Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Brescia, in riforma di decisione del Tribunale di Mantova, ha rigettato le opposizioni proposte da G.F. e R.G. – unici soci e amministratori della s.r.l. AGRES-VET, iscritti alla gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, – avverso quattro distinte cartelle esattoriali aventi ad oggetto i contributi previdenziali pretesi dall’INPS dopo averli iscritti di ufficio alla gestione commercianti. A questa conclusione la Corte di merito è pervenuta osservando che gli opponenti si erano occupati personalmente e continuativamente della gestione di tutti gli affari della società, con una partecipazione all’attività operativa in cui si estrinsecava l’oggetto dell’impresa (esercente il commercio di prodotti zootecnici, medicinali e immobiliari) provatamente prevalente sull’attività di amministrazione e comportante, quindi, ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, il loro obbligo di iscrizione alla gestione commercianti. Escludeva, invece, la Corte che la detta iscrizione fosse compatibile con quella alla gestione separata (come invece sostenuto dall’INPS), aggiungendo, peraltro, che la relativa questione era estranea alla controversia, trattandosi di opposizioni a cartelle esattoriali, per le quali doveva verificarsi solo la fondatezza della pretesa e l’ammontare, ove contestato, del credito contributivo.
Di questa sentenza chiedono la cassazione G.F. e R. G. con ricorso fondato su due motivi.
L’INPS resiste con controricorso e propone, a sua volta, ricorso incidentale. Risultano intimate, rispettivamente dai ricorrenti in via principale e dall’INPS, anche le società S.C.C.I. s.p.a, e Equitalia Nomos s.p.a (già Uniriscossioni s.p.a.).
Motivi della decisione
1. Il ricorso principale e quello proposto in via incidentale devono essere riuniti perchè riferiti alla stessa sentenza ( art. 335 c.p.c.).
2. Entrambi vanno dichiarati inammissibili nei confronti, rispettivamente, della S.C.C.I. s.p.a. e della Equitalia Nomos s.p.a., dal momento che, per quanto risulta dalla sentenza impugnata, nè la prima nè la seconda delle società intimate sono state parti del giudizio di secondo grado.
3. Nel primo motivo del ricorso principale, con deduzione di falsa applicazione e violazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, i ricorrenti censurano l’accertamento della Corte di merito, che ha qualificato l’attività da essi prestata a favore della società come attività operativa prevalente su quella di amministrazione, sotto due profili:
A) perchè dalle norme del codice civile (artt. dal 2380 al 2396) non si ricavano limiti quanto alla strutturazione dell’attività di amministrazione di una società di capitali, questa non consistendo nel compimento dei soli atti giuridici ma comprendendo l’intera attività di gestione e organizzazione aziendale; dunque la scissione operata dal giudice d’appello tra un’attività amministrativa puramente concettuale e un’attività amministrativa pratico – operativa è priva di giuridico fondamento.
B) per non aver considerato che il concetto di "prevalenza" della partecipazione al lavoro aziendale – cui la legge subordina l’obbligo di iscrizione nella gestione degli esercenti attività commerciali – va determinato non già in funzione della quantità del lavoro svolto, ma della qualità dell’attività; e, nella specie, sicuramente prevalente era l’attività di amministrazione, comportando essa l’assunzione, da parte dei ricorrenti, del rischio di impresa e delle correlative responsabilità (civili e/o penali).
4. Nel secondo motivo, sempre con deduzione di violazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, nonchè dell’art. 2697 c.c., si critica la sentenza impugnata sia per aver invertito l’onere della prova addossando agli odierni ricorrenti l’onere di dimostrare la prevalenza dell’attività di amministrazione su quella commerciale, sia per aver dato rilievo esclusivo alle dichiarazioni rese dal socio G. agli Ispettori dell’INPS (non essendo i relativi verbali idonei fondare neppure una presunzione semplice), oltretutto senza operare alcun confronto con i documenti e le prove testimoniali (queste ultime, non assunte nè in primo nè in secondo grado) offerte in giudizio dai ricorrenti medesimi.
