Cass. civ. Sez. V, Sent., 04-04-2012, n. 5377 Tassa rimozione rifiuti solidi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comune di Fiumicino propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, accogliendo l’appello della TNT Logistics Italia spa, poi CEVA Logistics Italia srl, nel giudizio introdotto con l’impugnazione della cartella esattoriale relativa alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani per l’anno 2002, ha ridotto la pretesa dell’ente locale della parte di tributo riferita ai rifiuti da imballaggio, qualificati speciali, "fermo restando l’obbligo… della contribuente per i rifiuti riferiti agli uffici e servizi che non producono rifiuti speciali".

Secondo il giudice d’appello, in ordine ai rifiuti da imballaggio, qualificati speciali, per il recupero dei quali la contribuente aveva comunicato di provvedere direttamente a proprie spese, ricorrendo a società private autorizzate dalla Regione, era previsto non potessero essere assimilati a quelli urbani, sicchè non poteva pretendersi che la TOT pagasse due volte. "Il completo silenzio del Comune" nel giudizio – nel quale non si era costituito nè in primo nè in secondo grado – non consentiva di sapere se esso avesse avviato la raccolta di tale tipo di rifiuti. Il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21 prevede che la privativa comunale non si estende alle attività di recupero dei rifiuti urbani e assimilati, e la contribuente non aveva provveduto allo smaltimento dei rifiuti, bensì al loro avvio al recupero, obbligatorio per legge. Anche se tali rifiuti fossero stati dichiarati assimilati, in presenza di attività di recupero.

Il Comune non avrebbe potuto comunque tassarli.

La società contribuente resiste con controricorso, illustrato con successiva memoria.

Motivi della decisione

Il Comune ricorre sulla base di due motivi.

Con il primo, denuncia la violazione del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62 e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49 con riferimento al quadro normativo del 2002, periodo di imposta in esame.

Con il secondo motivo, denunciando la sentenza per violazione di legge e per vizio di motivazione, assume che, avendo esso Comune provveduto all’assimilazione dei rifiuti speciali, avrebbe titolo alla riscossione in base al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62 a prescindere dall’effettuazione del servizio a spese del contribuente, assoggettato all’obbligo di conferimento al servizio pubblico e relativa tassazione.

Il ricorso, i cui motivi vanno esaminati congiuntamente in quanto strettamente legati, è infondato.

Con una recente decisione (Cass. n. 627 del 2012) cui il Collegio ritiene debba farsi riferimento, questa Corte ha posto in luce gli aspetti salienti della normativa in materia, applicabile ratione temporis anche alla fattispecie in esame (come si è detto, l’anno 2002), costituita essenzialmente dal capo 3^ del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, e dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. decreto Ronchi), e successive modificazioni.

Con il primo è stata istituita la tassa per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, svolto in regime di privativa dai comuni (art. 58); è stata disciplinata la attivazione del servizio, di raccolta e di smaltimento, prevedendo che se il servizio di raccolta, sebbene istituito ed attivato, non è svolto nella zona di esercizio dell’attività dell’utente, o è effettuato in grave violazione delle prescrizioni del relativo regolamento, il tributo è dovuto in misura ridotta (art. 59); circa il presupposto della tassa, è stato previsto che la stessa "è dovuta per l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti (….), esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato o comunque reso in maniera continuativa nei modi previsti dagli artt. 58 e 59", e che "nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Ai fini della determinazione della predetta superficie non tassabile il comune può individuare nel regolamento categorie di attività produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto alla intera superficie su cui l’attività viene svolta" (art. 62, commi 1 e 3).

Il D.Lgs. n. 22 del 1997, emanato in attuazione delle Direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, ha previsto, nel Titolo 1^ ("Gestione dei rifiuti"), che:

a) la gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è disciplinata al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci; i rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente (art. 2, commi 1 e 2);

b) le autorità competenti favoriscono il recupero dei rifiuti, nelle varie forme previste (reimpiego, riciclaggio, ecc), allo scopo di ridurre lo smaltimento dei rifiuti, che costituisce la fase residuale della "gestione" degli stessi, la quale comprende le operazioni di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento (artt. 4, 5 e 6, comma 1, lett. d);

c) sono rifiuti "urbani", tra l’altro, quelli non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quello di civile abitazione, assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’art. 21, comma 2, lett. g), mentre sono rifiuti "speciali", tra l’altro, quelli "da attività commerciali" (art. 7, comma 2, lett. b, e comma 3, lett. e);

d) la responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa (oltre che nel caso di conferimento degli stessi al servizio pubblico di raccolta) "in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di identificazione di cui all’art. 15 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario" (art. 10, comma 3);

e) i comuni "effettuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa"; con appositi regolamenti stabiliscono, fra l’altro, "le disposizioni necessarie a ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio", nonchè "l’assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento" (tale potere di assimilazione è divenuto pienamente operante a seguito dell’abrogazione della L. n. 146 del 1994, art. 39 ad opera della L. n. 128 del 1998, art. 17); la privativa suddetta "non si applica (….) alle attività di recupero dei rifiuti assimilati" (dal 1 gennaio 2003, "alle attività di recupero dei rifiuti urbani o assimilati", ai sensi della L. n. 179 del 2002, art. 23) (art. 21, comma 1, comma 2 – lett. e) e g) – e comma 7).

