Cass. civ. Sez. III, Sent., 05-04-2012, n. 5556 Responsabilità dell’appaltatore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1.- Nel 1983 M.M. commise in appalto alla s.n.c. Piazza Bruno & C. l’ampliamento di un fabbricato artigianale su progetto del geom. Z.L., che fu anche direttore dei lavori per il committente.

Nel 1985, sul rilievo che il primo piano era destinato a magazzino dei pezzi di ricambio necessari all’officina meccanica sita al piano terra e che il solaio realizzato non era risultato in grado di sopportare il carico necessario a quella destinazione, convenne in giudizio appaltatore e direttore dei lavori chiedendone la condanna solidale al risarcimento dei danni.

Entrambi i convenuti resistettero.

Espletate numerose consulenze tecniche d’ufficio, con sentenza del 2003 il Tribunale di Vicenza condannò i convenuti al pagamento di circa 87.000 Euro per sorte capitale rivalutata e di circa 76.000 Euro per interessi a quella data maturati.

2.- La decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di Venezia, che – in adesione alle conclusioni dell’ultima relazione del c.t.u. – con sentenza n. 1297 del 22.7.2009 ha ridotto ad Euro 14.140,59 l’importo dovuto solidalmente dai convenuti, oltre agli accessori, ritenendo tale somma sufficiente a realizzare il rinforzo del solaio senza procedere alla demolizione ed alla ricostruzione. Ha dunque condannato gli eredi di M.M. a restituire quanto intanto riscosso in eccesso dallo Z. in base alla sentenza di primo grado.

3.- Avverso la sentenza ricorrono per cassazione i M. affidandosi a dieci motivi (erroneamente numerati come 9), cui resistono con controricorsi i due intimati.

Lo Z. propone ricorso incidentale basato su tre motivi ed ha depositato anche memoria.

Motivi della decisione

Il ricorso principale.

1.- Col ricorso principale dei M. sono dedotti i seguenti vizi della sentenza impugnata:

a) col primo motivo, violazione di legge sostanziale e processuale per avere la corte d’appello disconosciuto il danno da svalutazione dell’immobile che il c.t.u. aveva ritenuto conseguente all’ultima soluzione prospettata (rinforzo del solaio rinunciando alla posa di un pesante pavimento) e per non essersi pronunciata sulle ulteriori voci di danno dedotte e provate dal committente (rifacimento impianto elettrico ed idraulico, spese di ricucitura delle fessure sui muri, spese di intonacatura, danno per mancato utilizzo del magazzino per oltre vent’anni);

b) coi motivi dal secondo al settimo (erroneamente indicato come sesto a pag. 26 del ricorso, essendo il sesto motivo quello non numerato a pag. 24 del ricorso), violazione della legge processuale e sull’onere della prova, nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto che committente ed appaltatore si fossero accordati in ordine alla variazione del progetto per quanto concerneva il solaio (diminuito di spessore per ottenere una maggiore altezza del piano inferiore) sulla scorta della mera affermazione del c.t.u. che, esulando dai poteri propri del consulente, e recependo la notizia da un c.t.p., aveva affermato: "la variazione di altezza del solaio sembra che sia stata concordata dal sig. M. con l’impresa Piazza …";

e) con l’ottavo e col nono (numerati coi numeri 7 e 8 alle pagine 27 e 30), violazione di legge sostanziale e processuale ed insufficiente e contraddittoria motivazione perchè non era stato considerato che, quand’anche in ipotesi fosse intervenuto un accordo volto ad assottigliare il solaio da cm. 40 a cm. 28 per consentire un’altezza al piano terra tale da permettere l’ingresso di mezzi pesanti, tanto non valeva ad escludere che il committente avrebbe dovuto essere informato della conseguente riduzione della portata del solaio (dai comunque insufficienti 400 kg/mq di progetto ai 350 Kg/mq), sicchè era stato in ogni caso compromesso il suo pur riconosciuto interesse ad impiegare il primo piano dell’edificio come magazzino;

d) col decimo, violazione della legge processuale ed insufficiente e contraddittoria motivazione per avere la Corte d’appello affermato che il Tribunale avrebbe dovuto far proprie le conclusioni del c.t.u., in luogo di quelle del consulente tecnico di parte, che invece il giudice ben può porre a base della sua decisione.

1.1.- I motivi possono essere congiuntamente esaminati.

Vero che la sentenza impugnata è censurabile nella parte in cui (alla terzultima delle non numerate pagine che la compongono) esclude che il committente potesse "lamentarsi di una svalutazione dell’immobile creatasi proprio per venire incontro alle sue esigenze" al piano terra, giacchè direttore dei lavori ed appaltatore erano comunque tenuti ad evitare che tanto precludesse il programmato uso del primo piano come magazzino, ovvero ad ottenere un consenso in tal senso da parte del committente (e tanto assorbe ogni censura relativa all’insufficienza dell’affermazione del c.t.u. in ordine all’accordo).

