T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 18-11-2011, n. 2142 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso introduttivo notificato il 28 aprile 2009 e depositato il successivo 21 maggio, il sig. P., in proprio e nella qualità in epigrafe indicata, ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 192 del 18 marzo 2009, notificatagli il 26 marzo 2009, con cui il Comune di Capaci, in sede di autotutela, ha annullato la concessione edilizia n. 15 del 31 luglio 2008, rilasciata per la realizzazione di villette a schiera in Capaci, C.da Coste, esponendo:

– di essere proprietario, unitamente ai suoi figli, del terreno identificato in catasto al foglio di mappa 4, p.lle 885, 886, 366, 577, 578, 367, 369, 53 q.p., 574, 575, 576, 1387, 1385, ricadente in zona C3 del vigente piano di fabbricazione, e che tale fondo, seppur in zona per la quale è prevista la redazione di apposito piano di lottizzazione, si presenta come lotto intercluso ed è servita dalle necessarie opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

– di avere tentato vanamente, per anni, di ottenere l’approvazione del piano di lottizzazione (imposto dalla vigente variante approvata con D.A. n. 72/1975 del 15 maggio 1975) ovvero di una variante allo strumento urbanistico ed, infine, su suggerimento del funzionario comunale responsabile, pro tempore, del settore competente, di avere presentato la richiesta di concessione diretta, ottenuta con provvedimento n. 15/2008 del 31 luglio 2008;

– che l’efficacia della predetta concessione – in forza della quale i lavori edili avevano avuto inizio il 3 settembre 2008 -, era stata sospesa con nota n. 3129 dell’11 febbraio 2009, con contestuale avvio del procedimento di annullamento in autotutela del titolo edilizio stesso, a causa della dubbia titolarità di parte della proprietà del fondo da cedere alla stessa amministrazione comunale per la realizzazione di opere di urbanizzazione e dell’assenza del piano di lottizzazione convenzionata imposto dallo strumento urbanistico;

– di avere presentato articolate deduzioni, argomentando in ordine alla sussistenza e alla regolarità dei necessari titoli di proprietà, nonché alla superfluità del piano di lottizzazione in presenza di area urbanizzata e dotata di tutte le opere di urbanizzazione;

– di avere ricevuto, ciononostante, le determinazioni dirigenziali n. 192 e n. 193, entrambe del 18 marzo 2009, rispettivamente di annullamento in autotutela del titolo edilizio e di ordine di sospensione dei lavori già avviati.

In sintesi, le ragioni dell’atto di annullamento, richiamate anche nel conseguenziale ordine di sospensione dei lavori, sarebbero le seguenti:

a) il lotto da edificare non sarebbe di modeste dimensioni, essendo esteso circa 10.000 mq;

b) mancherebbe l’obbligatorio piano di lottizzazione convenzionata e sarebbero assenti nella zona interessata le opere di urbanizzazione primaria (aree a parcheggio pubblico e aree destinate a verde pubblico attrezzato) come dimostrato dalla previsione progettuale, annessa alla concessione edilizia, di un’area da cedere al Comune resistente per la realizzazione di opere di urbanizzazione;

c) vi sarebbero irregolarità nei titoli di proprietà che avrebbero dovuto legittimare il rilascio della concessione edilizia di che trattasi;

d) mancherebbe il titolo di proprietà sulle particelle da cedersi al Comune; la cessione della predetta area non sarebbe gratuita ma a carico del Comune medesimo; tale cessione, peraltro, avrebbe dovuto essere preventiva al rilascio della concessione edilizia;

e) prevarrebbe l’interesse pubblico concreto e attuale al corretto sviluppo del territorio mediante il potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria, rispetto all’affidamento ingenerato dal rilascio del titolo edilizio, poiché il ricorrente sarebbe stato consapevole dell’illegittimità della concessione, dal rilascio della quale, tra l’altro, sarebbe trascorso un breve lasso di tempo; infine, l’edificazione si troverebbe soltanto in fase iniziale.

Avverso detti provvedimenti il ricorrente deduce le seguenti censure:

"1) Violazione degli artt. 8, 10bis, 11 della l. 241 1990; eccesso di potere per ingiustizia manifesta"; si sostieneche alcuni dei motivi di annullamento del titolo edilizio non sarebbero stati evidenziati nell’avviso di avvio del procedimento: così le supposte irregolarità sui titoli di proprietà, per le quali sarebbe stato sufficiente chiederne l’emendazione dagli errori; così come sarebbe stato sufficiente comunicare, per ottenerla, la necessità della previa cessione a titolo gratuito dell’area da destinare a opere di urbanizzazione;