Il successivo Titolo 2^ (specificamente dedicato alla "gestione degli imballaggi"), premesso che la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio è disciplinata "sia per prevenirne e ridurne l’impatto sull’ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell’ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato e prevenire l’insorgere di ostacoli agli scambi, nonchè distorsioni e restrizioni alla concorrenza", ai sensi della citata direttiva 94/62/CE (art. 34, comma 1), ha disposto che:

a) gli imballaggi si distinguono in primari (quelli costituiti da "un’unità di vendita per l’utente finale o per il consumatore"), secondari o multipli (quelli costituiti dal "raggruppamento di un certo numero di unità di vendita") e terziari (quelli concepiti "in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli") (art. 35, comma 1);

b) "i produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti"; oltre ai vari obblighi in tema di raccolta, riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti di imballaggio, sono a carico dei produttori e degli utilizzatori i costi per – fra l’altro – la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari, la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio, lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari (art. 38);

c) "dal 1 gennaio 1998 è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura.

Dalla stessa data eventuali imballaggi secondari non restituiti all’utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata" (art. 43, comma 2).

Infine, l’art. 49, compreso nel Titolo 3^, ha istituito la "tariffa per la gestione dei rifiuti urbani" (usualmente denominata TIA, "tariffa di igiene ambientale"), in sostituzione della soppressa TARSU, prevedendo, in particolare, nella modulazione della tariffa, agevolazioni per la raccolta differenziata, "ad eccezione della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, che resta a carico dei produttori e degli utilizzatori" (comma 10), e disponendo altresì che "sulla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua" detta attività (comma 14).

Va poi ricordato che i termini del regime transitorio per la soppressione della TARSU e l’operatività della TIA – regime introdotto dal D.P.R. n. 158 del 1999, modificato dalla L. n. 488 del 1999, art. 33 salva la possibilità per i comuni di introdurre in via sperimentale la TIA – hanno subito varie proroghe e che, infine, il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238 (recante "Norme in materia ambientale") ha soppresso tale tariffa, sostituendola con una nuova – "tariffa integrata ambientale", come definita dal D.L. n. 208 del 2008, convertito nella L. n. 13 del 2009, c.d. TIA 2 -, e l’art. 264 ha abrogato l’intero D.Lgs. n. 22 del 1997 (sia pur prevedendo anche in questo caso una disciplina transitoria).

Per quanto interessa in questa sede, è incontroverso che la pretesa del Comune di Fiumicino, almeno per l’anno in contestazione, non era riferito alla "tariffa Ronchi" ma alla TARSU. Nè nel presente giudizio può ritenersi provato che il Comune avesse, con regolamento, assimilato i rifiuti speciali, compresi gli imballaggi in genere, ai rifiuti urbani, avendo l’ente locale – non costituito nei gradi di merito – allegato un fatto in tal senso solo in sede di legittimità.

Con particolare riguardo ai rifiuti da imballaggio, per altro verso, dall’esame del Titolo 2^ del decreto Ronchi si ricava che essi costituiscano oggetto di un regime speciale rispetto a quello dei rifiuti in genere, regime caratterizzato essenzialmente dalla attribuzione ai produttori ed agli utilizzatori della loro "gestione" (termine che comprende tutte le fasi, dalla raccolta allo smaltimento) (art. 38 cit.);

ciò vale in assoluto per gli imballaggi terziari – dei quali si controverte nel presente giudizio -, per i quali è stabilito il divieto di immissione nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani, cioè, in sostanza, il divieto di assoggettamento al regime di privativa comunale, mentre per gli imballaggi secondari è ammessa solo la raccolta differenziata da parte dei commercianti al dettaglio che non li abbiano restituiti agli utilizzatori (art. 43).

Ne deriva che i rifiuti degli imballaggi terziari, nonchè quelli degli imballaggi secondari ove non sia attivata la raccolta differenziata, non possono essere assimilati dai comuni ai rifiuti urbani, nell’esercizio del potere ad essi restituito dall’art. 21 del decreto Ronchi e dalla successiva abrogazione della L. n. 146 del 1994, art. 39 sicchè i regolamenti che una tale assimilazione avessero previsto andrebbero perciò disapplicati in parte qua dal giudice tributario.

Ciò non comporta, però, che tali categorie di rifiuti siano, di per sè, esenti dalla TARSU, ma che ad esse si applica la disciplina stabilita per i rifiuti speciali, che è quella dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo, nell’ovvio presupposto che in un locale od area in cui si producano rifiuti speciali si formano anche, di norma, rifiuti ordinari, l’esclusione dalla tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano solo rifiuti speciali.

Al riguardo, va ribadito che incombe all’impresa contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree che, per il detto motivo, non concorrano alla quantificazione della complessiva superficie imponibile; infatti, pur operando anche nella materia in esame – per quanto riguarda il presupposto della occupazione di aree nel territorio comunale – il principio secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell’interessato (oltre all’obbligo della denuncia, D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70) un onere di informazione, al fine di ottenere l’esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass. nn. 4766 e 17703 del 2004, 13086 del 2006, 17599 del 2009, 775 del 2011).

Nel caso in esame il giudice d’appello ha accertato che il contribuente ad un tale onere ha adempiuto, ed ha conseguentemente ridotto la "pretesa fiscale della parte di imposta riferita ai rifiuti di imballaggi speciali, fermo restando l’obbligo tributario della società per i rifiuti riferiti agli uffici e servizi che non producono rifiuti speciale".

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 2500,00, ivi compresi Euro 100,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2012

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