T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 18-11-2011, n. 2797 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso ritualmente notificato e depositato C.R.E. C.R.E. S.p.A. ha impugnato il provvedimento con cui I. S.r.l. ha revocato l’aggiudicazione provvisoria, in favore della prima, della gara concernente il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento finale di residui da depurazione delle acque reflue, e lo ha aggiudicato alla controinteressata E.- T. S.r.l., previa esclusione della ricorrente stessa.

In via principale, viene domandato l’annullamento dell’atto e la condanna dell’Amministrazione ad aggiudicare l’appalto alla ricorrente, previa eventuale declaratoria di inefficacia del contratto siglato tra I. e la controinteressata; in via subordinata, si avanza domanda di condanna al risarcimento del danno per equivalente; in via di "estremo subordine" è chiesta la rinnovazione della gara.

C.R.E. agisce in proprio ed in qualità di capogruppo del costituendo R.T.I. con G. S.r.l. e A.P.B. di P.B. ed espone di avere prevalso nella gara indetta da I., sopravanzando E.- T..

Tuttavia, una volta conseguita l’aggiudicazione provvisoria, il 22 aprile 2011 è sopraggiunto l’atto impugnato, il quale si basa su plurime motivazioni, che la ricorrente ritiene svolte in violazione di legge ed eccesso di potere.

L’esclusione, in particolare, è stata disposta: a) per non avere la ricorrente indicato nella domanda di partecipazione alla gara i propri soci; b) per avere inosservato il termine di 10 giorni, da ritenersi perentorio, assegnato dall’art. 48, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 ai fini della verifica dei requisiti di partecipazione alla gara da parte dell’aggiudicatario in via provvisoria; c) per avere reso falsa dichiarazione in merito ai requisiti di partecipazione alla gara, ai sensi dell’art. 38, lett. h) del d.lgs. n. 163 del 2006; d) per avere violato sia C.R.E., sia G. il divieto di intestazione fiduciaria previsto dall’art. 17, comma 3, della L. n. 55 del 1990 ed oggetto della previsione escludente indicata dall’art. 38 lett. d) del d.lgs. n. 163 del 2006; e) per avere omesso, in violazione del predetto art. 38 lett. d) di dichiarare già in sede di offerta, e comunque anche successivamente, che C.R.E. e G. hanno per socio, la prima al 100% e la seconda al 25%, una società fiduciaria, ovvero la C. società fiduciaria per azioni S.p.A.; f) per avere omesso di dichiarare, in violazione degli artt. 39, comma 9, e 51 del d.lgs. n. 163 del 2006 che le quote azionarie di C.R.E. e quelle partecipative di G. erano state trasferite, prima della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, alla predetta fiduciaria dal precedente socio S. s.a., posto in liquidazione e controllato al 100% da C..

A seguito della notifica del ricorso introduttivo, la controinteressata E.- T. ha proposto ricorso incidentale, al fine di far valere l’esclusione della ricorrente dalla gara per i seguenti motivi: a) violazione degli artt. 86 e 87 del d.lgs. n. 163 del 2006, per non avere indicato nell’offerta il costo relativo alla sicurezza; b) violazione dell’art. 118 del medesimo testo normativo, per avere dichiarato l’intenzione di subappaltare a terzi l’intero servizio di smaltimento finale, per il quale la ricorrente non sarebbe autorizzata; c) violazione dell’art. 37 del d.lgs. n. 163 del 2006, per non avere specificato le parti del servizio di pertinenza delle singole partecipanti del raggruppamento; d) violazione del bando di gara, per illeggibilità delle firme di sottoscrizione dell’offerta.

In sede cautelare, questo Tribunale ha accolto l’istanza di sospensiva con ordinanza riformata in appello, per difetto del periculum in mora.

All’udienza del 16 novembre 2011, il ricorso è stato assegnato in decisione.

Motivi della decisione

In via preliminare, il Tribunale deve affrontare le questioni poste con ricorso incidentale, che hanno carattere pregiudiziale.

Tale ricorso è irricevibile, per tardività della notifica.

Ai sensi dell’art. 120, comma 5, c.p.a. è dimidiato il termine per la proposizione di "ricorso" e "motivi aggiunti" ai fini dell’impugnazione degli atti concernenti le procedure di affidamento di servizi pubblici: esso è perciò pari a 30 giorni, così sottraendosi all’eccezione introdotta dall’art. 119, comma 2, c.p.a.