"2) Violazione dell’art. 21 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, comma 3°; eccesso di potere per violazione della circolare assessoriale n. /D.R.U. del 6 luglio 1994 dell’Assessorato Territorio e Ambiente; eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica e per difetto assoluto d’istruttoria", in quanto le circolari regionali in materia e la giurisprudenza amministrativa ammetterebbero l’edificazione in mancanza del piano di lottizzazione, non solo in zona territoriale omogenea "B", ma anche in zona "C", allorquando si tratti di lotti di limitata estensione – come sarebbe quello di che trattasi esteso mq 9.445 -, e, in concreto, le opere di urbanizzazione primaria e secondaria siano presenti nella area interessata: dall’istruttoria che ha portato al rilascio della concessione annullata ciò risulterebbe accertato, mentre, del compimento una analoga analisi, specifica e concreta, nulla sarebbe detto nella motivazione dell’atto di annullamento.

"3) Eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti provvedimenti; disparità di trattamento", poiché altre sei concessioni edilizie in zona C3 sarebbero state rilasciate in assenza del piano di lottizzazione, tra il 2005 e il 2008, e non sarebbero state oggetto di alcun atto di ritiro;

"4) Mancata comparazione dell’interesse pubblico con quello privato; difetto di motivazione", poiché la motivazione sulla sussistenza dell’interesse pubblico sarebbe solo generica e apparente, dunque di stile, a fronte della lesione dell’affidamento di parte ricorrente che avrebbe già provveduto alla realizzazione significativa della costruzione.

Chiede, quindi, il risarcimento dei danni derivanti dagli impugnati provvedimenti, causati sia dal ritardo nella definizione delle opere, sia dalla difficoltà di vendita degli immobili edificandi.

Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Capaci, il quale, con memoria, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso, per essere stato proposto da soggetti diversi dai titolari della concessione edilizia n. 15 del 31 luglio 2008 (A.V. e P. C.) e, quindi, privi di legittimazione attiva; ha invocato l’applicabilità al caso di specie dell’art. 21octies della legge n. 241 del 1990 e s.m.i., affermando che il provvedimento, comunque, non avrebbe potuto avere contenuto diverso; ha ribadito, nel merito, le motivazioni del provvedimento di annullamento circa la non disponibilità giuridica dell’area da cedere al Comune, la necessità del piano di lottizzazione, l’assenza delle opere di urbanizzazione primaria (parcheggi pubblici e spazi per verde pubblico attrezzato), le non modeste dimensioni del lotto e la congrua motivazione circa la ponderazione tra l’interesse pubblico attuale e concreto all’annullamento e l’interesse del ricorrente al mantenimento del titolo edilizio; in ordine al terzo motivo di ricorso ne ha dedotto la prospettazione generica e l’assenza di prova.

In vista dell’udienza di trattazione della domanda cautelare, parte ricorrente ha replicato con memoria scritta.

Con ordinanza n. 597 del 10 giugno 2009, la domanda di sospensione dei provvedimenti impugnati è stata respinta.

Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 16 giugno 2009 e depositato il successivo giorno 19, il ricorrente ha impugnato l’ingiunzione di demolizione n.129 del 28 maggio 2009, notificatagli in data 1° giugno 2009, delle opere edili realizzate in c.da Coste in forza della concessione edilizia n. 15 del 31 luglio 2008, successivamente annullata, deducendo, per un verso, il vizio di invalidità derivata, con riproposizione dei medesimi motivi del ricorso introduttivo, per altro verso, i due autonomi vizi di:

"2) Incompetenza" in quanto l’ingiunzione sarebbe stata adottata da un funzionario "vicario" diverso dal Dirigente responsabile dell’ufficio comunale competente, senza l’indicazione di un legittimo impedimento e l’attribuzione dei poteri vicari esercitati;

"3) Eccesso di potere sotto il profilo del difetto d’istruttoria; violazione dell’art. 11 l. 47/1985", ribadendo, in sostanza, le argomentazioni già proposte in seno al ricorso introduttivo per contestare le difese avverse a proposito della natura meramente formale degli asseriti vizi della concessione edilizia annullata, della insufficienza dei titoli di proprietà e della errata intestazione della concessione edilizia.

Con ordinanza n. 679 dell’8 luglio 2009, è stata accolta la domanda cautelare di sospensione dell’efficacia dell’ingiunzione di demolizione.

Parte ricorrente ha poi depositato il parere reso, il 7 dicembre 2009, dall’esperto del Sindaco di Capaci in materia urbanistica, ove si sostiene la sufficienza delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria nel territorio, in linea generale; ha altresì prodotto la richiesta di revoca in autotutela degli atti impugnati presentata al Comune resistente, con atto notificato il 10 febbraio 2010, e rimasta priva di riscontro (v. documentazione e memoria depositate rispettivamente il 2 e il 17 aprile 2010).

