Cass. civ. Sez. III, Sent., 05-04-2012, n. 5553 Decreto ingiuntivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – Con sentenza in data 16 novembre – 19 dicembre 2002 il Tribunale di Genova, pronunciando in tre cause riunite aventi ad oggetto opposizioni a decreto ingiuntivo e a deliberazione di approvazione di bilancio societario, revocò i decreti ingiuntivi opposti dalla S.c.r.l. Cooperativa Edilizia Quarto Vega e dalla S.c.r.l. Edilsole in liquidazione, respinse le domande dell’ingiungente S.c.r.l.

Consorzio Abitazione Genova Quarto, dichiarò inammissibile la domanda riconvenzionale della S.c.r.l. Cooperativa Edilizia Quarto Vega in liquidazione nei confronti del Consorzio Abitazione Genova Quarto, dichiarò la nullità della delibera dell’assemblea ordinaria dei soci del Consorzio Abitazione Genova Quarto.

2 – Con sentenza in data 20 gennaio – 2 marzo 2010 la Corte d’Appello di Genova, in parziale accoglimento dell’appello principale interposto dalla S.c.r.l. Consorzio Abitazione Genova Quarto in l.c.a., rigettò l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla S.c.r.l. Cooperativa Edilizia Quarto Vega in l.c.a., il cui appello incidentale respinse. La Corte territoriale osservò per quanto interessa: l’appellante aveva ritualmente ottemperato all’ordine di integrazione del contraddittorio; l’originaria carenza probatoria del credito azionato era stata colmata dalla produzione di documentazione in appello, ammissibile in quanto indispensabile ai fini della decisione; alla creditrice ingiungente non era attribuibile alcun inadempimento.

3- Avverso la suddetta sentenza la Cooperativa Edilizia Quarto Vega in l.c.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Il Consorzio Abitazione Genova Quarto S.c.r.l. in l.c.a. ha resistito con controricorso illustrato con successiva memoria; gli altri intimati non hanno espletato attività difensiva.

Motivi della decisione

1.1.- Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 330 e 331 c.p.c. per nullità della integrazione del contraddittorio in quanto i relativi atti erano stati notificati presso il difensore domiciliatario che, peraltro, era il medesimo professionista che assisteva il Consorzio appellante, senza considerare che l’art. 330 c.p.c., stabilisce che, dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza l’impugnazione, se ancora ammissibile, deve essere notificata personalmente.

.1.2.- La censura è infondata. Come risulta dal testo della sentenza impugnata (vedi pag. 9), l’integrazione del contraddittorio era stata disposta nei confronti degli intervenuti adesivi nel giudizio di primo grado. Tale tipo di intervento comporta litisconsorzio necessario solo processuale e non anche sostanziale. Con successivo provvedimento pronunciato all’udienza del 21 gennaio 2009 (vedi pag.

10 della sentenza impugnata), la stessa Corte territoriale ha implicitamente revocato l’ordinanza con cui aveva ordinato l’integrazione del contraddittorio, poichè ha disposto, ai sensi dell’art. 103 c.p.c. (litisconsorzio facoltativo) e art. 104 c.p.c. (pluralità di domande contro la stessa parte), la separazione dei relativi giudizi; infatti la sentenza impugnata è stata pronunciata nella causa vertente solo tra le parti del presente giudizio di cassazione (vedi, ancora, pag 10 della sentenza).

2.1.- Il secondo motivo adduce violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c.. Si assume che la Corte territoriale, dopo avere correttamente respinto la tesi del Consorzio basata sulla violazione da parte del primo giudice dell’art. 112 c.p.c., ha poi ammesso la produzione documentale in appello ritenendola indispensabile, senza valutarne la rilevanza e senza considerare la preclusione in cui in primo grado era incorsa la controparte.

2.2.- La censura è infondata. In primo luogo essa non rispetta il principio di autosufficienza, non contenendo alcun riferimento concreto alla documentazione contestata. In secondo luogo il vizio denunciato ricorre tutte le volte in cui il giudice di appello ammetta la nuova documentazione al di fuori delle ipotesi consentite dall’art. 345 c.p.c. e non allorchè, come nella specie, venga sostanzialmente criticato l’esercizio del potere discrezionale da esso previsto.

La Corte d’appello ha adeguatamente indicato le ragioni che l’hanno indotta a ritenere indispensabile la prova documentale allegata all’atto di appello e tale statuizione non è stata stigmatizzata sotto il profilo del vizio di motivazione.

La rilevanza della prova documentale ammessa era indubbia dal momento che proprio in forza di essa la Corte d’Appello ha riformato la decisione del Tribunale.

Anche il tema della preclusione è stato affrontato dalla sentenza impugnata (pagg. 20 e 21) che, quindi, ha compiutamente esaminato la conformità della produzione documentale allo schema normativo fissato dall’art. 345 c.p.c., comma 3.

Questa Corte anche recentemente ha ribadito (Cass. Sez. 3^, n. 26020 del 2011) che l’art. 345 c.p.c., comma 3, come modificato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, nell’escludere l’ammissibilità di nuovi mezzi di prova, ivi compresi i documenti, consente al giudice di ammettere, oltre alle nuove prove che le parti non abbiano potuto produrre prima per causa ad esse non imputabile, anche quelle da lui ritenute, nel quadro delle risultanze istruttorie già acquisite, indispensabili, perchè dotate di un’influenza causale più incisiva rispetto a quella che le prove rilevanti hanno sulla decisione finale della controversia; indispensabilità da apprezzarsi necessariamente in relazione alla decisione di primo grado e al modo in cui essa si è formata, sicchè solo ciò che la decisione afferma a commento delle risultanze istruttorie acquisite deve evidenziare la necessità di un apporto probatorio che, nel contraddittorio in primo grado e nella relativa istruzione, non era apprezzabile come utile e necessario.

Tale facoltà deve esercitata in modo non arbitrario, in quanto il giudizio di indispensabilità, positivo o negativo, deve essere comunque espresso in un provvedimento motivato.

3.1.- Il terzo motivo ipotizza violazione e falsa applicazione dell’art. 167 c.p.c.. La ricorrente lamenta la ritenuta mancata contestazione in corso di causa della documentazione versata in atti e riferisce testualmente il verbale d’udienza che ritiene idoneo a dimostrare il contrario.

3.2.- Anche questa censura si rivela infondata. La Corte territoriale ha ritenuto provata la domanda. Ha spiegato che le fatture non hanno formato oggetto di contestazione specifica e ha ritenuto infondata la tesi postulata dalla Cooperativa Edilizia Quarto Vega. Il carattere di specificità o meno di una contestazione e di fondatezza o meno di una tesi implicano necessariamente apprezzamenti di merito che non possono essere censurati sotto il profilo della violazione o della falsa applicazione di norme di diritto. Proseguendo nella disamina delle risultanze processuali, la sentenza impugnata ha poi concluso ponendo in rilievo non solo la mancata specifica contestazione della documentazione, ma anche il dettagliato riscontro della corrispondenza intercorsa tra le parti.

La stessa circostanza su cui fa leva la ricorrente, cioè quanto verbalizzato all’udienza del 12 dicembre 2000, conferma che la contestazione non venne effettuata nell’atto di opposizione. In ogni caso risulta dal testo della sentenza impugnata che la Corte territoriale ha tenuto conto anche di altri elementi.

4.- Pertanto il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di cassazione seguono il criterio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 9.700,00, di cui Euro 9.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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