5. I due motivi, che si trattano congiuntamente per l’evidente connessione, non sono fondati.
6. Come già osservato da questa Corte (vedi, in particolare, Cass. Sez. un. n.3240 del 2010) la L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, allo scopo di evitare che, grazie allo schermo della struttura societaria, non venga assoggettata a contribuzione la prestazione dei soci delle s.r.l. che "partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza", ha innovato rispetto alle disposizioni precedenti (per le quali solo i titolari di ditte individuali e i soci delle società di persone erano soggetti all’obbligo di assicurazione nella gestione degli esercenti attività commerciali: L. n. 613 del 1966, art. 2) prescrivendo l’iscrizione nella suddetta gestione anche dei soci di s.r.l. quando l’attività da loro prestata all’interno dell’azienda presenti le stesse caratteristiche.
7. Deve, altresì, precisarsi, stante l’ampiezza della dizione usata dal legislatore, che per partecipazione personale al lavoro aziendale deve intendersi non soltanto l’espletamento di un’attività esecutiva o materiale, ma anche di un’ attività organizzativa e direttiva, di natura intellettuale, posto che anche con tale attività il socio offre il proprio personale apporto all’attività di impresa, ingerendosi direttamente ed in modo rilevante nel ciclo produttivo della stessa.
8. Nella specie, la Corte di merito ha ritenuto che le funzioni di amministrazione della Agrest.Vet s.r.l., pur certamente svolte dagli odierni ricorrenti, fossero meno rilevanti rispetto all’attività operativa da costoro prestata per un’impresa di natura tipicamente commerciale; e tale conclusivo giudizio ha espresso valutando l’insieme delle circostanze di causa come dimostrativo della diretta gestione della società da parte del G. e del R., occupandosi personalmente i due soci dei rapporti contrattuali, dell’acquisto, vendita e costruzione di immobili sui terreni di proprietà, della organizzazione del lavoro dei dipendenti e di tutto ciò che era inerente all’espletamento dell’attività aziendale.
9. Questo accertamento di fatto è censurato essenzialmente sotto il profilo che il giudice d’appello avrebbe illegittimamente invertito l’onere della prova, addossando agli assicurati l’onere della dimostrazione dell’attività prevalente, ed avrebbe, altrettanto illegittimamente, attribuito decisivo rilevo probatorio alle risultanze dei verbali ispettivi, omettendo, altresì, di esaminare e valutare le prove (documentali e testimoniali), di segno contrario.
10. Senonchè, deve osservarsi che le considerazioni espresse dalla Corte territoriale a proposito del soggetto onerato della prova sono riferite alle situazioni in cui non sia possibile stabilire con certezza quale sia l’attività prevalente tra quelle previste dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e segg.; laddove, nel caso concreto, la certezza della prevalenza dell’attività operativa su quella di amministrazione è stata dal giudice d’appello ritenuta inequivocamente dimostrata in esito a una valutazione che, diversamente da quanto vogliono sostenere gli odierni ricorrenti, non si fonda solo sul contenuto delle dichiarazioni rese dal socio G. agli ispettori dell’INPS – riguardo al che mette conto, comunque, di ribadire il principio della utilizzabilità delle risultanze dei verbali ispettivi, i quali, salva la fede fino a querela di falso sulla attività attestata, costituiscono comunque, nei contenuti, elementi probatori valutabili ex art. 116 c.p.c. (Cass. n. 11946/2005 e n. 16055/2004), fino anche a rendere superflua l’istruttoria (Cass. n. 3525/2005) – ma, altresì, sulle risultanze dei bilanci societari, evidenzianti, secondo la Corte territoriale, come i due soci-proprietari ritraessero, dall’attività svolta per la Agres-Vet s.r.l., compensi notevolmente cospicui e, come tali, insuscettibili di rappresentare il compenso della sola attività di amministrazione di una società di modeste dimensioni (sostanzialmente simile a una società di persone) come quella da essi amministrata, ma corrispondenti, piuttosto, alle quote di utili loro spettanti quali reddito da impresa.