Con ordinanza collegiale n. 97 del 5 maggio 2010 è stata disposta la verificazione, al fine di accertare lo stato di urbanizzazione, primaria – con particolare riferimento ai parcheggi pubblici e agli spazi per verde pubblico attrezzato -, e secondaria, pari agli standard urbanistici minimi prescritti dalla normativa vigente, della zona interessata dall’edificazione per la quale è lite.

Con apposita istanza, il verificatore ha chiesto la proroga dei termini assegnati per il deposito della relazione, concessa con ordinanza n. 233 del 20 ottobre 2010.

Nelle more dell’espletamento della verificazione, il Comune resistente, con documentazione e memoria depositati rispettivamente il 14 e il 21 gennaio 2010, ha ulteriormente dedotto riguardo alla necessità del piano di lottizzazione, poiché questo presupporrebbe l’acquisizione del parere del Genio civile ai sensi art. 13 della l.64 del 1974 sulla stabilità geomorfologica della zona; ha depositato, quindi, il parere espresso dal Genio civile sul progetto del nuovo P.R.G. del Comune di Capaci, con allegata cartografia, nella quale l’area sulla quale insistono le opere di che trattasi, sarebbe indicata come non utilizzabile per fini urbanistici in quanto soggetta a crolli e ribaltamenti; ha ribadito il difetto di legittimazione attiva del ricorrente e la mancanza di idoneo titolo di proprietà per le p.lle catastali da cedersi al Comune e contestato, infine, la fondatezza della domanda di risarcimento.

La disposta verificazione è stata eseguita in data 15 febbraio 2011, con il deposito della relazione conclusiva.

In vista dell’udienza di discussione nel merito della causa, fissata per il 17 maggio 2011, entrambe le parti hanno depositato memorie, ribadendo le argomentazioni esposte alla luce della relazione di verificazione; parte ricorrente ha anche prodotto ulteriore documentazione.

In data 9 maggio 2011, l’Avvocatura dello Stato, per l’Assessorato regionale risorse agricole e alimentari, ha chiesto il rinvio dell’udienza pubblica di discussione già fissata non avendo avuto tempestiva comunicazione della stessa.

Alla pubblica udienza del 17 maggio 2011, la trattazione della causa è stata rinviata all’udienza del 21 ottobre 2011, per la trattazione congiunta con altra causa vertente su questione analoga.

Con memoria conclusiva, il Comune resistente ha insistito nelle difese già articolate, mentre il ricorrente ha depositato documenti in data 23 settembre 2011 (non visionati dal Collegio ai fini della decisione in quanto tardivamente depositati ai sensi dell’art. 73, 1° comma, c.p.a.).

Alla pubblica udienza del 21 ottobre 2011, presenti i procuratori delle parti, il ricorso è stato posto in decisione.

Motivi della decisione

1.Va preliminarmente dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Assessorato regionale delle risorse agricole e alimentari (già Assessorato Agricoltura e Foreste): deve ritenersi, invero, che la costituzione dell’Avvocatura dello Stato, avvenuta con foglio prot. n. 98335/09 del 29 ottobre 2009 e depositata, in data 9 maggio 2011, agli atti del presente giudizio, sia piuttosto riferibile ad altro ricorso, proposto dall’odierno ricorrente contro il detto Assessorato regionale, e recante il numero di registro generale 1953 del 2009; l’Assessorato predetto, pertanto, va estromesso dal presente giudizio.

1.1. Sempre in via preliminare, può soprassedersi dall’esame dell’eccezione d’inammissibilità per difetto di legittimazione attività di parte ricorrente, così come sollevata dal Comune resistente, stante che il ricorso si appalesa infondato nel merito per le ragioni che si vanno a esporre.

2. Giova precisare, invero, che – come già rilevato nella parte motiva dedicata all’esposizione dei fatti di causa – la motivazione del provvedimento di annullamento in autotutela della concessione edilizia, e del conseguenziale ordine di sospensione del lavori edili, si fonda su due distinti ordini di ragioni:

a) da un lato, la mancanza e/o irregolarità dei titoli di proprietà sui beni oggetto della concessione edilizia o, comunque, ad essa collegati in quanto destinati ad essere ceduti al Comune resistente proprio al fine dell’ottenimento del titolo edilizio;

b) dall’altro, l’incompatibilità con gli strumenti urbanistici vigenti della concessione medesima.

