Cass. civ. Sez. V, Sent., 04-04-2012, n. 5389

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La controversia promossa dalla Italia Zuccheri s.p.a. e C. s.r.l. contro l’Agenzia delle Dogane è stata definita con la decisione in epigrafe, recante l’accoglimento dell’appello proposto dalla società contro la sentenza della CTP di Ferrara n. 70/6/2006 che aveva respinto il ricorso avverso l’avviso di rettifica di accertamento n. (OMISSIS) emesso dall’Agenzia delle Dogane per diritti doganali relativi a cinque importazioni di zucchero proveniente dalla Repubblica Federale di Jugoslavia, ora Repubblica di Serbia e Montenegro, effettuate nell’anno 2003. L’avviso di rettifica veniva emesso successivamente allo svincolo della polizza fideiussoria rilasciata dalla società ai sensi dell’art. 74 CDC, ed a seguito dell’accertata invalidità del certificato di origine Eur 1 relativo alla merce in questione. La CTR accoglieva l’appello sul rilievo che i controlli tendenti ad accertare l’esattezza delle indicazioni figuranti nella dichiarazione nonchè i documenti e i dati commerciali concernenti le merci … devono essere eseguiti fino a quando, qualora sia stata costituita una garanzia, tale garanzia non sia stata svincolata"; e che "l’obbligazione doganale non possa più sorgere quando la Dogana, espletati i controlli di cui all’art.’ 78 del Codice doganale comunitario con la collaborazione delle Autorità del Paese esportatore, abbia notificato all’importatore la riscontrata regolarità dell’operazione". La CTR rigettava la doglianza dell’appellante "in ordine alla pretesa violazione dell’art. 220, comma 1 …trattandosi di un termine fissato per l’autorità doganale ed ininfluente per il contribuente nè quella concernente la carenza di motivazione dell’atto impugnato avanti la Commissione tributaria provinciale di Ferrara". Il giudice di appello riteneva comunque sussistente la buona fede dell’importatore, sulla base della dichiarazione di regolarità dell’operazione certificata dalla Dogana di esportazione e comunicata all’importatore dalla Dogana di Ferrara; ed escludeva che l’autorità doganale serba avesse avuto conoscenza della mancanza delle condizioni legittimanti il trattamento preferenziale, anche in assenza di prova a riguardo da parte dell’Agenzia, soggetto su cui riteneva gravasse il relativo onere probatorio. La CTR, infine, riteneva non rilevante il fatto che la Commissione europea avesse pubblicato nella GUCE un avviso circa la corretta applicazione del regime preferenziale da parte del paese beneficiario, in quanto precedente allo svincolo della polizza.

Il ricorso proposto dall’Agenzia delle Dogane si articola in cinque motivi. Resiste con controricorso la società che ha proposto ricorso incidentale condizionato fondato su due motivi. Le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

Ai sensi dell’art. 335 c.p.c. vanno preliminarmente riuniti il ricorso principale e quello incidentale.

Con il primo motivo (con cui deduce: "Violazione e falsa applicazione degli artt. 73, 74, 78 e 199 del Reg. CEE n. 2913/92 (Codice Doganale Comunitario) nonchè del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3"), l’Agenzia delle Dogane assume che la concessione dello svincolo della garanzia di cui all’art. 248 del Reg. CEE 2454/93 non inciderebbe sulla procedura di revisione o rettifica di cui all’art. 78 CDC, procedura che l’A.D. sarebbe legittimata a svolgere "anche successivamente alla iniziale notifica di regolarità dell’operazione"; il disposto dell’art. 199 CDC non determinerebbe la consumazione del potere dell’Ufficio doganale di procedere ai controlli di cui all’art. 78 CDC. Va preliminarmente affermata l’ammissibilità della censura in quanto il contenuto del ricorso consente a questo giudice, in relazione al motivo proposto, di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione.

