Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-10-2011) 20-10-2011, n. 37968

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 12 ottobre 2010, la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Foggia il 20 dicembre 2001, con la quale M.F. era stato riconosciuto colpevole del delitto di rapina aggravata al medesimo contestata e condannato alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione e lire 3.000.000 di multa.

Propone ricorso per cassazione personalmente l’imputato il quale, rinnovando censure già dedotte in appello e disattese da quei giudici, contesta la sussistenza di adeguati elementi di prova della propria responsabilità, lamentando che si sarebbe dato credito alla persona offesa, malgrado fosse in stato di ebbrezza ed in condizioni tali da non poter effettuare alcun riconoscimento, trattandosi di luoghi non illuminati, e ponendo fra l’altro a base del giudizio di responsabilità una ricognizione fotografica priva di valore probatorio. Si lamenta, poi, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Il ricorso è palesemente inammissibile, in quanto, per un verso si limita, nella sostanza, a riproporre l’intera gamma delle questioni già devolute ai giudici dell’appello e da questi ampiamente scandagliate con motivazione del tutto esauriente e logica e neppure sottoposta ad autonoma critica dall’odierno ricorrente; dall’altro, si finiscono per evocare profili di merito, quali la concreta valutazione dei singoli elementi di prova evocati a fondamento del giudizio di colpevolezza, del tutto eccentrici rispetto alla presente sede di legittimità. La giurisprudenza di questa Corte è infatti ormai da tempo consolidata nell’affermare che deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici.

La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), alla inammissibilità della impugnazione (Cass., Sez. 1, 30 settembre 2004, Burzotta; Cass., Sez. 5, 8 ottobre 2002, Notaristefano; Cass., Sez. 4, 11 aprile 2001 Cass., Sez. 4, 29 marzo 2000, Barone; Cass., Sez. 4, 18 settembre 1997, Ahmetovic).

A proposito, poi, delle doglianze relative al trattamento sanzionatorio ed alle attenuanti generiche, la motivazione offerta sul punto dalla sentenza impugnata si rivela incensurabile in questa sede, avendo fatto corretta applicazione dei parametri di legge, non senza valorizzare gli univoci e plurimi elementi di sfavore verso un trattamento più mite e, come tali, deponenti per la adeguatezza delle scelte sanzionatorie applicate in primo grado.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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