Ora, secondo la consolidata giurisprudenza condivisa dal Collegio, anche con riguardo alla fattispecie di che trattasi, nel caso in cui il provvedimento impugnato sia fondato su una pluralità di autonomi motivi (c.d. provvedimento plurimotivato), il rigetto della doglianza volta a contestare una delle sue ragioni giustificatrici comporta la carenza di interesse della parte ricorrente all’esame delle ulteriori doglianze proposte avverso le altre ragioni giustificatrici del medesimo provvedimento atteso che, seppure tali ulteriori censure si rivelassero fondate, il loro accoglimento non sarebbe, comunque, idoneo a soddisfare l’interesse del ricorrente ad ottenere l’annullamento del provvedimento impugnato che resterebbe supportato dall’autonomo motivo riconosciuto sussistente (cfr. Cons. Stato, IV, 10 dicembre 2007, n. 6325; IV, 26 aprile 2006, n. 2296; V, 18 gennaio 2006, n. 110; tra le più recenti, v. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 25 maggio 2011, n. 1313; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 26 maggio 2011, n. 810; T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 13 maggio 2011, n. 921; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 2 maggio 2011, n. 1079; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 8 aprile 2011, n. 2009; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 31 marzo 2011, n. 619; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 24 febbraio 2011, n. 1137; T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 17 gennaio 2011, n. 63; T.A.R. Basilicata, Potenza, Sez. I, 28 giugno 2010, n. 456).

2.1. Il Collegio, pertanto, reputa che, tra i motivi prospettati, siano infondati il 2°, il 3° e il 4° motivo del ricorso introduttivo, siccome tra loro logicamente interdipendenti.

2.2. Il 2°motivo investe la questione fondamentale posta nel presente giudizio che consiste nel verificare se, nonostante la prescrizione contenuta nel vigente Programma di Fabbricazione del Comune di Capaci in ordine alla necessità del piano attuativo per la zona "C", l’edificazione possa, comunque, essere realizzata attraverso il rilascio di una concessione edilizia diretta.

Per orientamento ormai consolidato della giurisprudenza(cfr.Cons. Stato, IV, 10 giugno 2010, n. 3699; sez. IV, 30 dicembre 2008, n. 6625), costituisce regola generale ed imperativa, in materia di governo del territorio, il rispetto delle previsioni del P.R.G. che impongano, per una determinata zona, la pianificazione di dettaglio: tali prescrizioni sono vincolanti e idonee ad inibire l’intervento diretto costruttivo.

Corollari immediati di tale principio fondamentale sono:

a) quando lo strumento urbanistico generale prevede che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace, ovvero quando è concluso il relativo procedimento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 1 aprile 1997, n. 300);

b) in presenza di una normativa urbanistica generale che preveda per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona l’esistenza di un piano attuativo, non è consentito superare tale prescrizione facendo leva sulla situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008, n. 5471);

c) l’insurrogabilità dell’assenza del piano attuativo con l’imposizione di opere di urbanizzazione all’atto del rilascio del titolo edilizio; invero, l’obbligo dell’interessato di realizzare direttamente le opere di urbanizzazione è idoneo a sopperire solo alla mancanza fisica e materiale di tali opere ma non è in grado di colmare l’assenza dello strumento esecutivo (cfr. Cons. Stato., sez. IV, 26 gennaio 1998, n. 67; Cass. pen., sez. III, 26 gennaio 1998, n. 302; Cons. Stato, sez. V, 15 gennaio 1997, n. 39);

d) l’inconfigurabilità di equipollenti al piano attuativo, circostanza questa che impedisce che in sede amministrativa o giurisdizionale possano essere effettuate indagini volte a verificare se sia tecnicamente possibile edificare vanificando la funzione del piano attuativo, la cui indefettibile approvazione, se ritarda, può essere stimolata dall’interessato con gli strumenti consentiti dal sistema (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 dicembre 2008, n. 6625);

e) la necessità dello strumento attuativo anche in presenza di zone parzialmente urbanizzate che sono comunque esposte al rischio di compromissione dei valori urbanistici e nelle quali la pianificazione di dettaglio può conseguire l’effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto (cfr. Cass. pen., sez. III, 19 settembre 2008, n. 35880).

A fronte di tale principio fondamentale e dei suoi corollari, la prassi giurisprudenziale ha coniato una deroga eccezionale in presenza di una peculiare situazione di fatto che ha preso il nome di "lotto intercluso".

Tale fattispecie si realizza, secondo una preferibile rigorosa impostazione, allorquando l’area edificabile di proprietà del richiedente:

a) sia l’unica a non essere stata ancora edificata;

b) si trovi in una zona integralmente interessata da costruzioni;

c) sia dotata di tutte le opere di urbanizzazione (primarie e secondarie), previste dagli strumenti urbanistici;

d) sia valorizzata da un progetto edilizio del tutto conforme al P.R.G..