In giurisprudenza è discusso se il termine dimidiato sia applicabile anche alla proposizione del ricorso incidentale, che non viene espressamente menzionato dall’art. 120, comma 5 (in senso favorevole, Tar Catania n. 1475 del 2011; in senso contrario, Tar Lecce n. 113 del 2011).

Il Tribunale è dell’opinione positiva: da un punto di vista letterale, proprio il confronto con l’art. 119, comma 2, ove sono menzionati "ricorso introduttivo" e "ricorso incidentale" dimostra che la più ampia espressione "ricorso" contenuta senza altra specificazione nell’art. 120, comma 5, è idonea a comprendere l’uno e l’altro.

Da un punto di vista logico, sia con riguardo alla parità delle armi da assicurare alle parti del giudizio, sia alla luce degli effetti acceleratori che il dimidiamento dei termini si prefigge, non si vede alcuna ragione logica per assegnare al controinteressato uno spazio temporale raddoppiato, rispetto a quello goduto dal ricorrente, al fine di articolare e proporre le proprie difese.

Nel caso di specie, il ricorso incidentale è stato invece spedito a mezzo posta solo il 15 luglio 2011, nell’ambito del termine ordinario di 60 giorni, ma non di quello di 30 da osservarsi in concreto: esso è, perciò, tardivo.

Debbono conseguentemente prendersi in considerazione le censure proposte dalla ricorrente, fermo restando che il ricorso dovrà ritenersi infondato, ove sussista anche una soltanto delle cause di esclusione dedotte nel provvedimento impugnato.

In ordine logico, il Tribunale ritiene di dover affrontare il nocciolo duro della controversia, costituito dalla violazione del divieto di intestazione fiduciaria, e, comunque, dall’inosservanza dell’obbligo dell’aggiudicatario di comunicare i propri soci fiduciari, quando essi siano autorizzati ai sensi della L. n. 1966 del 1939.

Come è noto, l’art. 17, comma 3, della L. n. 55 del 1990, recante disposizioni in materia di prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale, ha vietato la partecipazione alle gare concernenti "opere pubbliche" in caso di intestazione fiduciaria: è palese la finalità della norma, la quale intende prevenire l’accesso al remunerativo meccanismo di aggiudicazioni pubbliche di soggetti criminali, mascherati dietro un mandatario (Tribunale civile di Milano, sentenza 13 febbraio 2008). Sulla base dell’art. 17, comma 3, è stato poi emanato il regolamento ivi previsto con il d.P.C.m. 11 maggio 1997, n. 187, il cui art. 1, comma 1, ha posto un obbligo informativo a carico delle società aggiudicatarie, "prima della stipula del contratto", concernente le intestazioni fiduciarie, collegato all’onere stabilito dal successivo art. 4, comma 1, di far cessare entro 90 giorni l’intestazione, al fine di poter legalmente contrarre con la P.A.

In seguito, l’art. 9, comma 63, della L. n. 415 del 1998 ha allentato il divieto originario, distinguendo la posizione delle fiduciarie autorizzate ai sensi della L. n. 1966 del 1939: in tal caso, permane il solo obbligo di comunicare l’identità del socio fiduciario entro 30 giorni dalla richiesta a tal fine formulata dall’Amministrazione.

In giurisprudenza si è perciò già rilevato che, allo stato, l’art. 17, comma 3, prevede due differenti situazioni: un divieto assoluto di intestazione fiduciaria, che comporta l’immediata esclusione dalla gara; un mero obbligo comunicativo, susseguente all’aggiudicazione e da assolversi, pertanto, a seguito di essa e prima della stipula del contratto, pur nel rispetto del termine di legge (Cons. Stato, sez. V, n. 4010 del 2002).

L’art. 38, lett. d) del d.lgs. n. 163 del 2006, peraltro, nel configurare una causa di esclusione dalla gara per mezzo del rinvio all’art. 17 della l. n. 55 del 1990, nel testo già allora modificato, con ogni evidenza ne recepisce entrambe le previsioni: la norma, in altri termini, opera su di un distinto piano oggettivo e temporale, ma comunque comporta l’esclusione dalla gara ed il conseguente divieto di aggiudicazione per chi non abbia assolto all’obbligo informativo.