11. Tutte queste considerazioni, sia in diritto che in fatto, sono solo apoditticamente contraddette in ricorso e sostanzialmente censurate con la deduzione – del tutto generica e, come tale inammissibile – che ben diverse prove l’INPS – sul cui (esclusivo) onere probatorio si continua ad insistere – avrebbe dovuto fornire per arrivare a dimostrare la sussistenza del requisito dell’abitualità e della prevalenza della partecipazione al lavoro aziendale, cui la L. n. 662 del 1996 subordina l’iscrizione del socio di s.r.l. alla gestione commercianti.
12. Del pari inammissibile, per mancanza del requisito dell’autosufficienza, è la censura riguardante l’omessa considerazione delle prove documentali e testimoniali, non essendo stato trascritto in ricorso il contenuto dei documenti e dei capitoli di prova per testi che si dicono dedotti in sede di merito; si che vengono a difettare gli elementi necessari a consentire a questa Corte di verificarne la rilevanza ai fini della decisione (dovendo tale verifica potersi effettuare dal giudice di legittimità senza la necessità di far rinvio od accedere a fonti esterne al ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito) e di valutare, quindi, compiutamente l’adeguatezza del giudizio di fatto operato dal giudice d’appello.
13. In conclusione il ricorso principale va rigettato nei confronti dell’INPS. 14. Nell’unico motivo del ricorso proposto in via incidentale l’INPS censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203, 207 e 208, nonchè per vizio di motivazione, nella parte in cui ha ritenuto infondata la sua pretesa di mantenere l’iscrizione di R. e G. anche nella gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, e, al riguardo, sostiene la piena compatibilità della contemporanea iscrizione di uno stesso soggetto in diverse gestioni previdenziali, allorchè svolga attività lavorative riconducibili alle relative competenze.
15. Il ricorso incidentale è inammissibile.
16. Osserva, infatti, la Corte che la sentenza d’appello si fonda, nella parte che costituisce oggetto della proposta impugnazione, su un doppio ordine di ragioni, ciascuna delle quali è idonea, di per sè, a darle giuridico fondamento. Invero, il giudice d’appello ha, bensì, ritenuto incompatibile l’iscrizione di uno stesso assicurato a più gestioni previdenziali, ma ha aggiunto che la questione non riguardava il thema decidendum della controversia al suo esame, trattandosi di opposizioni a cartelle esattoriali, per le quali doveva solo verificarsi la fondatezza della pretesa e dell’ammontare, se contestato, del credito contributivo.
17. L’INPS, con il ricorso incidentale, ha censurato la prima delle suddette affermazioni, ma non la seconda. Trova quindi applicazione il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficienti a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, dal momento che questa, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre, in nessun caso, l’annullamento della sentenza (da ultimo Cass. n.22753 del 2011, n.3386 del 2011, n.24540 del 2009).
18. In conclusione il ricorso principale va dichiarato inammissibile nei confronti della società S.C.C.I. s.p.a. mentre va rigettato nei confronti dell’INPS; a sua volta il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile sia nei confronti della società Equitalia Nomos s.p.a. che nei confronti dei ricorrenti in via principale.
19. Stante la reciproca soccombenza si compensano le spese del giudizio di cassazione tra gli odierni ricorrenti e l’INPS mentre nulla va disposto nei confronti delle società intimate, non avendo le stesse svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso principale nei confronti della società S.C.CI. s.p.a. e lo rigetta nei confronti dell’INPS; dichiara inammissibile il ricorso incidentale sia nei confronti dei ricorrenti in via principale che nei confronti della società Equitalia Nomos s.p.a.. Compensa le spese del giudizio di cassazione tra i ricorrenti in via principale e l’INPS; nulla nei confronti delle società intimate.
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