In sintesi, si consente l’intervento costruttivo diretto purché si accerti la sussistenza di una situazione di fatto "perfettamente corrispondente" a quella derivante dall’attuazione del piano esecutivo, allo scopo di evitare defatiganti attese per il privato e inutili dispendi di attività procedimentale per l’ente pubblico (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 268; sez. V, 3 marzo 2004, n. 1013).

Tali essendo la ratio e la natura eccezionale della regola sottesa al c.d. "lotto intercluso", deve ritenersi che, in assenza di strumento attuativo:

a) la valutazione circa la congruità del grado di urbanizzazione sia rimessa all’esclusivo apprezzamento discrezionale del comune (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 agosto 2007, n. 4276);

b) il Comune, ove intenda rilasciare il titolo edilizio, deve compiere una penetrante istruttoria per accertare che la pianificazione esecutiva non conservi una qualche utile funzione, anche in relazione a situazioni di degrado che possano recuperare margini di efficienza abitativa, riordino e completamento razionale e che non sia in grado di esprimere scelte programmatorie distinte rispetto a quelle contenute nel P.R.G. (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 2000, n. 5756; sez. V, 8 luglio 1997, n. 772);

c) incombe sul Comune l’obbligo di puntuale motivazione solo nell’ipotesi in cui venga rilasciato il permesso di costruire, essendo in caso contrario sufficiente il richiamo alla mancanza del piano attuativo (come verificatosi nel caso di specie) (in termini, Cons. Stato, IV, 10 giugno 2010, n. 3699).

Si è in sostanza chiarito che si può prescindere dalla lottizzazione convenzionata richiesta dallo strumento urbanistico, solo ove nella zona interessata sussista una situazione di fatto esattamente corrispondente a quella derivante dall’attuazione della lottizzazione, ovvero la presenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standards urbanistici minimi prescritti (cfr. Cons. Stato, IV, 21 dicembre 2006, n. 7769; T.a.r. Campania, Salerno, II, 18 marzo 2008, n 308).

L’eventuale rilascio della concessione edilizia in assenza della previa convenzione urbanistica – necessaria per assicurare le dotazioni minime d’infrastrutture pubbliche – comporterebbe, quindi, in favore del destinatario della concessione un’abilitazione all’utilizzo dell’intera proprietà a fini privati, con l’effetto di scaricare interamente sulla collettività i costi conseguenti alla realizzazione d’infrastrutture per i nuovi insediamenti.

Ciò premesso, e facendo applicazione al caso di specie dei menzionati principi giurisprudenziali, va respinto il 2° motivo del ricorso introduttivo, con cui si lamenta, in sostanza che non sussisterebbe l’illegittimità della concessione edilizia annullata in autotutela.

Alla luce delle risultanze probatorie, infatti, si ritiene che:

a) il dato oggettivo dell’estensione del lotto, secondo il ricorrente, pari a mq. 9.445 e secondo il Comune pari a 10.000 mq, in assenza di una qualificazione specifica negli strumenti urbanistici vigenti, non pare riconducibile al parametro della "modesta dimensione";

b) l’assenza di opere di urbanizzazione primaria, con particolare riferimento alle aree destinate a parcheggio pubblico e a verde pubblico attrezzato (v. riferimento, nel provvedimento di autotutela impugnato) non è stata smentita in sede di verificazione, e dunque non sussiste nella zona interessata una situazione di fatto esattamente corrispondente a quella derivante dall’attuazione della lottizzazione, ovvero la presenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standards urbanistici minimi prescritti;

c) non risulta che il lotto di che trattasi sia l’unico a non essere stato ancora edificato.

Dalla relazione di verificazione, invero, non emergono i dati necessari, e specificamente richiesti, al fine di ritenere legittimo il rilascio della singola concessione edilizia pur in assenza del piano di lottizzazione.

L’accertamento tecnico era finalizzato ad acclarare se il lotto di terreno identificato nel foglio di mappa n. 4, particelle nn. 885, 886, 366, 577, 578, 367, 369, 53 in quota parte, 574, 575, 576, 1387, 1385, ricadente in zona "C3" del vigente Programma di Fabbricazione del Comune di Capaci, insista in una "zona urbanisticamente definita" da intendersi come situazione di fatto corrispondente a quella derivante dall’attuazione del piano di lottizzazione richiesto dalle norme del citato Programma di Fabbricazione per l’edificazione nella zona medesima, e siano presenti tutte le opere di urbanizzazione primaria – con particolare riguardo ai parcheggi pubblici e agli spazi per verde pubblico attrezzato – e secondaria, pari agli standard urbanistici minimi prescritti dalla normativa vigente.

