Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 04-04-2012, n. 5366 Trattamento economico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso ex art. 414 c.p.c., depositato il 14 novembre 2001, P.A. e gli altri nominativi in epigrafe indicati, tutti dipendenti del Comune di Messina in qualità di funzionari direttivi, avevano esposto che, in sede di prima applicazione del C.C.N.L. 31 marzo 1999 per il personale del comparto Regioni ed enti locali, il quale aveva segnato il passaggio dell’inquadramento del personale dalle precedenti qualifiche funzionali alle nuove categorie e posizioni economiche, il Comune aveva erroneamente loro riconosciuto la posizione economica D1 o D2, anzichè quella D3 loro spettante nell’ambito della categoria D. Avevano pertanto chiesto l’accertamento del corretto inquadramento in D3 dal 1 aprile 1999, evolvente poi, in maniera automatica, in D4 dal 1 dicembre 1999 e in D5 dal 1 dicembre 2000.

Le domande erano state accolte dal giudice di primo grado con sentenza riformata, su appello del Comune, dalla Corte d’appello di Messina, che, con sentenza depositata il 13 ottobre 2009, le ha respinte, rilevando che la tabella C allegata al C.C.N.L. del marzo 1999 aveva definito un quadro di equiparazione tra il vecchio e il nuovo sistema di inquadramento del personale, assegnando la categoria D2 o D2 a coloro che, come gli originari ricorrenti, in precedenza avevano, rispettivamente, la 7^ o la 7^ + led (livello economico differenziato) qualifica professionale e collocando in D3 unicamente i dipendenti in possesso, quali direttori di sezione, della 8^ qualifica funzionale.

Per la cassazione di tale sentenza i sei funzionari direttivi hanno notificato in data 13 aprile 2010 ricorso, affidandolo a tre motivi.

Il Comune resiste alle domande con controricorso.

Motivi della decisione

1 – Col primo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 112 c.p.c., artt. 1362 e ss. c.c., artt. 3 e 36 Cost., del D.P.R. 25 giugno 1983, n. 347, D.P.R. 3 agosto 1990, n. 333, del D.Lgs. n. 29 del 1993 e successive modifiche, artt. 56 e 57, in particolare il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 e del C.C.N.L. per i dipendenti degli enti locali 31 marzo 1999 nonchè il vizio di motivazione.

Con tale motivo sostengono che, nonostante fossero inquadrati, nel precedente sistema, nella settima qualifica funzionale, essi avevano in realtà diritto, nel regime di cui al D.P.R. n. 347 del 1983, come integrato dal D.P.R. n. 333 del 1990 e in base a tali decreti, all’ottava qualifica funzionale, in quanto funzionari direttivi.

I ricorrenti invocano, pertanto, la norma del contratto collettivo del comparto regioni ed enti locali del 1999 che, dopo aver fissato (art. 3) l’articolazione delle qualifiche (A, B, C e D), descritte – anche con l’indicazione, in via esemplificativa, di alcuni profili professionali ad esse relative – nell’all. A al contratto, stabilisce, a chiusura di tale tabella, che "Ai sensi dell’art. 3, comma 7, per i profili professionali che, secondo la disciplina del D.P.R. n. 347 del 1983, come integrato dal D.P.R. n. 333 del 1990, potevano essere ascritti alla VHIA qualifica funzionale, il trattamento tabellare iniziale è fissato nella posizione economica D3".

P.A. e gli altri litisconsorti sostengono che, al riguardo, la Corte territoriale avrebbe erroneamente interpretato le norme citate, che avrebbero condotto, ove "lette" correttamente, al loro inquadramento in D3 dal 1 aprile 1999, in ragione della possibilità ad essi riferibile di essere in precedenza inquadrati dell’ottava qualifica funzionale, in quanto funzionari direttivi, senza che a ciò frapponessero ostacolo il D.Lgs. n. 29 del 1993, artt. 56 e 57, non pertinente nel caso in esame ove non si trattava di domanda di superiore inquadramento in ragione dell’esercizio di fatto delle relative mansioni, ma di richiesta fondata sulla genetica illegittimità dell’inquadramento, alla stregua della normativa contrattuale collettiva applicabile.

La decisione della Corte territoriale violerebbe anche l’art. 3 de 36 Cost. per ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai funzionari direttivi di altri Comuni nonchè l’art. 112 c.p.c..

2 – Col secondo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 115, 116 e 421 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Sbrigativamente e illogicamente, la Corte avrebbe disatteso la deduzione secondo la quale la Prefettura di Messina, con circolare del 2001 relativa al censimento del personale degli enti locali, aveva individuato la voce "categoria D3" per i funzionari.

3 – Col terzo motivo i ricorrenti lamentano, infine, la violazione dell’art. 91 c.p.c., nel capo di sentenza con cui la Corte territoriale aveva compensato le spese di giudizio, da cassare a seguito dell’accertamento della illegittimità del comportamento del Comune in sede di primo inquadramento dei ricorrenti nelle nuove categorie contrattuali collettive.