Nel merito la censura è fondata. L’art. 78, n. 3 del Codice Doganale Comunitario, istituito con regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, nella formulazione vigente ratione temporis, dispone:

Quando dalla revisione della dichiarazione o dai controlli a posteriori risulti che le disposizioni che disciplinano il regime doganale considerato sono state applicate in base ad elementi inesatti o incompleti, l’autorità doganale, nel rispetto delle norme in vigore e tenendo conto dei nuovi elementi di cui essa dispone, adotta i provvedimenti necessari per regolarizzare la situazione; ai sensi dell’art. 201, n. 1, lett. a) del medesimo codice, "l’obbigazione doganale all’importazione sorge in seguito: a) all’immissione in libera pratica di una merce soggetta a dazi all’importazione"; ai sensi dell’art. 217, n. 1, comma 1, Ogni importo di dazi all’importazione o di dazi all’esportazione risultante da un’obbligazione doganale (…) deve essere calcolato dall’autorità doganale non appena disponga degli elementi necessari e da questa iscritto nei registri contabili o in qualsiasi altro supporto che ne faccia le veci (contabilizzazione), l’art 220, n. 1, dispone poi Quando l’importo dei dazi risultante da un’obbligazione doganale non sia stato contabilizzato ai sensi degli artt. 218 e 219 o sia stato contabilizzato ad un livello inferiore all’importo legalmente dovuto, la contabilizzazione dei dazi da riscuotere o che rimangono da riscuotere deve avvenire entro due giorni dalla data in cui l’autorità doganale si è resa conto della situazione in atto ed è in grado di calcolare l’importo legalmente dovuto e di determinarne il debitore (contabilizzazione a posteriori). Questo termine può essere prorogato conformemente all’art. 219. A norma dell’art. 221 del codice doganale infine: 1. L’importo dei dazi deve essere comunicato al debitore secondo modalità appropriate, non appena sia stato contabilizzato.(…) 3. La comunicazione al debitore non può più essere effettuata tre anni dopo la data in cui è sorta l’obbligazione doganale (…).

Dalla normativa suesposta non si rileva alcun limite al potere dell’A.D. di controllare a posteriori le dichiarazioni successivamente allo svincolo delle merci, e nell’adozione dei provvedimenti necessari per regolarizzare la situazione; bensì la sola esistenza di un termine triennale di prescrizione per la comunicazione della contabilizzazione di un diverso importo dei dazi.

L’estinzione dell’obbligazione doganale , le cui cause sono espressamente enunciate negli artt. 233 e 234 CDC, non può farsi discendere, in via di interpretazione dalla tutela dell’affidamento dell’operatore economico o dal disposto dell’art. 199 CDC, norma di azione tendente a regolare il comportamento della P.A. . In definitiva, in assenza di una norma che espressamente inibisca all’A.D. la prosecuzione dell’attività di verifica della documentazione prodotta all’atto dell’importazione, nonchè di una causa di estinzione dell’obbligazione doganale, quali quelle previste dagli artt. 233 e 234 CDC, non può tale estinzione correlarsi al mero svincolo della garanzia fideiussoria.

Nè a diversa conclusione può pervenirsi sulla base della decisione della Corte di Giustizia del 5 dicembre 2002, nel procedimento C- 468/03, Overland Footwear Ltd contro Commissioners of Customs & amp, laddove si afferma… : Orbene, quando hanno accettato di rivedere una dichiarazione d’importazione ed hanno adottato una decisione atta a regolarizzare la situazione ai sensi dell’art. 78, n. 3, del codice doganale, tenendo conto del fatto che la dichiarazione era incompleta a causa di un involontario errore del dichiarante, le autorità doganali non possono più ritornare su tale decisione, in quanto fondata su presupposti di fatto diversi da quelli in esame – indicati ai punti 20 e 24 della medesima decisione:" A tale riguardo si deve constatare che, ai sensi dell’art. 65 del codice doganale, il dichiarante non può più essere autorizzato a rettificare la sua dichiarazione una volta che le autorità doganali, come nella fattispecie di cui alla causa principale, abbiano autorizzato lo svincolo delle merci- quali la rettifica della dichiarazione da parte dell’importatore nonchè e la preventiva decisione – da parte dei Commissioners – di rimborso dei dazi versati – i Commissioners, in un primo momento, hanno accolto la domanda di rimborso della Overland.