Ma i ricorrenti, per un verso, non affermano di aver specificamente richiesto il risarcimento di quel tipo di danno, non essendo a tale scopo sufficiente la richiesta di risarcimento di tutti i danni, segnatamente alla luce del rilievo che quello in questione era correlato solo ad una delle possibili soluzioni tecniche; per altro verso, comunque non dicono che l’entità di quella diminuzione di valore fosse stata stimata dal c.t.u., nè dalle conclusioni trascritte nella quarta pagina della sentenza impugnata risulta che essi avessero in qualche modo domandato che lo fosse. Sicchè si verteva in ipotesi di danno bensì indicato tipologicamente dal c.t.u., ma non provato nel suo ammontare e dunque non liquidabile;

che se, invece, quella diminuzione di valore fosse stata indicata, allora ai ricorrenti sarebbe imputabile il non averlo rappresentato in ricorso, in violazione del principio di autosufficienza.

La motivazione va dunque corretta sul punto, ma la censura non è comunque suscettibile di essere accolta.

Quanto agli altri danni, i ricorrenti hanno affermato (a pag 16, capoverso, del ricorso) che "la Corte, inoltre, non s’è pronunciata sulle ulteriori voci di danno dedotte e provate dal committente, oltre che accertate nelle precedenti perizie, quali le spese di rifacimento dell’impianto idraulico ed elettrico, le spese di ricucitura delle fessurazioni sui muri, le spese di intonacatura, il danno per mancato utilizzo del magazzino".

Anche qui, al di là del rilievo che l’entità di quei danni non è indicata (e la Corte di cassazione non è certo tenuta a leggere essa le relazioni di consulenza per controllare se invece lo fossero), il ricorrente apoditticamente sostiene che quelle "voci di danno erano state dedotte e provare dal committente", senza però indicare, al di là del generico riferimento alle "precedenti perizie", dove e come lo fossero state. Il che sarebbe stato tanto più necessario nel contesto di una causa protrattasi per oltre un quarto di secolo e dove in via principale s’era domandato che il solaio fosse messo in grado di sopportare un peso adeguato all’uso cui era destinato.

Tanto è stato appunto ritenuto possibile dal giudice del merito – che del tutto comprensibilmente privilegia le conclusioni del c.t.u., che è un suo ausiliario, rispetto a quelle del c.t.p., le cui affermazioni equivalgono a quelle della parte – sulla scorta di una consulenza le cui risultanze non si assumono argomentatamente contestate ed in difetto di chiare, ulteriori richieste risarcitorie.

Salva la correzione cui s’è accennato, il ricorso va dunque respinto.

Il ricorso incidentale.

2.- Lo Z. censura la sentenza:

a) col primo motivo, per violazione di legge sostanziale e processuale nonchè per insufficiente e contraddittoria motivazione laddove la Corte d’appello aveva ritenuto che la destinazione del primo piano a magazzino fosse provata dalla "inequivoca dicitura magazzino" stampigliata sulla pianta approvata dalla committenza;

b) col secondo, per violazione della legge processuale e e per insufficiente e contraddittoria motivazione sulla conformità del progetto redatto dal geom. Z. all’incarico assunto, che concerneva un piano a destinazione abitativa, per il quale era sufficiente il sovraccarico previsto;

c) col terzo, per violazione della legge sostanziale e processuale e per insufficiente e contraddittoria motivazione circa il profilo di responsabilità imputabile al progettista e direttore dei lavori, che avevano concordato una modifica peggiorativa del progetto a sua insaputa.

2.1.- Anche il ricorso incidentale dello Z. è infondato.

I tre motivi inequivocamente attengono alla valutazione del fatto compiuta dal giudice del merito, con motivazione assolutamente congrua anche nella parte in cui la sentenza considera le violazioni imputabili allo Z. come direttore dei lavori. Che, poi, un locale indicato in progetto come "magazzino" e posto al di sopra di un’officina possa essere adibito anche ad abitazione è rilievo che non inficia in alcun modo l’apprezzamento di merito compiuto dalla Corte d’appello.

Il riferimento, infine, alla raccomandata con avviso di ricevimento del 3.7.1984 (menzionata a pag. 31 del ricorso incidentale), con la quale il ricorrente afferma di aver segnalato la difformità delle opere realizzate rispetto agli elaborati di progetto, nella parte in cui è fatto per sostenere che la Corte d’appello non ne aveva tenuto conto, integra la prospettazione di un errore percettivo, in ipotesi denunciabile col mezzo della revocazione e non del ricorso per cassazione.

Conclusioni.

3.- I ricorsi riuniti sono respinti.

Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate tra i ricorrenti e lo Z. in ragione della reciproca soccombenza.

La difformità tra le decisioni di merito e le difficoltà presentate dalla controversia in punto di accertamenti tecnici inducono, peraltro, alla compensazione delle spese anche nel rapporto processuale tra i ricorrenti e la s.n.c. Piazza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE pronunciando sui ricorsi riuniti, li rigetta e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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