Cass. civ. Sez. V, Sent., 04-04-2012, n. 5385

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La controversia concerne l’impugnazione di avvisi di rettifica per il recupero di prelievi agricoli evasi, avendo l’Ufficio doganale contestato all’operatore di avere pagato, relativamente alle importazioni effettuate, un corrispettivo diverso da quello indicato sulle bollette ed inferiore, in ragione di premi o sconti accordati dall’esportatore, al prezzo minimo stabilito dal regime comunitario per beneficiare del pagamento di prelievi agricoli preferenziali.

La C.T.P. di Como accoglieva, previa riunione, i ricorsi proposti da B.R. in proprio nonchè nella qualità di liquidatore e socio della Caseificio Noseda Camino s.a.s. di Alessandro Bonanomi & C. e la C.T.R. Lombardia confermava la sentenza di primo grado.

In particolare, i giudici d’appello rilevavano che nella specie era applicabile il regolamento CEE n. 1697 del 1979 in vigore fino al primo gennaio 1994 e che, ai sensi degli artt. 2 e 3 di tale regolamento, in ordine all’azione di recupero a posteriori dei dazi all’importazione, non era applicabile, in presenza di un atto passibile di un’azione giudiziaria repressiva, il termine di tre anni dalla data di contabilizzazione dell’importo originariamente richiesto, in quanto l’azione restava in tal caso soggetta alle disposizioni vigenti in materia negli stati membri, essendo condizione necessaria e sufficiente ai fini di questa diversa individuazione dell’arco temporale utile al recupero la mera qualificabilità dell’atto come reato (a non difforme conclusione conducendo peraltro i primi due paragrafi dell’art. 221 del seguente Regolamento CEE n. 2913 del 1992), con la conseguenza che trovava applicazione nella specie il termine (originariamente quinquennale e successivamente – L. n. 428 del 1990, ex art. 29, comma 1 – triennale) previsto dal D.P.R. n. 43 del 1973, art. 84 e decorrente dalla data in cui il decreto o la sentenza penale erano divenuti irrevocabili, onde, essendosi i procedimenti penali nei confronti di A. e B.R. conclusi rispettivamente il 27 settembre 2002 (con sentenza di non luogo a procedere) e il 20 dicembre 2002 (con decreto di archiviazione del GIP) l’azione di recupero iniziata dall’Amministrazione doganale con avvisi notificati in data 11 marzo 2005 e 6 aprile 2005 doveva ritenersi utilmente intrapresa nel termine triennale di prescrizione.

Tanto premesso, i giudici d’appello rilevavano che lo sconto del 2% in caso di pagamento a trenta giorni della merce era enunciato in fattura e di esso l’Ufficio non aveva tenuto conto, onde la resipiscenza sul punto a distanza di molti anni non appariva giustificabile nè legittima, ed inoltre che i premi aggiuntivi di fine anno concessi dalla organizzazione esportatrice svizzera erano intervenuti a distanza di tempo dalle effettuate importazioni, non risultavano prevedibili da parte dell’importatore non essendone stata provata la ricorrenza o sistematicità, e, come attendibilmente argomentato dalla parte, avevano lo scopo di porre rimedio alle accentuate fluttuazioni di cambio tra lira e franco svizzero che finivano per accrescere il costo reale ultimo per l’importatore italiano. I giudici d’appello ritenevano pertanto in conclusione che dette agevolazioni non avessero avuto "legittima incidenza rilevante" sul valore del prodotto importato.

Per la cassazione di tale sentenza l’Agenzia delle Dogane ricorre nei confronti del Caseificio Noseda Camillo s.a.s. di Alessandro Bonanomi & C. nonchè di B.R., i quali resistono con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale – successivamente illustrato da memoria- al quale a sua volta resiste con controricorso l’Agenzia.

2. Deve innanzitutto essere disposta la riunione dei due ricorsi siccome proposti avverso la medesima sentenza.

Deve inoltre rilevarsi che, benchè il ricorso incidentale ponga anche questioni preliminari di merito, occorre ugualmente esaminare in via prioritaria il ricorso principale, posto che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, anche alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, secondo cui fine primario di questo è la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere risposta nel merito, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, laddove, qualora (come nella specie) sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte di cassazione solo in presenza dell’attualità dell’interesse, sussistente unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale (v. SU n. 5456 del 2009).

