Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-09-2011) 20-10-2011, n. 37962

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.S. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma in data 8 febbraio 2011 con la quale è stata confermata la sentenza del tribunale di Roma del 27 luglio 2010, in base alla quale la ricorrente è stata condannata alla pena complessiva di anni due e mesi sei di reclusione ed Euro 600,00 di multa per il reati di rapina aggravata. A sostegno del ricorso sono stati dedotti i seguenti motivi:

a) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) e b) per manifesta illogicità della motivazione e ed erronea applicazione della legge penale.

La ricorrente censura il metodo di motivazione per relationem adottato dalla Corte d’appello sulle modalità di partecipazione alla rapina ritenute sussistente in base alle dichiarazioni della persona offesa, che in realtà non sarebbero decisive;

b) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) per erronea applicazione della legge penale in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza al reato ex art. 114 c.p..

Il ricorrente lamenta l’eccessività della pena e il mancato riconoscimento della circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza al fatto. c) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) per erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 163, 167, e 168 c.p..

La ricorrente lamenta il mancato accoglimento della censura relativa all’insussistenza delle condizioni per la revoca del beneficio della sospensione condizionale concessole in precedenza, in riferimento alla individuazione del dies a quo da cui far decorrere il quinquennio, la cui decorrenza si sarebbe dovuta fissare alla data delle pronuncia della sentenza di primo grado. Il ricorso è manifestamente infondato.

Occorre preliminarmente sottolineare come il principio di diritto fissato dalla Corte di cassazione con riferimento alle censure che coinvolgono il merito della questioni attinenti all’affermazione sotto il profilo fattuale della responsabilità dell’ imputata è consolidato nel ritenere che, ove in apparenza si deduca un vizio della motivazione ma, in realtà, si prospetti una valutazione delle prove diversa e più favorevole alla ricorrente si prospettino, cioè, questioni di mero fatto che implicano una valutazione di merito, l’esame della stessa è preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da vizi di logica, coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte, come quella del provvedimento impugnato che, pertanto, deve ritenersi superare il vaglio di legittimità. (Cass. sez. 4, 2.12.2003, Elia ed altri, 229369; SU n 12/2000, Jakani, rv 216260) (si veda sul punto, anche in relazione alla impossibilità di ritenere sussistente l’attenuante invocata, le corrette valutazioni in ordine al ruolo svolto nel favorire l’azione dei complici nell’esecuzione della rapina e alla circostanza di essere stata trovata a bordo del mezzo rapinato due giorni dopo il fatto; (v. sul punto Cass., sez. 4, 9 ottobre 2008, n. 242388).

Anche per quanto riguarda le valutazioni relative alla dosimetria della pena e alla revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena i giudici d’appello hanno correttamente fatto riferimento alle valutazioni dei giudici di primo grado, attraverso un vaglio ricostruttivo e critico delle conclusione raggiunte in tale sede, in cui il riferimento per relationem alla motivazione non incide assolutamente sulle conclusioni raggiunte, considerata l’oggettiva gravita del reato commesso, i precedenti penali e il comportamento processuale nonchè al consolidato principio di diritto in base al quale ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena, il termine (quinquennale o biennale) previsto dall’art. 163 c.p., comma 1, anche nel caso previsto dall’art. 168 c.p., comma 1, va computato a partire dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza con la quale è stato concesso il beneficio, e non già da quella della sua prima applicazione (Cass., Sez. 1, 3 dicembre 2004 Cc. (dep. 14/01/2005), n. 605 , C.E.D. cass. n. 230542.

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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