Rispetto alla domanda formulata dal Collegio, il verificatore ha fornito la rilevazione di dati di fatto che appaiono in alcuni casi contrastanti ed ha espresso "valutazioni" e "interpretazioni" della normativa da applicare basandosi su circolari emanate in materia dell’Assessorato regionale Territorio e Ambiente, in tempi remoti, che devono ritenersi, oltre che non vincolanti per l’amministrazione destinataria, né per il giudice, anche superate dall’interpretazione giurisprudenziale, assai più rigorosa, sopravvenuta.

Ciò premesso, quanto agli accertamenti di fatto, il verificatore riferisce della "sufficienza" dei servizi a rete che costituiscono l’urbanizzazione primaria nell’area limitrofa all’area oggetto della concessione, senza alcun riferimento specifico alla sussistenza delle aree destinate a verde pubblico attrezzato e parcheggio, così come, invece, è stato specificamente chiesto dal Collegio, trattandosi di questione di fatto oggetto di precisa contestazione tra le parti e fondante i provvedimenti impugnati.

Ne consegue che non coincidendo il concetto di sufficienza con quello di perfetta e totale presenza delle suddette opere, il fatto, e requisito imprescindibile, della sussistenza di tutte le opere di urbanizzazione primaria non è provato.

Sostiene ancora il verificatore che tra la zona omogenea territoriale "C" e la zona "A", non è prevista una zona "B" e, dunque, vi è contiguità tra le dette zone A e C, e che, né la zona A, né quella attigua, sono allineate ai dettami del D.M. 1444 del 4 aprile 1968: da ciò il, Collegio, non può che giungere al convincimento che nell’area interessata i dettami del D.M. 1444 del 4 aprile 1968, non sono rispettati.

A proposito dell’urbanizzazione secondaria, sono indicate nella relazione tecnica di verificazione come presenti nel raggio di 350500 mt dall’intervento edilizio: farmacie, edifici comunali, comando vigili, poste, servizio sociale, banche, centro ortopedico, ambulatorio veterinario, carabinieri, centro sociale, ludoteca comunale: osserva, tuttavia, il Collegio, che tale rilevazione non coincide, né esaurisce, l’elenco delle opere di urbanizzazione secondaria indicate dall’art. 16, comma 8, del d.p.r. 380/2001 (tra le quali, asili nido e scuole materne, scuole dell’obbligo, mercati di quartiere, chiese, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere), e, per tale ragione, giunge al convincimento della incompletezza dell’urbanizzazione secondaria.

Argomenta, poi, il verificatore che sebbene le opere secondarie ricadano nella zona A, poiché le ZTO sono di modeste dimensioni, esse possono essere considerate a supporto anche della zona C, "urbanisticamente correlata", che dunque può ritenersi urbanisticamente definita come "situazione di fatto corrispondente a quella derivante dall’ipotetica approvazione di un piano di lottizzazione: trattasi di valutazione che non può essere condivisa per le ragioni che seguono.

Le conclusioni formulate nella relazione di verificazione sono due, che presuppongono una diversa "interpretazione", da parte del verificatore medesimo, di ciò che il Collegio abbia voluto significare con la locuzione "zona urbanisticamente definita".

La prima presuppone che la nozione di "zona urbanisticamente definita" possa coincidere con la "zona C e la sua zona B limitrofa"; in tal caso, bisognerebbe ancora accertare "se considerando un raggio di azione di 350 metri la stessa contiene all’interno urbanizzazioni primarie e secondarie": tale accertamento, che dovrebbe avere come riferimento gli standard minimi di cui al DM 1444 del 1968, non sarebbe stato compiuto dal verificatore perché ritenuto troppo complicato e implicante lunghi tempi di effettuazione.

La seconda invece presuppone che la nozione di "zona urbanisticamente definita" possa coincidere con "la zona interessata dalla concessione edilizia n. 15 del 31 luglio 2008": in tal caso, a parere del verificatore, "appare evidente che…il progetto è stato redatto come se fosse una lottizzazione…".

Quanto alla prima soluzione, se ne rileva l’incongruenza rispetto alle premesse precedentemente sviluppate dalle quali è già emersa la non completezza delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria; appaiono, peraltro, inconferenti le argomentazioni secondo cui andrebbe preso come riferimento un raggio di azione di mt 350 dal lotto in questione, atteso che la verifica del livello di urbanizzazione (che consente di derogare all’obbligo di previsione dello strumento attuativo) non può essere limitata alle sole aree di contorno dell’edificio progettato ma deve riguardare l’intero contenuto previsto dal piano regolatore generale per tali strumenti attuativi e deve concernere le urbanizzazioni primarie e quelle secondarie in riferimento all’assetto definitivo dell’intero ambito territoriale di riferimento, non del solo lotto considerato (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 12 febbraio 2007, n. 1001).