Il ricorso è infondato.

L’art. 3 del C.C.N.L. per il personale dipendente dagli enti locali del 31 marzo 1999, relativo alla revisione del sistema di classificazione del personale nel passaggio dalla legge quadro del 29 marzo 1983 n. 93 alla nuova disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 29 del 1993 e successive modificazioni, prevedeva l’articolazione dell’inquadramento del personale impiegatizio in quattro categorie (primo comma: categorie A, B, C e D, all’interno di ognuna delle quali, l’art. 5 stabiliva poi la possibile progressione economica), delle quali l’allegato A (cui rinviava il quarto comma) descriveva l’insieme dei requisiti professionali, indicando altresì, in via esemplificativa, alcuni profili professionali relativi a ciascuna categoria e affidando ai singoli enti il compito di individuarne altri enucleabili nel proprio assetto organizzativo (commi 5 e 6).

Il settimo comma dell’art. 3 precisava infine che "Nell’allegato A sono altresì indicati, per le categorie B e D, i criteri per la individuazione e collocazione, nelle posizioni economiche interne delle stesse categorie, del trattamento tabellare iniziale di particolari profili professionali ai fini di cui all’art. 13".

Quest’ultimo articolo, dopo che l’art. 7 aveva predisposto, per a prima applicazione del contratto collettivo una tabella di equiparazione (tabella C) tra vecchio e nuovo sistema di inquadramento, stabiliva nella tabella B il trattamento economico iniziale per ogni inquadramento, che, per il caso considerato all’art. 3, comma 7 corrisponde, rispettivamente ai valori economici complessivi indicati in B3 e D3.

Infine, l’all. A al contratto, dopo avere descritto, per quanto qui interessa, per la categoria D i requisiti professionali di appartenenza e avere indicato alcuni profili professionali ad essa riconducibili, stabilisce "Ai sensi dell’art. 3, comma 7 per i profili professionali che, secondo la disciplina del D.P.R. n. 347 del 1983, come integrato dal D.P.R. n. 333 del 1990" (trattasi dei decreti presidenziali, che secondo il sistema previsto dalla legge quadro del pubblico impiego n. 93 del 1983 recepivano in forma di regolamento gli accordi sindacali nella materia) "potevano essere ascritti alla VIIIA qualifica funzionale, il trattamento tabellare iniziale è fissato nella posizione economica D3".

In base a tale ultima disposizione, i ricorrenti sostengono che poichè la figura del funzionario era inquadrarle nel precedente sistema classificatorio (di cui al D.P.R. n. 347 del 1983 e D.P.R. n. 333 del 1990) nell’8^ qualifica funzionale, nel nuovo sistema spetterebbe loro l’inquadramento nella categoria D, livello retribuivo 3, ancorchè in precedenza il Comune avesse loro erroneamente riconosciuto la 7A qualifica funzionale.

Tale assunto, che, contrariamente a quanto ritenuto dai ricorrenti, si pone in contrasto con il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56, sostituito dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 25, successivamente modificato dal D.Lgs. n. 387 del 1998, art. 15 e infine riprodotto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, per cui l’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetti ai fini dell’inquadramento del lavoratore, è comunque infondato.

Esso fonda infatti il proprio ragionamento unicamente sul dato nominalistico relativo alla assonanza della denominazione loro attribuita di funzionario direttivo con quella di "funzionario" indicata nella tabella allegata al D.P.R. del 1983 e D.P.R. del 1990, citati, senza alcuna analisi relativa al contenuto professionale della qualifica ora rivendicata come a suo tempo dovuta, nei termini in cui è decritto negli atti normativi in questione e senza considerare il carattere generalissimo di tale classificazione, della quale non tutte le qualifiche professionali (in particolare quanto all’8A) erano previste come applicabili in ogni comune italiano (all’uopo i comuni erano, ad es., distinti in diverse categorie).

Viceversa, proprio in applicazione delle indicazioni provenienti da tali classificazioni, il Comune di Messina attribuì a suo tempo ai ricorrenti, in quanto funzionari direttivi, la settima qualifica funzionale, senza suscitare una qualche protesta o rivendicazione da parte loro, i quali anche oggi non ritengono di porre a base delle loro pretese una concreta analisi del contenuto professionale della figura rivestita nel precedente regime di classificazione.

Non ha infine fondamento la censura di violazione degli artt. 3 e 36 Cost., in assenza di un qualche riscontro concreto (anche in ragione di quanto finora rilevato relativamente all’assenza di descrizione del contenuto professionale delle funzioni espletate) alle affermazioni concernenti il diverso inquadramento di funzionari di altri comuni, mentre appare incomprensibile la censura di violazione dell’art. 112 c.p.c..

Restano infine assorbite le censure di cui al secondo e al terzo motivo di ricorso.

Concludendo, in base alle considerazioni svolte, il ricorso va respinto.

L’alternanza di giudizio nei gradi di merito, in corrispondenza di un dato contrattuale di difficile interpretazione, consiglia l’integrale compensazione tra le parti delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese di questo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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