Nel contempo, formulando una disposizione generale concernente le procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, l’art. 38, lett. d) impone l’applicazione dell’art. 17, comma 3, all’insieme di tali attività, con conseguente applicabilità del d.P.C.m. n. 187 del 1991, in quanto compatibile, anche agli adempimenti da svolgere in caso di fiduciarie autorizzate.

Erra, pertanto, il ricorrente a ritenere inapplicabile al caso di specie il regolamento in questione, poiché esso concernerebbe i soli lavori pubblici, e poiché adottato anteriormente alla modifica dell’art. 17, comma 3: nella parte in cui vi vengono formulate regole idonee a conformare le attività connesse alla sussistenza della intestazione fiduciaria, le disposizioni ivi contenute sono senza dubbio efficaci anche negli appalti di servizi pubblici relativi alle fiduciarie autorizzate.

Ciò premesso in diritto, va osservato che è pacifico, nel caso di specie, che C. fiduciaria, ovvero il soggetto che detiene il 100% delle azioni di C.R.E. ed il 25% di quelle di G., sia autorizzata, sicché la ricorrente ben aveva titolo per partecipare alla gara, salvo l’obbligo successivo di comunicare ad I. il nominativo del socio fiduciario.

Per tale ragione, la ricorrente è nel giusto quando contesta l’atto impugnato, nella parte in cui esso postula la necessità di rendere simile informativa unitamente alla domanda di partecipazione alla gara: se simile obbligo chiaramente non sussiste in forza dell’art. 38, lett. d), parimenti esso non è enucleabile in forza del bando di gara.

Il punto A) di tale documento, infatti, relativo alla "istanza di ammissione", impone ai candidati di comunicare i "soci", ma subito dopo aggiunge che l’informativa va "compilata secondo le seguenti indicazioni", che mutano a seconda del tipo di società coinvolto. Per le società di capitali si richiede la sola indicazione degli amministratori muniti del potere di rappresentanza e del direttore tecnico. La clausola perciò può e deve essere interpretata nel senso più favorevole alla partecipazione, ovvero secondo il significato attribuitole dalla ricorrente.

Detto ciò, è necessario soffermarsi sull’adempimento del solo obbligo comunicativo.

In fatto, sono acclarate le seguenti risultanze: in data 30 dicembre 2010 la società di diritto lussemburghese S. s.a., detentrice delle azioni di C.R.E. e di G., viene sciolta, con l’effetto che azioni e quote passano alla C. fiduciaria, che la deteneva al 100%. Il 9 febbraio 2011 la ricorrente si aggiudica la gara in via provvisoria. Il 15 marzo 2011 l’amministratore di C.R.E. e di G., sig. R.V., deposita presso un notaio l’atto da cui risulta la liquidazione di S. ed il trasferimento di azioni e quote relative alle prime due società a C. fiduciaria (doc. 20 I.). In data 22 marzo 2011 I. (doc. 14) chiede alla ricorrente di "verificare la compagine societaria dei partecipanti alla gara al fine di valutare l’esistenza di eventuali elementi ostativi che possano impedire l’aggiudicazione definitiva dell’appalto". In risposta a tale lettera, la ricorrente trasmette il giorno successivo, 23 marzo, "in evasione totale" della richiesta, le visure camerali di C.R.E. e G., dalle quali risulta ancora la partecipazione di S. (che non aveva natura fiduciaria), e non di C. fiduciaria. A questo punto, I., verificata con propri mezzi la liquidazione di S., sollecita nuovi chiarimenti ed apprende solo il 4 aprile 2011 dalla aggiudicataria provvisoria che nuovo socio di C.R.E. e di G. è una società fiduciaria, a propria volta controllata da una società del gruppo Unicredit.

L’Amministrazione ha pertanto ritenuto falsa l’informativa del 22 marzo, posto che fin dal 30 dicembre 2010 l’assetto azionario e partecipativo di C.R.E. e G. doveva ritenersi mutato, e ha conseguentemente escluso la ricorrente, anche ai sensi dell’art. 38, lett. d) del d.lgs. n. 163 del 2006.

C.R.E. si difende sul punto, invocando gli artt. 2355 e 2470 c.c., in tema di circolazione rispettivamente delle azioni di s.p.a. e delle quote partecipative di s.r.l.