Per far ciò le autorità doganali hanno necessariamente dovuto riesaminare le dichiarazioni in dogana alla luce del nuovo elemento sottoposto dalla Overland, cosicchè si deve ritenere che esse abbiano accettato di effettuare la revisione delle dichiarazioni e abbiano adottato, dopo tale revisione ed in base ai suoi risultati, le decisioni necessarie per regolarizzare la situazione, ai sensi dell’art. 78, n. 3, del codice doganale, tenendo conto del fatto che le dichiarazioni erano incomplete a causa di un involontario errore del dichiarante – Tali circostanze di fatto non sussistono nel caso in esame laddove non vi è stata una revisione della dichiarazione da parte dell’Autorità Doganale (art. 78, comma 1), nè sono stati adottati i provvedimenti necessari a regolarizzare la situazione, a seguito dell’accertamento "che le disposizioni che disciplinano il regime doganale considerato sono state applicate in base ad elementi inesatti o incompleti…"(art. 78, comma 3), bensì risulta documentato il solo svincolo della garanzia fideiussoria prestata dall’importatore ai sensi dell’art. 74 CDC. Con secondo motivo (con cui deduce: Carenza di motivazione su un punto controverso decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) la ricorrente principale assume che la CTR non spiegherebbe in qual modo dalla disposizione che riguarda le modalità di svincolo della garanzia possa discendere la consumazione del potere della dogana di effettuare i controlli".

La censura è inammissibile in quanto relativa all’interpretazione e all’applicazione delle norme giuridiche, dovendosi intendere per "fatto controverso" non una "questione" o un "punto" della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo, caratteri non riscontrabili, nella specie nel fatto indicato come "controverso" dall’A.D.- "se lo svincolo della garanzia prestata per il pagamento dei maggiori dazi e diritti dovuti in seguito ad operazioni di importazione, determini la consumazione del potere dell’Agenzia delle Dogane di procedere al controllo a posteriori ance qualora emergano successivamente elementi di irregolarità prima non conosciuti.

Con terzo motivo (con cui deduce: violazione e falsa applicazione degli artt. 199 e 220 del CDC in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la ricorrente principale assume che la CTR avrebbe violato tale norma nell’aver ritenuto applicabile l’art. 220 CDC in assenza delle quattro condizioni di cui alla norma suddetta, nonchè di avere escluso, ai fini della buona fede dell’importatore, la rilevanza della pubblicazione nella GU delle Comunità europee di due avvisi (2002/C 152/05 e 2003/C 177/02) con i quali erano stati segnalati dubbi sulla validità dei certificati di origine EUR 1 emessi a fronte di esportazioni di zucchero dichiarate originarie della Serbia Montenegro nel periodo in contestazione.

La censura è fondata. L’art. 220, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 16 novembre 2000, n. 2700, dispone quanto segue:

"(…) non si procede alla contabilizzazione a posteriori quando:

(…) b) l’importo dei dazi legalmente dovuto non è stato contabilizzato per un errore dell’autorità doganale, che non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore avendo questi agito in buonafede e rispettato tutte le disposizioni previste dalla normativa in vigore riguardo alla dichiarazione in dogana.

Quando la posizione preferenziale di una merce è stabilita in base ad un sistema di cooperazione amministrativa che coinvolge le autorità di un paese terzo, il rilascio da parte di queste ultime di un certificato, ove esso si riveli inesatto, costituisce, ai sensi del comma 1, un errore che non poteva ragionevolmente essere scoperto. Il rilascio di un certificato inesatto non costituisce tuttavia un errore in tal senso se il certificato si basa su una situazione fattuale inesatta riferita dall’esportatore, salvo se, in particolare, è evidente che le autorità che hanno rilasciato il certificato erano informate o avrebbero ragionevolmente dovuto essere informate che le merci non avevano diritto al regime preferenziale.

La buonafede del debitore può essere invocata qualora questi possa dimostrare che, per la durata delle operazioni commerciali in questione, ha agito con diligenza per assicurarsi che sono state rispettate tutte le condizioni per il trattamento preferenziale.

Il debitore non può tuttavia invocare la buonafede qualora la Commissione europea abbia pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee un avviso in cui sono segnalati fondati dubbi circa la corretta applicazione del regime preferenziale da parte del paese beneficiario".