Col primo motivo del ricorso principale, deducendo violazione del Regolamento CEE 804 del 1968 e dei Regolamenti CEE della Commissione n. 1767/1982 e n. 222/1988 nonchè dei principi disciplinanti le importazioni nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, la ricorrente rileva che il citato regolamento 1767/1982 aveva istituito il certificato IMA 1 -alla cui presentazione al momento dello sdoganamento era subordinata la concessione del regime preferenziale in favore dell’importatore- e che tale certificato doveva attestare: la non inferiorità del prezzo delle merci franco frontiera alla "soglia" fissata dai regolamenti; l’esattezza e la conformità delle indicazioni in esso riportate alle disposizioni comunitarie vigenti; l’impegno espresso dell’importatore circa il fatto che "per i prodotti più sopra designati non sono nè saranno concessi all’acquirente sconti o premi o qualsiasi altra forma di riduzione che possa avere come conseguenza un valore inferiore al valore minimo fissato all’importazione per il prodotto in questione".

La ricorrente aggiunge che, secondo la giurisprudenza comunitaria, (sent. Corte di Giustizia CE 11/6/1998 in C-41/97) il certificato IMA 1 compilato in violazione delle istruzioni enunciate negli allegati al citato regolamento 1767/82 non soddisfa le condizioni di quest’ultimo così che i prodotti importati con tale certificato non possono fruire del regime preferenziale.

Giova innanzitutto evidenziare che la decisione sul motivo sopra esposto (col quale si denuncia violazione di legge) non richiede l’esame, da parte di questa Corte, di atti o documenti esterni al ricorso medesimo, pertanto non risulta necessario in relazione ad esso esaminare preventivamente le eccezioni di inammissibilità e improcedibilità del ricorso per violazione dell’art. 366 c.p.c. e art. 369 c.p.c., n. 4, prospettate nel controricorso.

La censura esposta nel suddetto motivo è fondata.

E’ infatti da rilevare che negli anni in cui sono state emesse le bollette oggetto di revisione le modalità di applicazione dei prelievi specifici erano previste da Regolamenti della Commissione, in particolare i Regolamenti CEE numeri 1767 del 1982 e 222 del 1988, Sulla base di tale normativa, la concessione in favore dell’importatore di un regime preferenziale era subordinata alla presentazione, al momento dello sdoganamento, del certificato IMA 1, istituito dal citato Regolamento CEE 1767/1982, il quale, per quel che in questa sede rileva, doveva attestare che il prezzo franco frontiera delle merci era uguale o superiore alla soglia fissata e contenere l’espressa dichiarazione che per i prodotti designati "non sono nè saranno concessi all’acquirente sconti o premi o qualsiasi altra forma di riduzione che possa avere come conseguenza un valore inferiore al valore minimo fissato all’importazione per il prodotto in questione".

Tanto premesso, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza comunitaria (v. sentenza della Corte di Giustizia 11.06.1998 in C- 41/97) i prodotti elencati nell’allegato al regolamento n. 1767/82 beneficiano del regime preferenziale solo se sono rispettate le condizioni fissate nel regolamento stesso, con la conseguenza che un certificato IMA 1 compilato in violazione delle istruzioni enunciate negli allegati previsti nel regolamento 1767/82 non soddisfa le condizioni di quest’ultimo cosicchè i prodotti importati con tale certificato non possono beneficiare del regime preferenziale.

Da quanto esposto consegue che l’accertata concessione di sconti, premi o riduzioni tali da comportare un valore inferiore a quello minimo fissato all’importazione per il prodotto in questione comporta di per sè una non corrispondenza del certificato IMA 1 (nella parte prevedente la dichiarazione-impegno dell’importatore) alle istruzioni enunciate nel regolamento 1767/82 e nei suoi allegati, tale da determinare la perdita del trattamento preferenziale.