Da ciò consegue anche la non condivisibilità della seconda e alternativa conclusione presupponente che per "zona urbanisticamente definita", si intenda la "zona direttamente interessata dalla concessione edilizia annullata" (n. 15/2008) e, dunque, l’irrilevanza della considerazione, del verificatore, secondo cui "il progetto è stato redatto come se si fosse in presenza di una lottizzazione".

A ciò si aggiunga che – così come fondatamente dedotto dal Comune resistente – la prevista cessione di area facente parte del progetto in base anche al quale è stata rilasciata la concessione edilizia poi annullata, si connoti, di fatto, come un succedaneo della convenzione urbanistica annessa, di norma, al piano di lottizzazione (in tal caso mai proposto) e, quindi, confermi indirettamente la necessità, nel caso in specie, dello strumento urbanistico attuativo, il quale è soggetto a una procedura di approvazione che vede come organo competente il Consiglio Comunale, proprio al fine di inserire organicamente l’intervento edilizio proposto nel contesto urbanistico esistente.

Tali valutazioni sull’assetto urbanistico del territorio in ordine all’utilizzazione dell’area da cedere per finalità di interesse pubblico, quindi, non possono che essere effettuate dall’unico organo deputato dalla legge ad effettuarle, ossia il Consiglio Comunale, nella naturale, ed unica, sede dell’esame del progetto di piano di lottizzazione con annessa bozza di convenzione urbanistica.

Per tali ragioni il 2° motivo del ricorso introduttivo è infondato.

2.3. Con il 3° motivo, il ricorrente lamenta il vizio dell’eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti provvedimenti e disparità di trattamento, poiché altre sei concessioni edilizie in zona C3 sarebbero state rilasciate in assenza del piano di lottizzazione, tra il 2005 e il 2008, e non sarebbero state oggetto di alcun atto di ritiro.

Il motivo appare generico e privo di prova rigorosa sulla omogeneità delle situazioni, donde la sua inammissibilità.

2.4.Con il 4° motivo si lamenta la mancata comparazione dell’interesse pubblico con quello privato e il difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati, poiché la motivazione sulla sussistenza dell’interesse pubblico sarebbe solo generica e apparente, dunque di stile, a fronte della lesione dell’affidamento di parte ricorrente che avrebbe già provveduto alla realizzazione significativa della costruzione.

Il profilo di doglianza è destituito di fondamento.

Giova ribadire, sul punto, che, alla luce dell’interpretazione giurisprudenziale richiamata al superiore punto 2.2., e condivisa dal Collegio riguardo al caso di specie, poiché la valutazione circa la congruità del grado di urbanizzazione è rimessa all’esclusivo apprezzamento discrezionale del Comune, sul quale incombe l’obbligo di penetrante istruttoria per accertare che la pianificazione esecutiva non conservi una qualche utile funzione, solo nell’ipotesi in cui venga rilasciato il titolo edilizio abilitante è necessaria una motivazione puntuale e di pari pregnanza, mentre nel caso di diniego – o di ritiro della concessione edilizia già rilasciata, così come avvenuto nel caso di specie -, il provvedimento è sufficientemente e adeguatamente motivato già con il solo richiamo alla mancanza del piano attuativo.

Quanto, poi, alla ponderazione tra interesse pubblico e interesse privato, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, il Comune, in seno al provvedimento di annullamento in autotutela, ha fatto preciso riferimento, tra l’altro, alle seguenti circostanze: a) necessità, ritenuta prevalente, del potenziamento delle opere di opere di urbanizzazione primaria (parcheggi pubblici e spazi per verde pubblico attrezzato); b) breve lasso di tempo trascorso tra il rilascio della concessione edilizia (31 luglio 2008) e la sospensione dell’efficacia della stessa (D.D. n. 193 del 18 marzo 2009); c) stadio iniziale dei lavori per la realizzazione del complesso edilizio (posa parziale delle fondazioni); d) impossibilità di eliminare in sanatoria i vizi riscontrati nella concessione edilizia rilasciata, stante il loro carattere sostanziale.

Ritiene, quindi, il Collegio che il Comune procedente abbia adeguatamente contemperato l’interesse privato (squisitamente economico) con quello pubblico, attuale e concreto, ritenuto prevalente, allo sviluppo del territorio in coerenza con il preesistente aggregato abitativo, nell’ottica del potenziamento delle opere e dei servizi necessari a soddisfare i bisogni della collettività.

Il motivo, pertanto, è privo di base.

2.5. La rilevata legittimità degli atti impugnati impedisce lo scrutinio della domanda risarcitoria, proposta unitamente all’azione di annullamento, poiché la sua procedibilità presuppone il necessario e vincolante previo accertamento dell’illegittimità e il conseguente annullamento degli atti impugnati, esclusi, nel caso di specie, per le ragioni sopra esposte.

