinanza nella quale si da conto della realizzazione dei fatti criminosi ascritti proprio traendo vantaggio dall’appartenenza al clan camorristico locale e con le modalità tipiche di tale criminosa consorteria.

4. Il ricorso va, in definitiva, rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Deve farsi, inoltre, luogo alle comunicazioni di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per le comunicazioni ex art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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