Devono pertanto ritenersi irrilevanti le circostanze valorizzate dai giudici d’appello per escludere la suddetta perdita (enunciazione in fattura dello sconto del 2%, concessione dei premi aggiuntivi a distanza di tempo dall’importazione e non comprovata prevedibilità oltre che ricorrenza e sistematicità dei medesimi), posto che la disciplina comunitaria non condiziona in alcun modo l’impegno posto a carico dell’importatore circa la dichiarazione da inserire nel certificato IMA 1 (non potendo perciò la portata di tale impegno risultare "ridimensionata" da circostanze non prese in considerazione nella previsione in esame, quali, ad esempio, la previsione di sconti nella fattura) ed inoltre che, a prescindere da ogni altra considerazione, la disciplina regolamentare in esame non autorizza in alcun modo a ritenere che, in caso di rilascio di sconti, premi e riduzioni in difformità dalla dichiarazione contenuta nel certificato IMA 1, l’amministrazione doganale debba farsi carico dell’onere di comprovarne la prevedibilità, ricorrenza e sistematicità.

Col secondo motivo, deducendo vizio di motivazione, la ricorrente principale si duole del fatto che i giudici d’appello non abbiano dato alcun conto dell’esame dei Regolamenti CEE 804/68, 1767/82 e 222/88 e del governo delle prove raccolte dall’Agenzia nel rispetto delle prescrizioni dei suddetti regolamenti, attribuendo rilievo a circostanze non considerate nei regolamenti di cui sopra "ed annullando gli effetti degli obblighi imposti senza spiegarne le ragioni in punto di diritto".

La censura è inammissibile perchè la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sostanzialmente e innanzitutto insufficienze della motivazione in diritto della sentenza impugnata.

La ritenuta fondatezza del primo motivo del ricorso principale comporta la necessità di esaminare il ricorso incidentale.

Col primo motivo del ricorso incidentale, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 Reg. CEE 1697/1979, i ricorrenti sostengono che gli atti di accertamento sarebbero stati notificati quando l’Ufficio era già decaduto dal potere di rettifica, posto che gli artt. 2 e 3 Reg. CEE 1697/1979, applicabile nella specie, richiedono, per lo slittamento del termine concesso alle autorità doganali per appurare l’omesso pagamento dei diritti di confine, due condizioni: che il contribuente abbia commesso un fatto costituente reato e che tale fatto abbia impedito alla dogana di accertare il corretto valore doganale della merce, e che tali condizioni non ricorrerebbero nella specie sia per mancanza di una pronuncia dell’autorità giudiziaria che abbia stabilito la natura di illecito penale del comportamento del B. – avendo il GIP emesso decreto di archiviazione per essere il reato ipotizzato estinto per prescrizione senza perciò accertare la ricorrenza degli elementi costitutivi del suddetto presunto reato- sia perchè nel corso delle indagini penali non erano emerse informazioni che la Dogana non avrebbe potuto ottenere avvalendosi dei propri poteri istruttori.

La censura è infondata.

Occorre premettere che l’azione di recupero "a posteriori" dei dazi all’importazione o all’esportazione, ai sensi degli artt. 2 e 3 del reg. CEE n. 1697/1979 del Consiglio non può essere avviata dopo la scadenza del termine di tre anni dalla data di contabilizzazione dell’importo originariamente richiesto o, se questa non ha avuto luogo, dalla data di insorgenza del debito doganale (analogo termine di prescrizione della riscossione dei diritti doganali stabilisce la corrispondente norma nazionale, il D.P.R. n. 43 del 1973, art. 84 a seguito della novella recata dalla L. n. 428 del 1990, art. 29 con effetto per i diritti sorti dopo la sua entrata in vigore, fissata al 1 maggio 1990). Il diritto all’esazione, pertanto, non è differito o condizionato al momento in cui viene effettivamente determinato e liquidato il tributo, ma rimane sempre collegato al momento in cui nasce l’obbligazione con l’effettuazione dell’operazione di importazione che segna il verificarsi di tutti gli elementi costitutivi della pretesa tributaria. "La comunicazione al debitore" dell’importo dovuto può tuttavia avvenire anche dopo tale termine triennale -che è pertanto in tali casi prorogato-, quando la mancata determinazione del dazio sia avvenuta a causa di un atto perseguibile "penalmente" – artt. 220 e 221 del codice doganale comunitario, istituito con regolamento CEE n. 2913/92 del Consiglio del 12 ottobre 1992, le cui norme procedurali sono applicabili alle liti pendenti all’atto della sua entrata in vigore, secondo la precisazione del regolamento CEE n. 2700 del 16 novembre 2000- (v. Cass. n. 22014 del 2006).