L’undicesimo considerando del regolamento n. 2700/2000 giustificava l’introduzione nel codice doganale dei commi 2, 3, 4 e 5 dell’art. 220, n. 2, lett. b), di tale codice nei seguenti termini: E’ necessario, per il caso particolare dei regimi preferenziali, definire le nozioni di errore delle autorità doganali e di buonafede del debitore. Il debitore non dovrebbe essere responsabile di un cattivo funzionamento del sistema dovuto ad un errore commesso dalle autorità di un paese terzo. Tuttavia il rilascio di un certificato inesatto da parte di dette autorità non dovrebbe essere considerato un errore se esso è stato elaborato in base ad una richiesta contenente informazioni inesatte. Occorre valutare l’inesattezza delle informazioni fornite dall’esportatore nella sua richiesta sulla scorta di tutti gli elementi fattuali contenuti nella richiesta stessa. Il debitore può invocare la buonafede se può dimostrare di aver dato prova di diligenza, a meno che non sia stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee un avviso che segnala fondati dubbi.

Il procedimento di cui all’art. 220, in buona sostanza, tende a limitare il pagamento a posteriori dei dazi all’importazione o all’esportazione ai casi in cui siffatto pagamento è giustificato e compatibile con un principio fondamentale quale il principio della tutela del legittimo affidamento (v. sentenze 1 aprile 1993, causa C- 250/91, Hewlett Packard France, Racc. pag. 1-1819, punto 46, e 20 novembre 2008, causa C-3 75/07, Heuschen & Schrouff Orientai Foods Trading, Racc. pag. 1-8691, punto 57). Orbene se è vero che, ai sensi dell’art. 220, n. 2, lett. b), comma 4, del codice doganale, la buona fede del debitore può essere invocata qualora questi possa dimostrare che, per la durata delle operazioni commerciali in questione, ha agito con diligenza per assicurarsi che fossero rispettate tutte le condizioni richieste per beneficiare del trattamento preferenziale; tuttavia, come risulta espressamente dal chiaro ed inequivocabile tenore letterale dell’art. 220, n. 2, lett. b), comma 5, del codice doganale, il debitore non può invocare la propria buona fede qualora la Commissione abbia pubblicato nella detta Gazzetta ufficiale un avviso in cui sono segnalati fondati dubbi circa la corretta applicazione del regime preferenziale da parte dei Paesi terzi beneficiari. Tale interpretazione è avvalorata dall’undicesimo considerando del regolamento n. 2700/2000, che ha, in particolare, introdotto nel codice doganale il quinto comma dell’art. 220, n. 2, lett. b), di tale codice. Risulta, infatti, dal detto considerando che il legislatore comunitario, al fine di determinare la nozione di buona fede nel particolare caso dei regimi preferenziali, ha voluto dare al debitore la possibilità d’invocare la propria buona fede qualora egli possa dimostrare di aver agito con diligenza, a meno che non sia stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee un avviso che segnala fondati dubbi ( v. nello stesso senso Ordinanza della corte (Sesta Sezione) 1 ottobre 2009 nel procedimento C-552/08 Ps Agrar-Invest-Tatschl GmbH, contro Commissione delle Comunità europee). Di conseguenza, deve affermarsi che, nel caso in esame, la Italia Zuccheri s.p.a. non può invocare la propria buona fede avendo la Commissione pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 26 giugno 2002 (C-152/05) un avviso agli importatori circa ragionevole dubbio in ordine alla corretta applicazione degli accordi preferenziali relativi allo zucchero dichiarato al momento dell’importazione come originario dell’Albania, della Bosnia-Erzegovina, della Croazia, della Repubblica federale di Iugoslavia – Per le stesse ragioni, non può essere accolta neppure l’argomentazione con cui la CTR ritiene "non rilevante" la pubblicazione nella GUCE del predetto avviso, in quanto seguita dallo svincolo della garanzia.

La corretta applicazione dell’art. 220 cit. comporta, in definitiva, che la buona fede dell’importatore non possa essere riconosciuta qualora, anteriormente alle operazioni di importazione, la Commissione europea abbia pubblicato nella GUCE un avviso in cui sono segnalati dubbi circa la corretta applicazione del regime preferenziale, senza che possa assumere rilevanza il comportamento della autorità doganali che abbiano eventualmente proceduto allo svincolo della garanzia, come erroneamente affermato nella decisione impugnata.