Il Tribunale intende anzitutto soffermarsi sull’art. 2355 c.c. relativo alle società per azioni (nel caso di specie, la C.R.E.). Secondo la ricorrente, tale disposizione comporta che il trasferimento dei titoli abbia effetto nei confronti della società solo dal momento dell’iscrizione nel libro dei soci: posto che, nel caso a giudizio, solo in data 8 aprile 2011 è giunta a C.R.E. la relativa domanda di C. fiduciaria, la informativa del 23 marzo, che ancora indicava quale socio S., dovrebbe perciò ritenersi veridica e rilasciata in buona fede.

Pur ammettendo di applicare analogicamente l’art. 2355 c.c. all’ipotesi di scioglimento e liquidazione di una società (ove si verifica una successione a titolo universale, anziché particolare), tale tesi non ha comunque pregio: anzitutto, va rilevato che, con una significativa modifica rispetto al previgente regime normativo, la riforma del diritto societario del 2003 ha allentato il rilievo da attribuirsi all’iscrizione nel libro dei soci, al fine di rendere opponibile alla società il trasferimento di azioni pattuito inter partes tra alienante ed acquirente: in particolare, esso sopravvive con riferimento al caso di mancata emissione delle azioni (art. 2346 c.c.) e di transfert del titolo nominativo (art. 2355, rispettivamente commi 1 e 4), mentre è venuto meno con riguardo alla circolazione tramite girata autentica (comma 3). Resta comunque ferma l’irrilevanza dell’iscrizione in caso di azioni al portatore, ove non vietate (art. 2354 c.c.) dallo statuto e dalle leggi speciali (comma 2), come nel caso delle azioni di risparmio.

Ne segue che sarebbe stato onere del ricorrente produrre in giudizio lo statuto sociale di C.R.E. per evidenziare la natura dei titoli azionari che essa ha emesso (definiti, agli atti del giudizio, "azioni ordinarie") e conseguentemente consentire di individuare la norma applicabile al caso di specie, anche alla luce delle diverse tecniche di circolazione azionaria che esso può contemplare (art. 2346 c.c.), mentre analogo onere probatorio verteva anche sulle esatte modalità di trasferimento dei titoli da S. a C. fiduciaria.

Tale rilevo sarebbe in sé già determinante, a prescindere dalla posizione di G., posto che la causa di esclusione concerne singolarmente tutti i soggetti del raggruppamento di imprese.

In ogni caso, quand’anche si fosse dimostrato che le modalità del trasferimento azionario lo rendessero opponibile a C.R.E. solo a far data dall’annotazione nel libro dei soci, la censura resterebbe infondata.

È da ritenere, infatti, che tale iscrizione è finalizzata all’esercizio dei diritti del socio all’interno della compagine societaria, ma non condiziona il regime giuridico di circolazione dei titoli tra le parti, che resta soggetto alle ordinarie previsioni civilistiche in materia (ad es., Cass. n. 9314 del 1995; id. n. 17088 del 2008; spunti in questo senso si rinvengono anche nella relazione alla riforma del diritto societario del 2003, in RS, 2003, 121).

Per effetto di ciò, pur in difetto di annotazione, C. fiduciaria doveva ritenersi proprietaria del pacchetto azionario ereditato da S. fin dal 30 dicembre 2010, quando quest’ultima si è sciolta: ovvero, titolare del 100% delle azioni di C.R.E. e del 25% delle quote di G., e dotata del diritto soggettivo perfetto (Cass. n. 13106 del 2004), cui corrispondeva identico obbligo delle società in questione, a conseguire l’iscrizione sul libro dei soci, quando avesse voluto. Iscrizione, peraltro, neppure necessaria al giratario possessore delle azioni per percepire gli utili e partecipare all’Assemblea, ai sensi dell’art. 4 della L. n. 1745 del 1962, con ciò dimostrandosi l’acquisizione dello status di socio, a tali significativi fini, pur in difetto di annotazione.

Né si giungerebbe ad opposta conclusione, ove si ritenesse di applicare alla liquidazione della persona giuridica l’art. 7 del R.D. n. 239 del 1942, secondo cui "nel caso di morte dell’azionista, la società emittente, se non vi è opposizione, addiviene alla dichiarazione del cambiamento di proprietà sui titoli azionari e nel libro dei soci, su presentazione del certificato di morte, di copia del testamento se esista e di un atto di notorietà giudiziale o notarile, attestante la qualità di erede o di legatario dei titoli. La società trattiene detti documenti". La migliore dottrina ha infatti precisato che, anche in tale ipotesi, la proprietà si acquista per effetto della successione, ferma restando la necessità degli ulteriori adempimenti ai fini dell’esercizio dei diritto sociali.