La proroga del termine non può tuttavia ritenersi esclusa nè per il fatto che nel corso delle indagini penali non siano emerse notizie che l’amministrazione non avrebbe potuto ottenere avvalendosi dei propri poteri istruttori -essendo sufficiente, secondo la previsione in esame, che la mancata determinazione del dazio sia avvenuta a causa di un fatto perseguibile penalmente (ad esempio, false dichiarazioni in sede di compilazione del certificato IMA 1)- nè in ragione dell’esito del procedimento penale, posto che, come rilevato dalla giurisprudenza di questo giudice di legittimità, ciò che rileva per il legislatore non è il contenuto della decisione assunta in sede penale bensì il momento conclusivo del procedimento in sè, cui si correla il decorso della prescrizione (v. Cass. n. 20513 del 2006).

Col secondo motivo del ricorso incidentale, deducendo ulteriore violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 Reg. CEE 1697/1979, i ricorrenti incidentali rilevano che il termine di prescrizione deve ritenersi sospeso dal momento della trasmissione della notitia criminis all’autorità giudiziaria da parte degli organi verificatori solo se tale notitia interviene prima del decorso del triennio, e che nella specie non vi sarebbe stata alcuna trasmissione di notitia criminis in tale arco temporale essendo stato il verbale di constatazione trasmesso all’autorità giudiziaria solo nel novembre 1997 in relazione a violazioni risalenti agli anni 1988, 1989 e 1993.

La censura è fondata nei termini di cui in prosieguo.

La giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha avuto modo di evidenziare che la comunicazione al debitore dell’importo dovuto può avvenire anche dopo il decorso del termine triennale -che risulta pertanto prorogato- allorchè la mancata determinazione del dazio sia avvenuta a causa di un atto perseguibile penalmente "occorrendo, all’uopo, la formulazione di una ipotesi che sia quanto meno alla base di una notitia criminis, primo atto esterno prefigurante il nodo di commistione tra fatto reato e presupposto di imposta destinato ad essere sciolto all’esito del giudizio penale" (v. la già citata Cass. n. 22014 del 2006 relativa ad ipotesi in cui all’epoca della comunicazione della notizia di reato il termine triennale di prescrizione era ormai definitivamente scaduto). E’ peraltro evidente che la suddetta notiti a crimini s che determina la proroga del termine triennale deve essere trasmessa nel corso di tale termine, e non dopo la sua scadenza (ancorchè l’atto accertativo possa essere notificato dopo), perchè altrimenti il termine di revisione sarebbe privo di riferimento temporale e dilatabile all’infinito (v. in termini cass. n. 9773 del 2010).

Ai fini della proroga del termine de quo non è dunque sufficiente che la mancata determinazione del dazio sia avvenuta a causa di un atto perseguibile penalmente ma occorre anche che la notizia di reato sia intervenuta quando il termine non era già decorso. Hanno errato pertanto i giudici d’appello nell’interpretare la normativa in esame ritenendo che, ai fini della proroga del termine triennale, sia sufficiente l’ipotizzata esistenza di un reato, senza necessità di accertare anche che la notizia di (tale) reato sia stata trasmessa quando il suddetto termine era ancora in corso e perciò suscettibile di proroga.