Quanto ritenuto in ordine alla terza censura ha effetto assorbente sul quarto motivo del ricorso principale (con il quale l’Agenzia delle Dogane assume la insufficiente motivazione sull’applicabilità dell’esimente della buona fede) nonchè sul quinto motivo (con cui deduce: violazione e falsa applicazione dell’art. 220 par. 2 lett. B) del CDC in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 laddove la CTR ha escluso che gravasse sull’importatore l’onere di provare la conoscenza o conoscibilità dell’errore nell’applicazione del regime preferenziale).

Con primo motivo di ricorso incidentale (con cui deduce: violazione e falsa applicazione degli artt. 220 comma 1 e 221 comma 1 del Reg. CEE n. 2913/92 (Codice Doganale Comunitario) in relazione all’art. 3650 c.p.c., comma 1, n. 3: Difetto di motivazione della Sentenza su punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) la Italia Zuccheri s.p.a. deduce che violazione delle predette norme "era stata avanzata in sede di appello con ampia argomentazione delucidativa" e che la sentenza avrebbe respinto il motivo di ricorso "incappando innanzitutto nel difetto di motivazione in quanto non spiega le ragioni della sua decisione", Inammissibile è la censura in ordine alla motivazione in quanto priva di una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione. Infondata è la censura di violazione di legge.

Nè il disposto degli artt. 200 e 221 CDC, nè alcuna altra norma del codice doganale consente di concludere che l’inosservanza del termine di gg. 2 di cui all’art. 220 CDC comporti l’estinzione dell’obbligazione doganale sorta a carico dell’obbligato principale.

Da una parte, l’art. 221, n. 3, di tale codice istituisce a favore delle autorità doganale un termine di tre anni a decorrere dalla data in cui è sorta l’obbligazione doganale per comunicare al debitore l’importo di questa; mentre, d’altra parte, l’art. 233 dello stesso codice, che contiene un elenco di diverse cause di estinzione dell’obbligazione doganale, non prevede, fra queste, l’inosservanza del termine di gg. 2 di cui all’art. 220.

Analogamente a quanto affermato dalla Corte di Giustizia sentenza C- 104/2002, e nella causa C-l 12/01, con riferimento al termine di cui all’art. 379 del regolamento della Commissione n. 2454/93 (regolamento di applicazione) del CDC, deve ritenersi che l’inosservanza del termine di gg. 2 di cui all’art. 220 CDC non impedisce di per sè la riscossione dell’importo dell’obbligazione doganale, che il predetto termine si rivolga soltanto alle autorità amministrative e che il suo scopo sia quello di garantire un’applicazione diligente e uniforme, da parte di tali autorità, delle disposizioni in materia di riscossione dell’importo dell’obbligazione doganale nell’interesse di una rapida messa a disposizione delle risorse proprie della Comunità. Pertanto va affermato che l’inosservanza del termine di gg. 2 di cui all’art. 220 CDC non ha alcuna incidenza sulla stessa esigibilità dell’importo dell’obbligazione doganale e non pregiudica il diritto delle autorità doganali competenti di procedere alla riscossione del suddetto debito.

Con secondo motivo di ricorso incidentale (con cui deduce l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) la Italia Zuccheri s.p.a. deduce la carenza di motivazione della sentenza in ordine alla censura di vizio di motivazione dell’avviso di accertamento.

La censura è inammissibile non risultando trascritto il capo dell’atto di appello con il quale sarebbe stata sollevata la censura.

In ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, è infatti necessario che in esso vengano indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perchè il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate.

Ulteriore motivo di inammissibilità è costituito dalla carenza all’esito della illustrazione della censura, di una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione. Non essendo necessari ulteriori accertamenti nel merito – le importazioni controverse hanno avuto luogo successivamente alla pubblicazione dell’avviso CI52/05 nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee – va rigettato il ricorso proposto dalla Italia Zuccheri s.p.a. avverso l’avviso di rettifica di accertamento n. (OMISSIS). Le difficoltà interpretative della normativa in esame nonchè circostanze che caratterizzano la vicenda giustificano la compensazione delle spese del merito e del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

la Corte riuniti i ricorsi, accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso principale, assorbito il quarto ed il quinto, rigetta il secondo; rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito rigettato il ricorso proposto dalla Italia Zuccheri s.p.a. avverso l’avviso di rettifica di accertamento n. (OMISSIS), compensando tra le parti le spese del giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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