A fronte di tale evidenza relativa alla proprietà azionaria si pone l’art. 17, comma 3, della L. n. 55 del 1990, il quale, nell’esigere l’informativa circa l’identità dei fiducianti, non può che avere per oggetto l’effettivo regime proprietario, secondo un’ottica del tutto corrispondente alle finalità di prevenzione di infiltrazioni mafiose ed in particolare di riciclaggio del denaro di provenienza illecita. Esse, infatti, verrebbero aggirate, ove si consentisse una comunicazione basata sulle mere risultanze delle visure camerali, il cui aggiornamento peraltro dipende da un’iniziativa di parte, quando esse non corrispondano al nuovo assetto proprietario.

Naturalmente, non si può rimproverare all’aggiudicataria di avere indicato i soli soci che ad essa risultavano rivestire effettivamente simile qualità, ma le si deve invece far obbligo di estendere l’informativa con riferimento a chi la società sappia avere la proprietà delle azioni, quale che sia la posizione che costoro formalmente hanno assunto nei suoi confronti.

In tal senso depone espressamente l’art. 1, comma 1, del d.P.C.m. n. 187 del 1991, già ricordato, il quale, proprio con riferimento all’oggetto dell’obbligo di informazione, e dunque per una parte senz’altro applicabile al caso di specie, esige sia comunicata la composizione societaria "sulla base delle risultanze del libro dei soci, delle comunicazioni ricevute, e di qualsiasi altro dato a propria disposizione", prescrivendo in tal modo che il dato formale non possa obliterare la reale situazione societaria, di cui l’aggiudicataria sia consapevole. In ogni caso, il regolamento è in tale parte meramente ricognitivo di un principio che si può desumere direttamente dalla legge.

Nella nostra ipotesi, fin dal 15 marzo 2011 è provata la piena conoscenza in capo al sig. Verpelli, e dunque in capo sia a C.R.E. sia a G., di cui questi è amministratore, dello scioglimento di S. e del trasferimento delle azioni a C. fiduciaria, giacché egli si è reso parte diligente nel depositare presso un notaio la relativa dichiarazione. Per tale ragione, a fronte della richiesta di I. del 22 marzo, da ricollegarsi alla potestà della stazione appaltante di domandare all’aggiudicatario informazioni sulla composizione sociale, la comunicazione del giorno successivo della ricorrente, con cui sono state trasmesse le visure camerali non aggiornate e nulla si è aggiunto ad esse, è obiettivamente stata rilasciata in violazione dell’art. 17, comma 3, della L. n. 55 del 1990, e conseguentemente ha integrato la fattispecie di violazione del divieto previsto dall’art. 38, lett. d) del codice degli appalti, a pena di esclusione.

È vero, infatti, che successivamente C.R.E. ha comunicato il nominativo di C. fiduciaria, ma ciò è avvenuto solo a fronte di una nuova, ineludibile richiesta della stazione appaltante, che aveva verificato lo scioglimento di S.: una dichiarazione incompleta, e dunque obiettivamente falsa, con ogni evidenza consuma la prerogativa di cui gode l’aggiudicataria, e ne determina l’esclusione. Né si può contestare, come vorrebbe la ricorrente, il difetto di proporzionalità di un provvedimento applicativo di una grave causa di esclusione espressamente prevista dalla legge.

Tale causa di esclusione sussiste dunque per C.R.E. sotto il duplice profilo sopra esaminato, e per G. in relazione a tale ultimo aspetto della vicenda.

Il ricorso principale va perciò respinto, unitamente alla domanda risarcitoria, posto che I. non ha commesso alcun fatto illecito.

Le spese, in ragione della novità e della complessità delle questioni trattate, meritano di essere compensate tra tutte le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I), definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, eccezione e deduzione, così provvede:

dichiara irricevibile il ricorso incidentale;

respinge il ricorso principale;

respinge la domanda di risarcimento danni;

compensa le spese tra tutte le parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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