3. Per quanto sopra, attesa l’irrilevanza delle altre doglianze ai fini della decisione, secondo quanto già spiegato ai superiori punti 1.1. e 2., il ricorso introduttivo è infondato e va respinto.

4. Va ora esaminato il ricorso per motivi aggiunti, promosso avverso l’ordinanza n.129 del 28 maggio 2009, d’ingiunzione di demolizione delle opere edili realizzate in forza della concessione edilizia n. 15 del 31 luglio 2008, successivamente annullata in autotutela.

4.1. La reiezione del ricorso introduttivo comporta il rigetto della censura di invalidità derivata mossa avverso detto atto.

4.2. Quanto al vizio, autonomo, di "Incompetenza" per essere stata l’ingiunzione adottata da un funzionario "vicario" diverso dal Dirigente responsabile dell’ufficio comunale competente, senza l’indicazione di un legittimo impedimento e l’attribuzione dei poteri vicari esercitati, lo stesso non merita adesione.

Basti osservare, sul punto, che, a tutto volere concedere, non di vizio d’incompetenza si tratta, provenendo comunque l’atto dall’ufficio/organo burocratico competente (area IV- Gestione del Territorio) ma eventualmente di difetto in capo della persona fisica, che ha sottoscritto l’atto, della legittimazione ad agire, in via suppletiva, per il presunto mancato esercizio del potere di sostituzione da parte del soggetto titolare.

In altre parole, la supplenza non modifica l’ordinamento delle competenze, bensì la legittimazione ad agire.

La struttura di molti organi amministrativi contempla, accanto al titolare, un funzionario in posizione vicaria, che ha il potere di sostituire il titolare stesso in caso d’impedimento o assenza, per evitare la paralisi delle attività.

Questa è la figura della cd. supplenza, che consiste in un fenomeno di duplice legittimazione ad esercitare la competenza, ossia una legittimazione primaria del titolare ed una legittimazione secondaria del vicario, che diventa operativa al verificarsi di un solo presupposto di fatto, cioè l’impedimento o l’assenza del titolare.

Invero, secondo i principi generali, non è di certo esigibile che le funzioni attribuite a un ufficio debbano sempre e comunque essere esercitate dalla persona fisica titolare dello stesso, poiché, se così fosse, l’attività amministrativa resterebbe irrimediabilmente paralizzata in ogni caso di sua assenza o impedimento, con conseguente compromissione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, che esige che venga garantito l’ordinato e tempestivo svolgimento delle funzioni.

Osserva il Collegio che, in caso di mancata d’indicazione del supplente da parte del responsabile dell’area, troverebbero comunque applicazione i già citati principi generali volti ad assicurare la continuità dell’esercizio delle funzioni pubbliche attraverso la sostituzione del titolare assente con altro funzionario disponibile in servizio presso la stessa unità organizzativa (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 30 marzo 2011, n. 1832).

Tale conclusione si attaglia al caso di specie, non avendo, comunque, provato parte ricorrente, in concreto, l’insussistenza delle condizioni previste per l’esercizio dei poteri suppletivi da parte del funzionario "vicario".

Il motivo, pertanto, è infondato.

4.3. Quanto al secondo motivo aggiunto rubricato "Eccesso di potere sotto il profilo del difetto d’istruttoria; violazione dell’art. 11 l. 47/1985", va rilevato che seppure esso è qualificato da parte ricorrente quale motivo autonomo, nella sostanza appare riproduttivo delle censure già mosse con il ricorso introduttivo, al fine di ribadire la natura meramente formale degli asseriti vizi della concessione edilizia annullata, della insufficienza dei titoli di proprietà e della errata intestazione della concessione edilizia.

Di qui, l’infondatezza del mezzo, nei sensi di cui al superiore punto 3..

4.4. Per quanto suesposto il ricorso per motivi aggiunti è infondato e, va, quindi, respinto.

5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

6. Il compenso spettante al verificatore viene posto a carico della parte soccombente, e sarà liquidato con separato decreto presidenziale, su istanza dell’organismo stesso, ai sensi dell’art. 66 c.p.a..

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando:

– dichiara il difetto di legittimazione passiva dell’Assessorato regionale delle infrastrutture e della mobilità e lo estromette dal giudizio;

– rigetta il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti, così come in epigrafe proposti;

– condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Comune di Capaci in persona del Sindaco pro tempore, delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 3.000,00 (euro tremila/00) oltre oneri accessori come per legge; pone a carico di parte ricorrente il compenso spettante al verificatore da liquidarsi con separato decreto presidenziale su istanza dell’organismo stesso ai sensi dell’art. 66 c.p.a.;

– ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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