Col terzo motivo del ricorso incidentale, deducendo violazione e falsa applicazione di norme di diritto, i ricorrenti chiedono a questo giudice di legittimità di dire "se l’art. 84 cit. T.U.L.D. – laddove afferma che il termine entro cui la Dogana può agire per il recupero dei dazi decorre dal passaggio in giudicato della decisione del Giudice penale- sia applicabile all’ipotesi in esame in quanto:

in primo luogo, essendo norma sulla riscossione, non è estendibile alla revisione dell’accertamento, attività posta in essere dalla Dogana nel caso riguardante il Caseificio; in secondo luogo, non esistono le condizioni per il rinvio alla normativa interna, in generale, e all’art. 84, in particolare, previsto dall’art. 3 del reg. CEE n. 1697, non essendo stato commesso un reato che abbia impedito la liquidazione di maggiori diritti doganali e non essendo stata inoltrata la notizia del reato entro il termine triennale dall’importazione concesso dalla normativa europea; in terzo e ultimo luogo, sui precetti dell’art. 84 è comunque destinato a prevalere il principio comunitario secondo il quale la dogana deve agire non appena entra in possesso degli elementi conoscitivi per liquidare il tributo ex art. 218, n. 3 e art. 221 C.D.C.".

La censura è inammissibile perchè il quesito di diritto che segue l’esposizione del motivo non è conforme al dettato dell’art. 366 bis c.p.c. nella lettura data ad esso dalla giurisprudenza (anche a sezioni unite) di questa Corte, sia per mancanza della riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e della sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice nonchè della diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (v. tra le altre SU 18759 del 2008 e Cass. n. 19769 e n. 24339 del 2008), sia perchè il quesito, ancorchè formalmente unico, comprende la considerazione di una serie di argomentazioni, sicchè risulta formulato in termini tali da non consentire una risposta unica – negativa od affermativa-dalla quale discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (v. SU 20360 del 2007), sia infine perchè il suddetto quesito involge una quaestio facti (v. SU n. 23860 del 2008).

Col quarto motivo del ricorso incidentale, deducendo vizio di motivazione, i ricorrenti si dolgono del fatto che i giudici d’appello abbiano apoditticamente ritenuto che, ai fini di una diversa individuazione dell’arco temporale utile al recupero dei dazi dovuti, fosse sufficiente la mera qualificabilità dell’atto come reato, senza esplicitarne nemmeno in via indiretta i motivi e omettendo di vagliare l’apprezzamento compiuto dalla Dogana per verificarne la correttezza in merito alla sussistenza delle condizioni obiettive per ravvisare la sussistenza di un’ipotesi di reato.

La censura è inammissibile perchè manchevole della illustrazione prevista dalla seconda parte dell’art. 366 bis c.p.c. (v. cass. n. 8897 del 2008 e n. 16655 del 2011) ed in ogni caso perchè con essa, pur denunciandosi il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si deduce sostanzialmente e innanzitutto una insufficienza della motivazione in diritto.

Infine, nei punti contrassegnati con i numeri 7.1., 7.2. e 7.3., la ricorrente incidentale ripropone "anche, ove necessario, a titolo di ricorso incidentale" le censure mosse agli atti di accertamento nelle precedenti fasi di giudizio e ritenute assorbite dai giudici d’appello.

Tali censure devono ritenersi inammissibili ove intese come proposte, a titolo di ricorso incidentale, avverso la sentenza d’appello, posto che il ricorrente (principale o incidentale) non può che censurare statuizioni della sentenza impugnata e che in detta sentenza manca, ovviamente, ogni statuizione relativa a questioni non decise perchè ritenute assorbite. Giova aggiungere che nel giudizio di cassazione non trova applicazione il disposto dell’art. 346 c.p.c. relativo alla rinuncia alle domande ed eccezioni non accolte in primo grado e che pertanto, sulle questioni esplicitamente o implicitamente dichiarate assorbite dal giudice di merito e non riproposte in sede di legittimità all’esito di tale declaratoria, non si forma il giudicato implicito, ben potendo le suddette questioni, in caso di accoglimento del ricorso, essere riproposte e decise nell’eventuale giudizio di rinvio (v. tra le altre Cass. n. 1566 del 2011).

3. Alla luce di quanto sopra esposto, devono essere accolti il primo motivo del ricorso principale ed il secondo del ricorso incidentale e devono essere rigettati gli altri motivi di entrambi i ricorsi.

La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata con rinvio ad altro giudice che provvederà a decidere la controversia facendo applicazione dei principi di diritto sopra esposti, oltre a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi. Accoglie il primo motivo del ricorso principale e il secondo motivo del ricorso incidentale, rigettando gli altri motivi di entrambi i ricorsi. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. Lombardia.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2012.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *