Cass. civ. Sez. III, Sent., 05-04-2012, n. 5551

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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 23161 del 12.11.2009, rigettò l’appello proposto da F.M. avverso la sentenza del Giudice di Pace che aveva rigettato la domanda di pagamento della somma di Euro 1.851,54, quale diritto di credito pecuniario, di natura indennitaria, fatto valere a titolo di arricchimento senza causa, ai sensi dell’art. 2041 c.c..

Ha proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria, F. M. formulando due motivi.

L’intimato Comune di Roma non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di norma di diritto e contraddittoria motivazione (ex art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5) circa il giudicato formatosi con la rinuncia agli atti dell’appello.

Oggetto della critica è la sostenuta operatività del giudicato formatosi in altro giudizio, tra le stesse parti, a seguito di rinuncia dell’appellante e conseguente estinzione del processo di appello, con produzione degli effetti di cui all’art. 310 c.c., comma 2.

Tali affermazioni, secondo il ricorrente, sarebbero erronee, in considerazione della diversità di petitum e di causa petendi delle due azioni, l’una volta ad ottenere il pagamento delle spese e del compenso per la custodia di una autovettura rimossa dalla sede stradale, su iniziativa della polizia municipale, quale corrispettivo contrattuale spettante in base alle tariffe elaborate dal Comune, l’altra al riconoscimento di un importo a titolo di ingiustificato arricchimento, ex art. 2041 c.c..

Con il secondo motivo si denuncia la violazione di norma di diritto e contraddittoria motivazione, (ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) circa la carenza di legittimazione passiva del Comune.

Ritiene il ricorrente che erroneamente l’Ente sia stato ritenuto estraneo alle pretese concernenti gli oneri di rimozione e custodia dei veicoli non ritirati, in ragione delle convenzioni dallo stesso stipulate con varie ditte, alle quali il servizio era stato appaltato.

Il giudicante non avrebbe considerato che la legittimazione del Comune di Roma, con riferimento ai fatti dedotti in giudizio, derivava dal verbale di affidamento redatto dai vigili urbani su di apposito formulario predisposto dal Comune.

Il ricorso è inammissibile sotto diversi profili, per le seguenti ragioni.

In primo luogo esso è carente nella parte espositiva.

Ai fini della sussistenza del requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa – prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c. – è giurisprudenza acquisita della Corte di legittimità che nel ricorso si debbano rinvenire tutti gli elementi indispensabili perchè il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti, o atti del processo, al fine di cogliere il significato e la portata della impugnazione proposta (Cass. 9.3.2010 n. 5660;

Cass. 2.6.2008 n. 15808; Cass. 19.4.2004 n. 7392; v. anche Cass. 8.1.2010 n. 76).

Ora, nella specie, la narrazione della vicenda processuale è, da un lato, di difficile comprensione ed inutilmente prolissa; dall’altro, è carente sotto il profilo dell’autosufficienza, non essendo riportati, con la dovuta precisione, atti sensibili quali il contenuto del libello introduttivo sia del giudizio di legittimità, sia di quello in precedenza proposto; della rinuncia in quest’ultimo intervenuta; dei verbali di affidamento redatti dai Vigili Urbani su formulario del Comune.

Non è neppure indicato in quale parte del fascicolo, d’ufficio o di quello di parte, tali atti siano rinvenibili: indicazioni indispensabili, soprattutto ai fini della valutazione in ordine alla correttezza della ritenuta operatività del giudicato esterno.

Inoltre, i motivi non specificano la violazione di legge in cui sarebbe incorso il giudice del merito. Ed una tale indicazione è prescritta a pena di inammissibilità, non essendo neppure sufficiente un’affermazione apodittica, non seguita da alcuna dimostrazione.

Il ricorrente, in tal modo, non consente alla Corte di legittimità di orientarsi tra le argomentazioni in base alle quali si ritiene di censurare la sentenza impugnata, impedendole di assolvere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della violazione contestata (Cass. 12.7.2007 n. 15604).

E ciò integra un ulteriore profilo di inammissibilità del ricorso.

Conclusivamente, il ricorso è dichiarato inammissibile.

Nessun provvedimento è adottato in ordine alle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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