Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-05-2011) 20-10-2011, n. 37948 Indagini preliminari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza, deliberata il 18 marzo 2010 e pubblicata il 27 maggio successivo, il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere applicata, con provvedimento in data 25 febbraio 2010 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale nei confronti di P.T., ritenuto gravemente indiziato del delitto di illecita detenzione di tre pistole, tutte con matricola abrasa, e del reato di ricettazione delle medesime armi.

Il Tribunale ha superato le obiezioni del ricorrente in punto di sua estraneità al possesso delle armi e di negata convivenza con S. A.R., nell’abitazione della quale, all’esito di perquisizione in data 2 febbraio 2010, erano state rinvenute le armi, sulla base delle seguenti circostanze: a) la stessa S., nel corso di precedente udienza davanti al Tribunale per i minorenni, aveva dichiarato di convivere con il P., dal quale ha avuto una bambina; b) nell’immediatezza della perquisizione, avvertita della facoltà di farsi assistere da un difensore, la S. aveva dichiarato di volersene avvalere, e, autorizzata ad usare il suo telefono cellulare, anzichè chiamare l’avvocato, aveva telefonato al P. comunicandogli la perquisizione in corso e assentendo alle indicazioni ricevute dall’interlocutore, evidentemente cointeressato alle armi per essere stato immediatamente avvertito dalla compagna del controllo dei carabinieri; c) invitata a mostrare eventuali armi detenute, la S. ne aveva indicato solo due custodite nel comodino della stanza da letto matrimoniale, avvolte in alcune calze, celando la presenza di una terza arma, e ciò in ritenuta obbedienza alle indicazioni appena ricevute dal P.; l’arma, tuttavia, era stata rinvenuta dai verbalizzanti all’esito di un più approfondito controllo all’interno dello stesso comodino; d) l’autovettura utilizzata dalla S., come pure il telefono cellulare usato per chiamare il compagno, come da successivi accertamenti di polizia, risultavano intestati al P., segno di una profonda comunanza di vita tra la donna e l’indagato.

Quanto alle esigenze cautelari, sono state ritenute sussistenti sia le ragioni di prevenzione speciale, considerati il precedente specifico del P. e la gravità del fatto (detenzione di tre armi clandestine), rinviante a circuiti criminali di rilievo; sia le esigenze di cautela probatoria in relazione alla probabile manovra depistatrice delle indagini, costituita da uno scritto a firma dell’ex moglie dell’indagato, M.M., prodotto dalla difesa, nel quale la stessa, autoaccusandosi di calunnia, sosteneva di avere indicato falsamente l’ex coniuge come possessore di armi, documento da ritenersi del tutto privo di fondamento poichè le armi erano state effettivamente rinvenute nella comune abitazione del P. e della S.; sia, infine, le esigenze di prevenzione del pericolo di fuga dell’indagato, reso concreto dalla sua irreperibilità immediatamente dopo il sequestro delle armi, avvenuto il 2 febbraio 2010 e fino al suo arresto eseguito il 25 febbraio 2010, in esecuzione di provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso nella stessa data.

2. Avverso la predetta ordinanza il P., tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso a questa Corte di cassazione e ha dedotto tre motivi.

2.1. Con il primo lamenta il vizio di motivazione con riguardo all’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

Il rapporto di convivenza con la S., su cui si fonda l’attribuzione alla sua persona delle armi rinvenute nell’abitazione, non troverebbe fondamento nelle risultanze investigative, considerato che, nella casa sottoposta a perquisizione, non furono rinvenuti indumenti o altri effetti personali appartenenti all’indagato, nonostante le accurate ricerche ivi svolte dai verbalizzanti; dai risultati delle investigazioni difensive, solo accennati nell’ordinanza impugnata, e, in particolare, dalle dichiarazioni rese da Q.Domenico sarebbe emerso, inoltre, che l’indagato era residente presso i suoi genitori in (OMISSIS), e non in via (OMISSIS), della stessa città, luogo di ritrovamento delle armi, dove risiedeva la sola S.;

quest’ultima, sentita dal Tribunale per i minorenni sui suoi rapporti con i figli avuti da un precedente matrimonio e affidati al padre, al solo fine di accreditare una ritrovata stabilità di vita affettiva e sociale e di essere positivamente valutata dallo stesso Tribunale, avrebbe dichiarato di convivere con il P.; di nessun rilievo, infine, per sostenere il ritenuto rapporto di convivenza tra il P. e la S., sarebbe la circostanza che quest’ultima si muoveva con un’autovettura intestata all’indagato e che, in occasione della perquisizione, gli avesse telefonato con un cellulare pure a lui intestato.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione (recte: violazione di legge) con riguardo agli artt. 369, 369-bis e 370 cod. proc. pen..

Il P. lamenta la tardiva notificazione dell’informazione di garanzia, avvenuta solo il 25 febbraio 2010, contestualmente all’esecuzione del provvedimento di custodia in carcere, sebbene il Pubblico ministero, fin dal 12 febbraio precedente, avesse delegato la polizia giudiziaria a redigere verbale di identificazione e contestuale elezione di domicilio nei suoi confronti e disposto ricerche ex art. 159 cod. proc. pen..

La tardiva comunicazione dell’informazione di garanzia avrebbe inciso sul diritto di difesa del P., inibendogli le investigazioni difensive prima dell’esecuzione della misura cautelare, con la conseguenza che dovrebbe essere dichiarata l’inefficacia della misura custodiale in carcere applicata nei suoi confronti.

2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia il difetto di motivazione con riguardo alle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen., contestando in particolare il pericolo di fuga, non essendosi mai reso irreperibile, tant’è vero che fu arrestato nello stesso giorno di emissione dell’ordinanza di custodia cautelare e, già prima, l’8 febbraio 2010, solo sei giorni dopo l’operato sequestro delle armi, si era recato presso la Questura di Reggio Calabria per denunciare lo smarrimento della sua tessera Bancoposta, continuando a svolgere il suo lavoro di elettricista, insieme al padre, nella stessa città di Reggio Calabria.

Neppure sarebbe sussistente il concreto pericolo di reiterazione criminosa, posto che l’unico precedente specifico è molto remoto nel tempo e che non sono dimostrati suoi legami con ambienti criminali.

Motivi della decisione

3. I motivi di ricorso sono infondati.

3.1. Non sussiste il vizio di motivazione denunciato con riguardo ai ritenuti gravi indizi di colpevolezza, avendo il Tribunale del riesame adeguatamente e coerentemente enunciato gli elementi raccolti a carico del P. e ritenuti gravemente indizianti del suo possesso delle armi, rinvenute nell’abitazione condivisa con la S..

Si rimanda, in proposito, all’elencazione dei detti indizi di cui al precedente n. 1 di questa sentenza, non scalfiti dalle censure del ricorrente, in questa sede, le quali non evidenziano alcuna carenza nè contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, che, al contrario, come emerge da quanto sopra riportato, è esaustiva, coerente e rigorosamente logica.

3.2. Anche la dedotta violazione degli artt. 369, 369-bis e 370 cod. proc. pen. non sussiste.

L’art. 369 c.p.p., comma 1, impone al pubblico ministero di inviare alla persona sottoposta alle indagini una informazione di garanzia solo quando deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere e la giurisprudenza di questa Corte (Sez. U, n, 7 del 23/02/2000, dep. 04/05/2000, Mariano, Rv. 215839; Sez. 2, n. 25694 del 10/06/2008, dep. 24/06/2008, Caruso, Rv. 240634) ha chiarito che tali non sono gli atti cosiddetti a sorpresa, come la perquisizione e il sequestro ( art. 365 cod. proc. pen.), nella fattispecie eseguiti il 2 febbraio 2010, ai quali non seguirono atti d’indagine garantiti fino all’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del P., in data 25 febbraio 2010, contestualmente alla quale gli fu anche notificata l’informazione di garanzia, come allegato dallo stesso ricorrente.

Del tutto incongrue rispetto all’oggetto del provvedimento impugnato, sono, poi, le denunciate violazioni dell’art. 369-bis cod. proc. pen., che riguarda il diverso istituto della informazione della persona sottoposta alle indagini sul diritto di difesa, e dell’art. 370 c.p.p. che disciplina l’attività di indagine del pubblico ministero.

3.3. Le censure motivazionali in tema di ritenute esigenze cautelari sono, infine, prive di pregio, avendo l’ordinanza impugnata puntualmente illustrato le ragioni di prevenzione speciale, di cautela probatoria e processuale, sopra riportate, mentre il ricorrente si limita a contestare la sua irreperibilità nel periodo immediatamente successivo al sequestro del 2 febbraio 2010 e la rilevanza del precedente specifico a suo carico, ciò che evidentemente non integra alcun vizio della motivazione per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità rilevante in questa sede.

4. Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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